PIU’ CHE VIOLENTA E INQUENTANTE, LA CARMEN LETTA DA E. DANTE E’ ASESSUATA
Giuseppe Pennisi
L’apice del politically correct (stupire il pubblico ma essere sempre dalla parte “giusta”) è nel finale della “Carmen” di Georges Bizet con cui la sera di Sant’Ambrogio, La Scala ha inaugurato la stagione 2009-2010: Don José stupra la protagonista, di fronte ad una folla immobile di preti, chierichetti e gente del popolo, prima di accoltellare la protagonista. Tale stupro non è previsto né nel libretto (in cui Don José è un bravo ragazzo di campagna traviato dalla mangiatrice di uomini proletaria, in quanto operaia in una fabbrica di sigari, e gitana, inneggiante alla “liberté”) né nella novella di Prosper Mérimmée (da cui il libretto e tratto dove egli è invece un plurimomicida, frequentatore di lupanari). Lo stupro finale serve non solo a dare un tono sociale all’opera (letta da Emma Dante, la regista, quasi in chiave brechtiana) ma anche a indicare il “marchio di fabbrica”, l’etichetta, di questa stagione al Piermarini. “Carmen” inclusa (dove lo si è inventato di sana pianta), lo stupro è centrale in nove delle 12 opere in cartellone.
Nella seconda in programma, “Rigoletto”, il Duca di Mantova stupra la Baronessa Ceprano, Gilda e qualsiasi altra donna gli venga a tiro. Nella terza, “Don Giovanni”, il primo stupro, quello di Donna Elvira, si è verificato prima che venga alzato il sipario; il secondo – quello di Donna Anna- viene tentato all’inizio dell’opera, non riesce, ma ci scappa il morto; il terzo (Zerlina) va in bianco. Nella quarta- “Da una casa di morti”- c’è un allusione a violenze gay nei bagni penali della Siberia zarista. Nella quinta, “Tannhäser”, Venere “si fa” il protagonista in mille modi nel corso di un orgia da fare impazzire tutto il Sacro Romano Impero. Nella sesta, “Lulu”, è la femme fatale protagonista a violentare padre e figlio di alta borghesia teutonica ed a farsi violare dalla lesbica Contessa Geschwitz. Nella settima, “Simon Boccanegra”, Amelia verrebbe rapita e stuprata da Paolo Albiani, se non arrivasse, provvidamente, Gabriele Adorno “con la spada sguainata” . Nell’ottava, “L’Oro del Reno”, i due giganti, Fasolt e Faffner, litigano(ed uno ammazza l’altra) , su chi deve stuprare per primo la vergine Freia. Nella nona, “Faust”, Margherita viene sedotta dal protagonista mentre il suo sodale Mefistofele stupra di rutto e di più. Niente stupri a partire da luglio – quando la violenza carnale sarà ormai venuta a noi al pubblico del Piermarini- grazie a “Il barbiere di Siviglia”, “L’occasione fa il ladro” e “L’elisir d’amore”. Ma si ricomincerà con uno stupro (seguito da un incesto) il Sant’Ambrogio 2010, quando sarà in scena “La Valchiria”, per se per la stagione 2010-2011 è probabile che La Scala si proponga con un nuovo “marchio di fabbrica”, più rassicurante, come quello che negli anni della “notte della Repubblica”, venne lanciato per i biscotti de “Il Mulino Bianco”.
Più che violenta ed inquietante (come ha scritto molta stampa politically correct) “Carmen” letta da Emma Dante è asessuata, travolta da altarini, crocifissi, processioni, mimi , diversivi inutili. Trasportata, pare, in quartiere povero di Palermo (che si tratti di Ballarò?) ha tanta azione e tanta folla in scena che si è distratti dalla carica davvero erotica della partitura di Bizet. L’idea di base non è errata, ma va asciugata da tanti simboli inutili (oltre che di difficile comprensione) prima delle riprese autunnali.
Fortunatamente non c’è spazio per stupri inutili ed altri orpelli da film del neorealismo onirico Anni 90, nella parte musicale. Daniel Barenboim offre una “Carmen” utilizza l’edizione critica di Robert Didion, con i recitativi parlati , dilata i tempi per dare all’orchestra ha un suono rotondo - una lettura orchestrale “esemplare” con la “tinta” giusta. Erwin Schrott e Jonas Kaufmann (che, in un’intervista, ha espresso riserve sullo spettacolo) sono un Escamillo ed un Don José rodati e pieni di esperienza. Carmen è Anita Rachvelishvili , giovane, bella e buona attrice, ma ancora un po’ verde vocalmente. La Micaela di Adriana Damato è un soprano lirico dal timbro chiaro, ma dalla voce piccola. Buono il resto del cast , specialmente i numerosi caratteristi (in particolare Michèle Losjer e Adriana Kučerová). Lodevole anche la dizione francese di quasi tutti.
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