lunedì 17 settembre 2007

IL TROVATORE A SPOLETO

Il Trovatore è opera troppo conosciuta perché sia necessaria, od anche solamente opportuna, una nota di presentazione del vostro chroniqueur. Quindi, questa recensione tratta esclusivamente dello spettacolo visto ed ascoltato il 15 settembre al Teatro Nuovo di Spoleto; teatro splendidamente restaurato dopo circa quattro anni di lavori. E’ importante ricordare, tuttavia, che il Teatro Lirico Sperimentale, fondato con lungimiranza dall’avvocato melomane Adriano Belli e giunto al 61simo anno di attività, ha essenzialmente finalità formative; al termine di una severa selezione, giovani cantanti seguono un corso di specializzazione ed hanno l’opportunità di cimentarsi in spettacoli veri nei teatri spoletini e dell’Umbria. Da alcuni anni, poi, il Lirico Sperimentale ha rapporti stretti con istituzioni giapponesi e quasi ogni stagione uno dei suoi allestimenti visita diverse città del Sol Levante. Questa edizione de Il Trovatore (che non si rappresentava a Spoleto da oltre un quarto secolo) andrà probabilmente in tournée in una dozzina di capitali provinciali del Giappone (oltre che a Tokio ed Osaka) prima di effettuare un tour nei principali teatri dell’Umbria. La produzione, quindi, deve essere esaminata sotto un duplice punto di vista: da un lato, è il lavoro di un orchestra giovane e di cantanti che, in gran misura, per la prima volta, salgono su un palcoscenico; da un altro, è un allestimento che probabilmente visiterà alcuni dei maggiori teatri giapponesi. L’edizione spoletina utilizza scene "d’epoca", firmate da Tito Varisco; risalgono all’inizio degli Anni '60 e sono state create per il Regio di Parma. Sono, senza dubbio, scene molto belle – specialmente le tele dipinte con atmosfere notturne . Tuttavia, sono caratterizzate da un grande praticabile che cambia funzione in ciascuno degli otto quadri che compongono i quattro atti dell’opera. Inoltre, sono state concepite per un palcoscenico di oltre mezzo secolo fa; anche ove il Teatro Nuovo di Spoleto disponesse di un impianto altamente tecnologico (sul tipo di quelli dei palcoscenici de La Scala o del Carlo Felice), le scene di Varisco mal si adatterebbero a cambi-scena rapidi. Dunque, la serata comporta tre intervalli e circa cinque minuti di cambio-scena tra un quadro e l’altro. Da un lato, ciò spezza la tensione drammatica. Da un altro, pone forti vincoli alla regia. Di recente, anche in Italia, è invalsa la sana prassi di mettere in scena Il Trovatore in due sole parti (ossia con un unico intervallo) e con una scena che possa, con poche modifiche, rappresentare più ambienti.In aggiunta, Lucio Gabriele Dolcini pare avere una sensibilità più adatta a Mozart (ricordiamo un suo pregevole Le Nozze di Figaro) o al Settecento che al melodramma verdiano, specialmente ad un dramma non solo di amori contrastati su uno sfondo di guerre civili ma di sangue, infanticidi, fratricidi, roghi e capestri come Il Trovatore. Non solo lo spettacolo è frammentato ma a volte è difficile seguirne i filo. Ad esempio, difficile comprendere perché, nel primo quadro del primo atto, Ferrando ed i suoi (che dovrebbero fare la guardia al castello) si agitino tanto da una parte all’altra del palcoscenico o perché , nel secondo, Ines tagli la strada a Leonora nel bel mezzo di Tacea la notte. Nel primo quadro del secondo atto, le note di regia di Verdi sono esplicite: Manrico dovrebbe giacere (od essere seduto) accanto a Azucena durante Stride la vampa e Soli or siamo, non stare in piedi a diversi metri da lei, per di più separato da tre scalini; nel secondo, arduo comprendere che il Conte di Luna ed i suoi seguaci (peraltro abbigliati come notabili in Simon Boccanegra ) abbiano l’intenzione di rapire Leonora. Si potrebbe continuare. Un suggerimento: rivedere con cura la regia prima di riprendere l’allestimento.Molto meglio gli aspetti musicali. L’orchestra è formata da borsisti dell’Unione Europea che solo da un paio di settimane hanno completato il corso di formazione; guidati da Carlo Palleschi, hanno affrontato valentemente la scrittura verdiana – un encomio particolari ai fiati ed agli ottoni, spesso carenti in orchestre italiane.Nel venire alla voci occorre distinguere tra giovani e coloro già in carriera. Maria Agresta, Costantino Finucci e Aleksandar Stefanoski – tutti e tre sui 25 anni o poco più - appartengono alla prima categoria. Ernesto Grisales e Federica Proietti alla seconda. Interessante notare come Maria Agresta abbia iniziato la propria carriera al Lirico Sperimentale, l’autunno scorso, come mezzo soprano in Barbiere di Siviglia e Didone Abbandonata ed indossi molto bene le vesti di Leonora, che richiede invece la vocalità di un soprano; imposta Tacea la notte in direzione belcantistica (con echi belliniani oltre che donizettiani) mentre in D’amor sull’ali rosee raggiunge colori da soprano drammatico. Ottimo tanto il fraseggio quanto il modo di ascendere e discendere da tonalità alte. Impeccabile la recitazione. Costantino Finucci promette di diventare un baritono verdiano di qualità, anche se Il balen del suo sorriso sarebbe dovuto essere un po’ più morbido (difficile dire quanto la durezza sia imputabile alla regia). L’importanza del ruolo di Ferrando viene spesso sottovalutata: Aleksandar Stefanoski ne fa un protagonista a tutto tondo nella lunga scena ed aria con coro che comprende tutto il primo quadro del primo atto.Ernesto Grisales è stato chiamato all’ultima ora per sostituire un collega più giovane ammalato. E’ un tenore spagnolo di mezza età a cui non fa difetto il volume e che sa come accontentare il pubblico. Di livello molto più alto, Federica Proietti; lanciata a Spoleto alcuni anni fa, canta ora abitualmente alla Staatsoper di Francoforte e nel sistema di teatri lirici di Vienna. Sin da Stride la vampa avvertiamo che abbiamo a che fare con un’Azucena di classe che si distacca nettamente da Grisales nel duetto Ai nostri monti ritorneremo.Buono l'apporto dei comprimari. Successo tra il pubblico presente, anche se alla terza replica alcune file e molti palchi erano vuoti.
Giuseppe Pennisi
La locandina
Data dello spettacolo: 15/09/2007
Il Conte di Luna
Costantino Finucci
Leonora
Maria Agresta
Manrico
Ernesto Grisales
Ferrando
Aleksandar Stefanoski
Azucena
Federica Proietti
Ines
Lucia Knotekova
Ruiz
Gabriele Mangione
--
Direzione Musicale
Carlo Palleschi
Regia e Costumi
Lucio Gabriele Dolcini
Scene
Tito Varisco
Maestro del Coro
Andrea Amarante
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Orchestra e Coro del Teatro
Lirico Sperimentale di Spoleto “A.Belli”
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