A Tomaso Padoa-Schioppa (TPS) – dicono gli amici- sarebbe piaciuto (nonostante le smentite ufficiali) avere il seggio su cui siederà per i prossimi anni Dominique Strauss-Kahn: quello di managing director (in sostanza amministratore delegato) del Fondo monetario internazionale (Fmi). Non si sarebbe allontano da una Roma così densa di intrighi ma avrebbe guidato il Fondo in una riforma che ormai non può essere più procrastinata. Se ne è convinto prendendo tra le mani i due volumi curati da Edwin Truman per l’Institute of International Economics “A Strategy for IMF Reform” (“Una strategia per la riforma del Fmi) e “Riforming the IMF for the 21st century” (“Riformare lo Fmi per il 21simo secolo”) . Il secondo – circa 600 pagine a stampa fitta – sono atti di una conferenza internazionale in cui TPS fu uno dei partecipanti (e vi presentò un dotto paper – ah, quando tra Parigi e Francoforte si poteva scrivere testi di rilievo!). Il secondo, più smilzo (appena 126), sono le conclusioni che Edwin Truman trae dai lavori presentati alla conferenza . Il punto centrale delle proposte di Truman è la riforma del sistema di governance del Fmi; un riassetto delle quote, e dei seggi, a favore dei Paesi asiatici ed il consolidamento di un seggio per l’Ue. Truman fornisce anche indicazioni procedurali dettagliate su come formulare ed attuare queste proposte.
Per utili che possano essere, TPS trova che non tengono conto delle difficoltà di giungere ad un consenso politico; nella sua veste attuale, inoltre, un seggio Ue (naturalmente a rotazione), vorrebbe dire la perdita del seggio occupato da oltre tre decenni dall’Italia- a casa nostra, ciò verrebbe letto come una sconfitta internazionale del Governo di cui fa parte. Inoltre, una volta messo in moto il meccanismo di un riassetto periodico delle quote e dei seggi, quale ne sarà il limite? Cosa avverrà nell’eventualità che un domani l’Africa a sud del Sahara decolli come l’Estremo Oriente? Un nuovo giro di seggi, con l’Europa messa su uno strapuntino?
Più serio, ma TPS non può ammetterlo (almeno in pubblico), il lavoro di Richard Webb e Devesh Kapur “Beyond the IMF" (“Oltre il Fmi) pubblicato, a fine agosto, dal Center for Global Development Working Paper No. 99. Non deve essere confuse con i numerosi pamphlet polemici contro il Fondo (una sterminata letteratura in questi ultimi anni). E’ un’analisi documentata da cui si deduce che gran parte delle funzioni attribuite al Fmi sono ormai svolte da altri . Inutile cercare di far rivivere il passato oppure tentare di riportare al Fondo “clienti” che lo hanno abbandonato. Più costruttivo cercare di migliorare quelle attività in cui il Fmi può avere un ruolo primario .
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