Il malessere nell'anno della "grande stabilizzazione"
Roma, 25 dic (Velino) - Prendendo spunto dal calendario cinese (secondo cui l’anno lunisolare del Celeste Impero, che inizia a metà febbraio, sarà quello della “tigre”) numerosi quotidiani e periodici italiani stanno riempiendo le pagine delle loro testate , in questi giorni tra Natale e Capo d’Anno, con servizi ottimistici sulla “grande svolta” – una ripresa sostenuta dopo la crisi che dall’estate 2007 ha attanagliato gran parte del mondo (soprattutto quello occidentale).
Non voglio essere un bastian contrario, ma se si guardano con attenzione i dati e le previsioni econometriche, ci si accorge che “la tigre” caratterizzerà principalmente i mercati emergenti- grazie principalmente ad una forte domanda interna. Nei mercati “maturi” (Nord America, Europa), la domanda agirà principalmente sotto la spinta dell’intervento pubblico e dell’Himalaya del debito risultante sia da salvataggi bancari ed industriali sia politiche monetarie e di bilancio mirate a contrastare le recessione. Negli stessi mercati emergenti non sono tutte rose e fiori. In Cina soprattutto, 150 milioni di disoccupati minano la pace sociale (e secondo alcuni esperti potrebbero portare alla dissoluzione del Celeste Impero con la bandiera rossa). Gli stessi BRICs (Brasile, Russia, India e Cina) visti come gruppo non sono esenti da fragilità e rischi: vi affluiscono capitali (secondo il più recente rapporto annuale dell’Unctad, l’organo delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo, sono la metà preferita di chi investe all’estero) ma sono densi di incertezze e (ce lo insegna la crisi asiatica 1996-98) i capitali esteri potrebbero scappare (e portare con se parte dei capitali di origine locale) con la stessa fretta con cui stanno affluendo.
In breve, pare iper-ottimista pensare al 2010 come all’anno di un grande balzo in avanti. Anche perché non è chiara l’azione della politica, soprattutto in materia di exit strategy – ciò che si è visto sino ad ora è contraddittorio e lacunoso. Meglio darsi come obiettivo quello che il 2010 sia l’anno della “grande stabilizzazione”. Pure in questo caso è essenziale una risposta politica forte e chiara in quanto la “grande stabilizzazione” richiede un riassetto degli squilibri finanziari (e quindi una modifica del rapporto di cambio tra dollaro Usa e yan cinese), una più sostenuta domanda privata interna nei Paesi Ocse , una riduzione programmata e concertata dell’Himalaya del debito pubblico e privato in alcuni Paesi occidentali (Usa in primo luogo), un freno al protezionismo strisciante (sempre più palese nelle ultime settimane nel 2009), strategie per alleviare, prima, e ridurre, poi, la disoccupazione (almeno quella aggiuntiva creata dalla crisi). Tutti compiti su cui è facile fare scorrere fiumi di parole in comunicati ufficiali ma difficile prendere azioni concrete.
L’anno della “grande stabilizzazione” (se ci sarà) verrà accompagnato verosimilmente anche da malessere. E’ utile vedere come la tanto criticata azione del Governo italiano (da parte dell’opposizione e di grillini e di dipietrini assortiti) abbia avuto un esito positivo: nel 2010, l’Italia sarà con la Germania e la Repubblica Ceca uno dei tre Paesi con il più basso “indice di malessere” nella nuova versione (sommatoria da Pierre Cailleteau, un economista francese distinto e distante dalla nostre beghe) – l’indice è, in questa versione, la sommatoria di tasso di disoccupazione e di indebitamento netto della pubblica amministrazione in percentuale del pil. Un’indicazione che le vituperate politiche tremontiane stanno facendo centro.
(Giuseppe Pennisi) 25 dic 2009 13:49
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