Dopo “La Valchiria” presentata a Firenze (in co-produzione con Valencia), arriva l’edizione proposta a Aix-en- Provence per il nuovo Gran Théâtre de Provence. Co-prodotta con il Festival di Salisburgo dove sono già aperte le prenotazioni, è parte del progetto di realizzare, su quattro anni, l’intero “Anello del Nibelungo” con un cast internazionale ed i Berliner Philarmoniker. A ruota giunge il nuovo allestimento con la regia di Eimuntas Nekrošius; dopo aver debuttato all’Opera Nazionale di Lituania , in tournée in Italia (dove si è visto a Ravenna e sarà al Festival di Ravello il 22 luglio) prima di toccare altre piazze e di entrare “repertorio” (ossia essere rappresentata ogni stagione per un certo numero di anni) a Vilnius. Sono nuove produzioni che stanno facendo discutere pubblico e critica.
Soffermiamoci su quello che da Ravenna sta veleggiando verso Rapallo (in quanto più accessibile al pubblico italiano). Su un palcoscenico relativamente piccolo (rispetto a quelli di Firenze, Valencia, Aix e Salisburgo) e con un organico forzatamente ridotto nella buca d’orchestra, Nekrošius situa la complessa vicenda di amori tra dei, semidei, uomini e donne in un Medio-Evo post-moderno e visionario dove dominano il rosso e nero. Sull’intreccio aleggia un’atmosfera di violenta incomunicabilità, da cui sembra sottrarsi unicamente la coppia dei due più giovani amanti. Molto accurata la recitazione. Diligente la direzione orchestrale del polacco Jacek Kaspszyk. Tra gli interpreti spicca Johannes Von Duisburg (Wotan, il re degli dei) non soltanto per le sue doti vocali e perché lo spettacolo è incentrato sul tormentato declino delle divinità ma in quanto, unico tedesco della compagnia, ha una dizione perfetta mentre gli altri, lituani, hanno difficoltà di pronuncia.
Nell’impostazione di Stéphane Braunschweig (regia e scene) e di Sir Simon Rattle l’”Anello” di Aix-Salisburgo non è un mito da attualizzare facendo ricorso alla Pop-Art (come nell’edizione fiorentina), ma una vicenda di rapporti e tensioni tra individui in cui gli dei (di cui si avvicina il crepuscolo) sono più fragili degli esseri umani; l’intero intreccio si svolge in abiti contemporanei ed in interni. In breve, un’interpretazione inquietante ma tra le più intense del lavoro wagneriano viste ed ascoltate in questi ultimi anni.
Sir Simon Rattle e i Berliner danno il loro meglio nel Gran Théâtre de Provence dove si è letteralmente avvolti dalla musica. Rattle ha a disposizione un organico quali previsto da Wagner (ad esempio le arpe sono davvero sei, non due come invalso nella tradizione); dilatando i tempi , accentua i colori della partitura. Meravigliosi gli ottoni ed i fiati. Con una fossa molto profonda, l’immenso organico non copre mai le voci, un grande cast internazionale, di cui si può ascoltare ogni parola ed ogni nota. Un miracolo che si ripeterà a Salisburgo.
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