Le tensioni all’interno del Governo e le difficoltà di giungere ad un accordo sulle pensioni compatibile con gli impegni assunti in sede europea (e con le indicazioni del Fondo Monetario) stanno distraendo l’attenzione da quello che è il maggiore aspetto di politica industriale (e della tecnologia) di questi anni: la privatizzazione dell’Alitalia. E’ anche, per i lettori di Roma e del Lazio, una delle misure di politica industriale da cui più dipendono i livelli di occupazione nella capitale e nella regione- in funzione del ruolo che la compagnia ed il suo indotto hanno nel nostro territorio.
A Il Tempo non piace certo essere considerato una Cassandra (anche se la principessa troiana aveva, fin dei conti, argomenti solidi e la Storia le ha dato ragione). Tuttavia, siamo stati i primi ad indicare (sulla base di fatti concreti , non di profezie o quelle sedute di parapsicologia che tanto paiono piacere ad autorevoli componenti della maggioranza) che la gara, quale presentata nel bando pubblicato a fine dicembre (mentre l’Italia era distratta dal Natale e dal Capo d’Anno), non avrebbe portato alcun risultato concreto. Tanto meno la pioggia di miliardi di euro per rimpinguare le casse dello Stato e per tonificare i conti dell’Alitalia di cui un paio di Ministri andavano concionando. Le nostre analisi si stanno rivelando corrette: il termine (per la presentazione delle offerte definitive e tecniche e finanziarie) è stato prorogato dal 3 al 12 luglio ed ancora al 23 luglio, un solo concorrente (Air One) sembra rimasto in gara (sempre che la proroga non ne stimoli altri) e non è ancora chiaro se l’unico gareggiante disponga delle risorse finanziarie (mentre la compagnia capogruppo di Star Alliance , la Lufthansa) continua a ripetere che non dispone di quelle tecniche.
Ora gran parte della stampa fa proprie i rilievi formulati in gennaio da Il Tempo. Avere ragione troppo presto (come è avvenuto a noi de Il Tempo in questo caso) dà una strana amarezza. Non è tanto importante che gli altri abbiano in varia misura ammesso di avere avuto torto quanto di trovare una strada per uscirne facendo il bene del Paese (e se possibile anche di Alitalia e di tutti coloro che direttamente o indirettamente lavorano per la compagnia).
Nei Palazzi romani prende consistenza una curiosa idea: fallita (in pratica) la gara, si dovrebbe entrare in trattativa con l’unico concorrente in lizza per una licitazione privata. E’ una idea che danneggerebbe tutti (pure Air One): si aprirebbe un complicato contenzioso interno ed internazionale sull’osservanza delle regole europea e della prassi internazionale (la lex mercatoria non scritta ma cogente come se lo fosse) che potrebbe aggravare tensioni già esistenti all’interno del Governo e danneggiare ulteriormente l’immagine dell’Italia all’estero. Chi più verrebbe ad investire da noi se non c’è certezza di regole analoghe a quelle seguite nel resto del mondo avanzato? Per la stessa Air One, una licitazione privata sarebbe una vittoria di Pirro, con contenziosi dietro la porta ed il ritorno del fantasma della operazione Sme.
Meglio comportarsi “seriamente” (come ripete Romano Prodi con il tono con cui un parroco parla ai ragazzi dell’oratorio). O meglio da partner internazionali adulti ed affidabili. Quando una gara fallisce, se ne fa un’altra. Con tutti i crismi del caso. Il Tempo ha fornito suggerimenti anche tecnici in materia. La posta è gioco è troppo importante per trattarla come un affaretto da furbetti di quartiere.
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