domenica 2 settembre 2007

TROPPE TASSE SULL’ACQUISTO DELLA CASA , MA GIOCA ANCHE IL RUOLO DELLE BANCHE

La crisi del subprime non riguarderà le famiglie italiane- assicura il Governo (anche se siamo ancora in attesa dei dati richiesti alle numerose authority). Tuttavia, l’esplosione a livello mondiale del problema dei mutui rappresenta un’occasione per riflettere su quale strategia di mercato attuare per fare sì che gli italiani che cercano di comprare casa riescano a farlo (come proposto su Il Tempo del 24 agosto).
Oltre il 75% delle famiglie vive in case in proprietà (la percentuale più alta tra i Paesi Ocse); del restante 25% , la metà non intende comprare casa (coppie anziane senza figli, lavoratori con molta mobilità geografica); il 20-25% delle unità mobiliari esistenti (escludendo case di vacanza e simili) non sono abitate da nessuno. Se il mercato funzionasse da manuale, queste unità basterebbe a soddisfare la domanda. Tuttavia, coloro che cercano casa vivono spesso in aree in crescita ed ad alta densità abitativa, mentre le abitazioni disponibili sono in zone che perdono attività economica e popolazione.
Tra i record italiani c’è quello di avere i costi di transazione per comprare e vendere casa (spese legali e di intermediazione, imposte) più elevati al mondo. Secondo un’analisi (aggiornata ad agosto 2007) dalla Global Property Guide, tra i 30 Paesi Ocse ci batte solo lo Corea (dove tali costi sono pari al 22% del valore dell’immobile); da noi toccano il 17% mentre in Danimarca il 2,5% ed in Gran Bretagna il 5%. Un’analisi della struttura di questi costi mostra che dove l’Italia è davvero fuori linea - anche rispetto a altri Paesi (Francia, Grecia) a costi di transazione elevati- è quanto si versa all’erario. Si parla di tesoretti (veri o presunti) e di tregue fiscali (reali od immaginarie): basterebbe ridurre l’imposizione sulle transazioni edilizie per muovere il mercato e rendere più facile l’acquisto di una casa.
Infine, gli interessi sul mutuo: secondo Bankitalia, escludendo la Slovenia (appena entrata nel club), i tassi di interesse italiani superano di un punto percentuale la media dell’area della moneta unica. Per un mutuo venticinquennale (tipico della giovane famiglia che acquista casa quando si sposa) ciò vuol dire che gli italiani pagano il 28, 2% di più della media europea. Per un mutuo “matusalemme” a 40 anni, il differenziale tocca il 48,8% . Le determinanti sono una combinazione di questi tre elementi: a) gli acquirenti italiani sono considerati meno affidabili della media europea (lo si dica e si spieghi perché); b) le banche italiane sono meno efficienti (e quindi hanno costi più alti) della media dell’area euro; c) le banche italiane ritengono che il tasso di inflazione di lungo di periodo dell’Italia sarà maggiore delle media euro con la conseguenza che prima del termine del mutuo (soprattutto di quelli di più lunga durata) saremo fuori dalla moneta unica (altro interrogativo a cui possono rispondere soltanto loro).
Uno studio interno del servizio studi della Banca centrale europea (appena completato da Michiel van Leuvensteijn, Jacob A. Bikker, Adrian van Rixtel, Christoffer Kok Sorensen) costruisce un nuovo indicatore della concorrenza nel settore bancario: la conclusione del lavoro è che in Italia è diminuita. Se lo studio non viene confutato, una soluzione di mercato consiste nel guardare a fondo nell’elemento b) tra i tre indicate. E’ compito istituzionale delle authority.

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