In questa estate 2007, il traballante Governo Prodi sta dando prova di un’inaspettata capacità di mettere le vesti del prestigiatore , e di gettare “red haring” (le lepri finte della caccia alla volpe) e di mettere “specchietti per le allodole”; in tutto contornato da varie trappole in cui cadono gli oppositori, diventandone, inconsapevolmente, alleati volenterosi.
L’abilità di gestire un complicato gioco delle tre carte è non tanto nelle aule parlamentari dove sono in discussione provvedimenti importanti quali quello sull’ordinamento giudiziario. Quanto sui principali aspetti di politica economica. Archiviato un Dpef ritenuto “sottotono” (giudizio benevolo dell’Istituto Bruno Leoni) ove non inutile e fuorviante, l’attenzione è sulle due misure concrete più significative di politica sociale (le previdenza) e di politica industriale (Alitalia). Ambedue con importanti ricadute di finanza pubblica in un contesto in cui l’aumento dello stock di debito pubblico (a livelli record) minaccia di subire un’accelerazione a ragione del prevedibile rialzo dei tassi d’interesse Bce.
Sulle pensioni, l’accento sullo scontro sembra riguardare lo “scalone” della riforma Maroni del 2004. In effetti, le polemiche (più apparenti che sostanziali sullo “scalone”) coprono una divergenza molto più profonda (sia tra sindacati e Governo sia all’interno del Governo): applicare o meno – in tutto od in parte – l’aspetto più qualificante della riforma Dini del 1995 – l’aggiornamento decennale dei “coefficienti di trasformazione”, i parametri per convertire i montanti figurativi di contributi accumulati in annualità , ed in assegni mensili. Lo sanno bene gli esperti di previdenza – come non esita a ricordare Elsa Foriero. Lo “scalone” interessa un numero limitato di persone (in gran parte privilegiato) ma i “coefficienti di trasformazione” sono il nodo della sostenibilità del sistema previdenziale. Mentre la stampa (anche di opposizione al Governo) ciurla nel manico dello “scalone”, occorre dire chiaro e forte che quale che sia la “soluzione” prospettata, tra una sessione di parapsicologia e l’altra, dal maxi-prestigiatore è ciò che a Roma si chiama una “bufala” se non riguarda i “coefficienti di trasformazione”.
Analogamente in materia di Alitalia (il solo aspetto di politica industriale di questa Esecutivo), la situazione è analoga: dopo che il termine per la presentazione di offerte tecniche e finanziarie definitive è stato prorogato dal 3 al 12 luglio ed ancora al 23 luglio e che un solo concorrente (Air One) sembra rimasto in gara, i dietrologi della stampa (anche quella meno allineati sulle posizione governative) sono pieni di fibrillazioni sull’eventuale rientro in pista di Tpg e magari anche di Aeroflot. Perdono di vista che l’obiettivo effettivo del prestigiatore (e dei suoi assistenti) è quello
se entrare in trattativa con l’unico concorrente in lizza per una licitazione privata. E’ una idea che danneggerebbe tutti : si aprirebbe un complicato contenzioso interno ed internazionale sull’osservanza delle regole europea e della prassi internazionale (la lex mercatoria non scritta ma cogente come se lo fosse) che potrebbe aggravare tensioni già esistenti all’interno del Governo e danneggiare ulteriormente l’immagine dell’Italia all’estero. Chi più verrebbe ad investire da noi se non c’è certezza di regole analoghe a quelle seguite nel resto del mondo avanzato? Poche voci sostengono che a questo punto, occorre lanciare una nuova gara, meno sbrindellata della prima , sulla base di un capitolato dettagliato e regole di aggiudicazione certe. Prima che l’aereo vada a picco, devono scendere tutti. Anche e soprattutto il pilota.
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