Il disegno di legge sul bilancio annuale e pluriennale dello Stato (il titolo aulico di quanto comunemente conosciuto come legge finanziaria) dovrebbe essere varato dal Consiglio dei Ministri del 28 settembre, sempre che gli intoppi non costringano il Governo a fare le ore piccole la domenica del 30 settembre. In Italia non si usa (come invece si fa a Bruxelles) fermare l’orologio. La legge è lapalissiana: il ddl deve andare all’esame del Parlamento a partire dal primo ottobre. Il “vertice” dell’Unione convocato per domani 26 settembre dovrebbe essere l’ultimo passaggio (diciamo la prova generale della riunione del Consiglio dei Ministri di venerdì) che sino ad ora non ha seguito la prassi consueta al fine di mantenere le dimensioni ed i contenuti della manovra molto oscuri. E’ in questa notte e nebbia che Prodi starebbe tentando, in gergo calcistico, un doppio dribbling: riuscire, in parallelo, ad includere nei testi alcuni punti essenziali del Protocollo del 23 luglio sul welfare (in particolare le modifiche alla normativa sulla previdenza varata nel 2004) ed in contraccambio soddisfare i Ministri della spesa con stanziamenti nettamente inferiori a quanto richiesto il 10 settembre (data in cui i singoli dicasteri hanno posto sul tavolo della finanziaria i loro piani per i prossimi tre anni).
Tale doppio dribbling non sarebbe stato concepibile seguendo la prassi instaurata con il Patto sociale del 23 luglio 1993 (il Patto di San Tommaso orchestrato da Carlo Azeglio Ciampi allora Presidente del Consiglio). Tale prassi avrebbe richiesto una sessione sulla politica dei redditi all’inizio di settembre, una discussione con le parti sociali della bozza di finanziaria (nonché dei vari collegati) ed altri passaggi che, come in passato, avrebbe reso da tempo pubblico il contenuto del documento. Una pubblicità che, dopo lo strappo Fiom, avrebbe reso ancora più difficile coagulare il consenso degli 11 partiti della coalizione di Governo.
Prodi e TPS sono alle prese con la messa a punto di una finanziaria schiacciata tra procedure normative, ammonimenti di Ue, Fmi ed Ocse e cattive notizie che arrivano ogni giorno (l’ultima è di questo fine settimana) sull’andamento dell’economia reale nel 2008. Mentre il 20 settembre, il Centro studi confindustria (Csc) ha stimato una crescita dell’1,3% del pil italiano nel 2008 (notevolmente inferiore al 2% previsto nel Dpef di luglio), dopo il nuovo deprezzamento del dollaro ed i crescenti timori di una recessione Usa, i maggiori centri di analisi econometria ora affermano che a male pena si sfiorerà l’1% , con implicazioni molto serie in materia di produzione, redditi, consumi e gettito. Sono, quindi, in dubbio quelli i due punti che sembravano fermi della manovra a) un rapporto tra disavanzo e pil non superiore al 2,2%, b) una leggera riduzione delle aliquote (dell’Ires e dell’Ici) con finalità, però, più mediatiche che sostanziali. Prodi ha già messo le mani avanti in materia di aliquote e si accontenterebbe di un rapporto disavanzo:pil al 3% (adeguato ad evitare pesanti rimbrotti in sede Ue).
Il dribbling riguarda, in primo luogo, la procedura legislativa: il progetto è di una finanziaria secca e snella , accompagnata da un decreto legge fiscale (Ires, Ici e forse qualche altra piccola cosa) ed un collegato. Con il collegato si dovrebbe dare corpo al Protocollo del 23 luglio scorso: con i referendum tra gli iscritti ai sindacati in programma il 10 ottobre e la manifestazione del 20 ottobre (nonché le primarie per il Partito Democratico PD il 14 ottobre) è difficile avere le idee chiare prima della fine di ottobre. Trasformarlo in un decreto legge, lo pone a rischio di bocciatura alla Commissione Affari Costituzionali del Senato, e di conseguente entrata in vigore dello “scalone previdenziale” della Legge Maroni il primo gennaio 2008. Eventualità che potrebbe fare implodere la maggioranza. Il marchingegno consisterebbe nell’iniziare l’esame del collegato (a ritmo accelerato) in un ramo del Parlamento, mentre l’altro è alle prese con la finanziaria. Ciò piacerebbe al vasto arco di avversari dello “scalone”- sarebbe un vero e proprio dribbling, però, nei confronti dei regolamenti parlamentari.
Se l’operazione riesce (ma l’opposizione dispone di veri e propri barracuda-esperti in materia di regolamenti parlamentari), in cambio della abolizione dello “scalone” molti Ministeri frenerebbero i propri appetiti: tre lustri di riduzioni di numerose voci di spesa (specialmente acquisti di beni e servizi ed investimenti) ed il tanto parlare di”tesoretti” (l’ultimo di 8 miliardi di euro è spuntato fuori il fine settimana del 15-16 settembre) hanno destato richieste per spese aggiuntive di almeno 20 miliardi di euro proprio mentre il gettito minaccia di essere nel 2008 meno generoso di quanto lo è stato nel 2007. Il braccio di ferro tra TPS e VVV (Vice Vincenzo Visco), da un lato, ed i loro colleghi di Governo, dall’altro, sembra giunto a soluzione al Consiglio dei Ministri del 21 settembre; uscendo dalla riunione il Ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, ha parlato di una manovra di 10 miliardi (la metà delle richieste del 10 settembre, quindi altro dribbling). Il tutto si basa su una buona dose di nasometria in materia di andamento economico e suoi effetti sui conti pubblici. Parte importante della strumentazione tecnica costruita faticosamente dall’Istat tra la fine degli Anni 80 e la prima metà degli Anni 90 (per migliorare le scelte in situazioni come l’attuale) è finita sotto la scure dei tagli del 1996 – quando Romano Prodi era a Palazzo Chigi –, non è più stata aggiornata (i dati della matrice di contabilità sociale- ossia il quadro contabile dei flussi tra settori ed istituzioni in Italia sono rimasti al 1994) ed è ora inservibile. Ma per il dribbling, la speditezza conta più della tecnica.
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