BEN BERNANKE SARA’ ANCHE L’UOMO DELL’ANNO MA AGLI AMERICANI NON PIACE
Giuseppe Pennisi
A volte “il destino – come amava dire Giuseppe Saragat- è cinico e baro”. Proprio nei giorni in cui ai è completata, negli Usa, la procedura per il rinnovo di Ben Bernanke alla guida della Federal Reserve, a Roma Daron Acemoglu , simpatico economista turco-americano in odore di Nobel che insegna al M.I.T, ha tracciato una severa critica delle politica monetaria condotta da lui nel recente passato e negli anni precedenti dal suo predecessore, Alan Greensopan. Daron Acemoglu era alla Facoltà di Economica dell’Università La Sapienza a pronunciare il 16 ed il 17 dicembre. le “Federico Caffè Lectures” uno degli eventi annuali più prestigiosi dell’ateneo. L’Occidentale del 24 agosto ha illustrato le ragioni per cui il Presidente degli Stati Uniti ha ritenuto riproporre Benanke alla guida della politica monetaria americana. Ora occorre chiedersi se quella di Acemoglu è una voce isolata – frutto di opinioni od anche ripensamenti personali – oppure rappresenta il punto di vista di una vasta corrente di economisti americani.
Basta scorrere il sito www.ssrn.com , la più vasta biblioteca telematica di scienze sociali , come l’economia, e di finanza, per accorgersi che Acemoglu è in compagnia di molti altri; ben ultimo Charles Steindel , che pur nello staff della Federal Reserve Bank di New York, ha dedicato un saggio durissimo alla crisi in corso ; pubblicato la settimana scorsa considera la politica monetaria americana come causa principale del pasticciaccio brutto. In Austrialia, Steve Keen , uno dei giovano accademici più ascoltati nel bacino del Pacifico, lo dipinge – nel libro Debunking Economics – come un Mago Zurlì dedito al gioco delle tre carte .A livello divulgativo, il film di Kevin Stocklin “We All Fall Down”(Andiamo tutti a fondo) , premio al Boston Film Festival 2009 – lo utilizzo come materiale didattico nel corso di economia internazionale e nel seminario sulla crisi finanziaria che insegno all’Università Europea di Roma - addita Bernanke e Greespan addirittura come i principali responsabili della crisi finanziaria ed economica in atto.
Molte di queste critiche sono esagerate. E’ indubbio, però, che nonostante le forti liti in pubblico Greenspan e Bernanke hanno seguito una politica monetaria diretta ad attirare un flusso di capitali dall’estero (per colmare la falla della bilancia dei pagamenti Usa), espandendo eccessivamente (una crescita ad un tasso di circa il 10% l’anno nel decennio precedente la crisi) il credito totale interno e senza tenere adeguatamente conto che, sommandosi alla liquidità interna quella proveniente dall’estero, hanno indotto gli agenti economici ad aprire la borsa a clienti (sia individuali sia societari) sempre meno affidabili. Sino a quando è saltato tutto. A Roma, Acemoglu lo ho documentato con ricchezza di dati e con una forte base teaorica. Occorre , però, anche dire – come sostiene acutamente Martin Wolf in uno dei suoi ultimi libri – che l’operazione è stata resa possibile dall’elevatissimo, anzi eccessivo, tasso di risparmio dei Paesi asiatici che, scottatisi con la crisi della loro area alla fine degli anni 90, hanno fatto le formiche a più non posso.
E’ chiaro che ci sono stati errori nelle politica Usa della moneta. Quello che occorre chiedersi è se a Washington (e non solo) se ne sono apprese le lezioni, “Ben” è sempre stato un allievo bravo e brillante. Oggi i suoi colleghi non gli vogliono più bene. Dovremmo , tuttavia, dargli un’apertura di credito che in una fase così delicata sia in grado di pilotare nella direzione giusta la nave Usa. E noi fare lo stesso con quella europea.
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