POL - La Repubblica delle pensioni
Roma, 2 dic (Velino) - Un pizzico di ottimismo in materia di futuro demografico dell’Italia pervade anche il rapporto Censis che verrà presentato il 4 dicembre. Come mostrato dal grafico , in Italia il tasso di fertilità è in rapido aumento. Secondo i dati ISTAT l'Italia al 31 dicembre 2008 contava 60.045.068. abitanti. Le femmine erano 30.892.645 e i maschi 29.152.423. Alla fine del 2007 i residenti erano 59.619.290 , quindi tra il 2007 e il 2008 la popolazione è cresciuta di 425.778 unità (+7,1‰). L'Italia è dunque attualmente (dal 1991 quando fu superata dalla Francia) il quinto Paese europeo per popolazione dopo Russia, Germania, Francia e Regno Unito L'Italia è anche il 23° Paese più popoloso al mondo. All'indomani dell’Unità, la popolazione italiana ammontava a poco più di 22 milioni. La crescita della popolazione fu abbastanza lenta negli ultimi decenni dell'Ottocento anche a causa dell'elevato numero di persone che emigravano all'estero. Nel Novecento, fino agli Settanta, l'aumento demografica fu invece più sostenuto e, a differenza della Francia, le perdite umane delle due Guerre mondiali non incisero molto. La popolazione italiana, tuttavia, è rimasta sostanzialmente invariata tra il 1981 ed il 2001 per poi riprendere ad aumentare nel primo decenni di questo secolo , soprattutto grazie all'immigrazione.
L’aumento della popolazione e del tasso di fertilità (che sembra da attribuirsi in gran misura alle donne immigrate) non vuol dire però che si è allontano lo spettro di una crisi previdenziale. E ciò nonostante che i conti dei maggiori istituti di previdenza sembrano più saldi e più solidi che nel recente passato, in gran misura a ragione dell’aumento dei contributi versati (varie sanatorie per gli immigrati, introiti connessi a gestioni “separate” come l’Inps a cui afferiscono principalmente giovani). Il dato brutale è ci sono già 75 pensionati per ogni cento occupati. Ad esso si aggiunge che con reversibilità, pensione da gestione ed altro, il numero degli assegni previdenziali staccati ogni mesi supera del 50% il numero dei pensionati; ove si includessero le pensioni di invalidità, si tratterebbero del 60%. Dato che l’età mediana della popolazione italiana sfiora i 44 anni, è difficile pensare a riforme previdenziali che avrebbero effetti negativi sulla metà circa del corpo elettorali.
Quindi, abbiamo di fronte a noi lo spettro del realizzarsi di una Repubblica delle Pensioni o dei Pensionati. E per di più di pensionati che se non vanno a riposo il più tardi possibili e se non hanno buone carriere (associate ad alti stipendi ed alti contributi) rischiamo di avere trattamenti molto bassi . Come ho sostenuto di recente altrove, occorre adattare il mercato del lavoro ad un processo di pensionamento graduale e modificare alcuni meccanismi previdenziali specifici ed il sistema sanitario.
Occorre facilitare l’occupazione degli anziani che possono e vogliono restare attivi. Ciò è stato fatto negli Usa con una sentenza della Corte Suprema che ha giudicato discriminatori, e incostituzionali, i “limiti di età” . Ciò implica ripensare norme recenti che, con l’obiettivo di svecchiare la dirigenza pubblica, hanno reso più stringenti tali “limiti”. Lo scopo di avere una dirigenza giovane pur mantenere gli anziani al lavoro (se possono e vogliono farlo), si raggiunge ponendo alle posizioni dirigenziali “tetti di età” anche inferiori alle attuali (in multinazionali ed organizzazioni Onu sono a 57 anni) ma facendo sì che i dirigenti siano affiancati da anziani in posizione di staff, della cui esperienza possano avvalersi. Ciò facilita anche posporre l’età effettiva di pensionamento. In Italia, è di queste settimane l’accordo secondo cui gli avvocati non potranno fruire di pensioni di vecchiaia prima dei 70 anni di età e di 35 anni di contributi. E’ auspicabile che misure come questa vengano generalizzate al fine di evitare lo scenario di un’Italia il cui 30-40% della popolazione sarà composta da anziani indigenti.
Quando il meccanismo “contributivo” sarà in vigore, inoltre, il rapporto tra ultimo stipendio e primo assegno pensionistico sarà attorno al 50%.. Negli Usa chi nel 2009 va in pensione a 65 deve accantonare, a seconda del reddito e del genere, tra i 135.000 ed i 400.000 dollari per premi assicurativi sanitari e spese sanitarie non assicurabili. Ciò implica : un maggiore tasso d’indicizzazioni delle pensioni a partire dai 75 anni ed una politica mirata al miglioramento dei servizi sanitari per gli anziani.
Queste misure, però , non sono sufficienti. L’aumento della fertilità – si è detto- è in gran misura funzione dell’immigrazione. E’ necessario che riguardi anche le donne italiane. Un’analisi di Adriaan Kalwij della Università di Utrecht , dimostra, in base al raffronto tra le politiche di 16 Paesi europei, come gli aiuti alla famiglia abbiano un impatto positivo sulla fertilità. Quindi, “quoziente familiare” ed altre forme di supporto. Per evitare una insostenibile Repubblica dei Pensionati e delle Pensioni.
(Giuseppe Pennisi) 2 dic 2009 10:56
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