EMMA NON E’ ABBASTANZA
Giuseppe Pennisi
Nell’ultimo scorcio di una campagna elettorale in cui i media (e le procure) hanno enfatizzato temi surreali, occorre chiedersi chi tra Renata Polverini o Emma Bonino (con le coalizioni che le appoggiano) è più adatta a risolvere i problemi reali di coloro che vivono e lavorano nel Lazio. Le conosco ambedue come persone sincere, in buona fede e non prive di energia.
Alcuni nodi sono intrattabili sia che Renato o Emma vincano le lezioni: il più grave è quello della finanza del sistema sanitario (ereditato dalla Giunta Marrazzo) che comporta un riassetto (fusione di Azl, chiusura di piccoli ospedali) dove i contrasti sono tra il Centro (la Regione) e la periferia (la miriade di localismi). E’ più facile scioglierlo, però, se si ha successo sugli altri fronti: a) snellimento dei pagamenti della Regione alle imprese ; b) realizzazione delle infrastrutture (Roma-Latina, Sora-Frosinone, Orte-Civitavecchia, raddoppio Salaria, nuovo aeroporto); c) difficoltà dei distretti industriali (specialmente quello dell’elettronica); c) rilancio dell’audiovisivo (200.000 addetti, il cuore italiano è Roma e dintorni); d) miglioramento del credito industriale e della finanza di progetto; e) riequilibrio tra piccola e grande distribuzione commerciale.
La Regione ha un modello econometrico (forse un po’ vecchiotto) che avrebbe consentito di simulare gli effetti di politiche alternative e di presentarli all’attenzione degli elettori. Il fatto che ciò non sia stato fatto è rivelatore: la coalizione oggi in maggioranza alla Pisana ed in supporto di Emma non ha, nel suo ambito, un accordo (neanche di massima) su cosa fare: quindi, il modello non può girare. D’altronde, mentre la candidata alla guida della Regione è liberal-liberista – un’ottima Presidente “onoraria” dell’Istituto Bruno Leoni- nella coalizione ci sono i punti di vista più divergenze. Infrastrutturare il Lazio è sempre stato una bestia nera dei “verdi”. Lo snellimento dei pagamenti è obiettivo condiviso unicamente a condizione che non si tocchino le macchinose procedure (messe in atto dalla sinistra ma perché ciascuna tutela una delle tante categorie che considerano il servizio pubblico un ammortizzatore per i dipendenti). Risolvere le difficoltà dei distretti industriali (divenuti di competenza regionale con la legge Amato del 2001 tramite la quale si è spolpato il Ministero dello Sviluppo Economico) richiede interventi virtuosistici per essere efficaci nel rispetto di severi vincoli di bilancio. L’audiovisivo è, poi, terreno minato a proposito del quale le varie “anime” sono ai ferri corti: di chi teme di dare indirettamente una mano alle imprese create da Berlusconi a chi sogna una soluzione alle francese con nuovi enti pubblici e laute “indennità di non lavoro” tra una scrittura e l’altra. Divergenze ancora più profonde in campo di edilizia.
Dai nodi alle potenzialità da sfruttare: il patrimonio culturale e il farmaceutico. Sul primo, a sinistra la tutela (con i suoi vincoli) ha premio sulla valorizzazione. Sul secondo, a sinistra albergano molte paure biotecnologiche. Emma è donna d’azione, ma la coalizione promette “la pace dell’avel” (con crescita rasoterra o sottozero).
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