PER EVITARE UN FALLIMENTO , AIUTI E GUIDA POLITICA SUBITO
Giuseppe Pennisi
La crisi che sta travagliando la Grecia può diventare la miccia per l’implosione dell’unione monetaria europea. Lo stock di debito e l’indebitamento netto della pubblica amministrazione – rispettivamente al 135% ed al 13% del Pil per la Repubblica Ellenica – toccano , nei preconsuntivi 2009, il 96% ed il 14% per l’Irlanda, il 75% e l’11% per la Spagna e il 91% l’8% per il Portogallo. Previsioni ancora meno incoraggianti per l’anno prossimo : nel 2010, tenendo conto dei “piani di rientro” già annunciati, la Commissione europea prevede un indebitamento netto della pubblica amministrazione al 15% del Pil per l’Irlanda, al 12% per la Grecia, al 10% per la Spagna ed ancorato all’8% per il Portogallo. In aggregato, lo stock debito pubblico per l’area dell’euro sfiora il 90%, principalmente, però, a ragione non delle intemperanze del “club Med” (Grecia, Portogallo, Spagna) e dell’Irlanda, ma della forte espansione dei disavanzi di bilancio di Germania e Francia sia per salvataggi bancari (ed industriali) sia per sostenere la domanda. Pure interpretando generosamente il protocollo del marzo 2005 con il quale sono stati ammorbiditi i vincoli in caso di recessione prolungata, queste cifre sono molto lontane dei parametri (un tetto del 3% del Pil all’indebitamento netto ed un andamento tendenziale verso uno stock del debito pubblico non superiore al 60% del Pil),
Prima ancora della Politica (con la maiuscola) sono i mercati a dubitare della tenuta dell’unione monetaria. Sino all’altro ieri, i rendimenti dei titoli di Stato decennali in euro emessi da Grecia ed Irlanda erano quasi il 70% più elevati di quelli emessi in Germania. Il differenziale è ancora maggiore se si guarda – come fa un bel lavoro analitico del Levy Economic Institute (uno dei maggiori “pensatoi” Usa- agli swaps di obbligazioni in euro (un derivato molto frequente) a seconda del Tesoro emittente. Tuttavia, il differenziale non è sufficiente a stimolare l’appetito dei potenziali acquirenti; le agenzie di rating hanno già abbassato l’indice di affidabilità dei titoli di stato greci. Potrebbero essere imminenti misure analoghe per quelli irlandesi e spagnoli. Sarebbe arduo all’interno della stessa unione monetaria convivere con scarti significativi dei rendimenti ed, ancora di più, con rendimenti classificati differentemente in base al grado rispettivo di affidabilità.
Quale può essere allora la risposta della Politica? Occorre distinguere tra breve e medio-lungo termine. Nel breve termine, è essenziale una forte dose sia di solidarietà sia di rigore all’interno dell’area dell’euro. Quando nel 1975 la città di New York e più di recente lo Stato della California erano sul punto di dichiarare l’insolvenza (e quindi di fatto il proprio fallimento), non c’è stata l’implosione del dollaro Usa ma è intervenuto il Governo federale con aiuti tempestivi collegati ad una terapia di rigore. Una strategia analoga può essere attuate nell’area dell’euro in piena consapevolezza che non può essere affidata unicamente alla Banca centrale europea. Devono intervenire anche gli Stati dell’Eurogruppo – Francia e Germania, in primo luogo. Ciò porrebbe la basi per una soluzione a più lungo termine : dare corpo ad una efficace controparte politica alla Bce, come sostenuto da un numero crescente di economisti italiani , non solamente dagli “enfants prodige” del Levy Economic Institute, ed operare, quindi, per una politica di bilancio comune, non unicamente “armonizzata”.
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