FESTIVAL ENESCU/ Mathis der Maler: il pittore a Bucarest
Al festival di Bucarest grandissimo successo di pubblico.
Tra i tanti spettacoli uno dei sommi capolavori del Novecento: Mathis der
Maler di Paul Hindemith. GIUSEPPE PENNISI
20 settembre 2017 Giuseppe
Pennisi
Dal 1958 (quando, tre anni dopo la morte del compositore, la manifestazione,
biennale, è iniziata) il Festival Enescu è diventato uno dei principali eventi
musicali internazionali a livello dei festival di Salisburgo e Lucerna e
dei Promanade Concerts di Londra. Anche se relativamente poco frequentato dagli
italiani, al Festival Enescu giungono spettatori da tutto il mondo.
Quest’anno, il festival si svolge dal 2 al 24 settembre. I
biglietti per i principali eventi si sono esauriti nel giro di pochi ore, ed in
alcuni casi minuti, da quando sono stati messi in vendita all’inizio di
febbraio. A esempio, quest’anno, tra botteghino ed online sono finiti in
dieci minuti dalla messa in vendita quelli della serie “Le grandi
orchestre del mondo”, i biglietti per i concerti della Filarmonica della Scala
con Riccardo Chailly e David Garrett, della Royal Philarmonic
di Londra con Martha Argerich e della Israeli Philarmonic Orchestra con
Khatia Buniatishvili. Nella serie “I grandi solisti”, sono bastati
pochi secondi per i biglietti per Lang-Lang e per il recital di Jonas Kaufmann
ed Anoushka Shankar, e poco più di cinque minuti per quelli di
Leonidas Kavakos, Gautier Capuçon e Maxim Vengerov.
Sono concerti che vengono tenuti in una sala di 4.000 posti o in
spazi più piccoli. Di norma se ne tengono tre o quattro al giorno di cui uno
dedicato alla musica contemporanea alle 11 del mattino in uno degli auditori
della radio, due (alle 16:30 ed alle 22:30) di musica di camera, di musica
barocca e per formazioni orchestrali contenute nel gioiello architettonico di
fine Ottocento (Ateneo Romeno) ed uno alle 19:30 per grandi orchestre in una
Grande Sala di 4000 posti.
Uno degli appuntamenti più importanti è stata l’esecuzione in forma
di concerto di uno dei sommi capolavori del Novecento: Mathis der Maler di
Paul Hindemith. Una sua messa in scena richiede uno sforzo produttivo enorme:
organico orchestrale smisurato, doppio coro, undici solisti (di cui otto prime
patti), sette ‘quadri’, con cambiamenti di scena all’interno dei singoli
quadri. Richiede anche un pubblico avvezzo: quattro ore di musica ed un
libretto denso di considerazioni filosofiche e teologiche. Non credo sia mai
stato messo in scena in Italia. Alcuni anni fa ce ne fu un’ottima produzione a
Monaco di Baviera.
Il protagonista modellato sul pittore Mathis Grünewald, è preso nelle
vicende storico politiche del Cinquecento (guerra di religione, rivolte dei
contadini contro l’aristocrazia feudale) e deve scegliere se scendere in campo
o restare nella torre eburnea della sua arte. L’azione politica – quasi tutti i
personaggi del lavoro sono realmente esistiti – sembra essere più forte
dell’arte. Sino a quando, in una delle scene finali, Mathis si immagina
nel ruolo di Sant’Antonio di fronte alle tentazioni e riceve il consiglio di
dedicarsi all’immortalità dell’arte piuttosto che alla politica. L’opera ha
debuttato nel 1938, quando il tema del ruolo dell’intellettuale e la politica
era di grande attualità (si pensi a La Trahison des Clercs di Julien
Benda).
Ho esaminato altrove gli aspetti più spiccatamente
tecnico-musicologi del lavoro. Qui occorre rilevare che Hindemith, dopo aver
filtrato con l’avanguardia della prima metà del Novecento, ritorna , con Mathis
der Maler, alla scrittura tonale, con arie, dueti, sestetti, concertati,
interludi sinfonici
La messa in scena rischierebbe un grandioso apparato. A Bucarest lo
si è sostituito con proiezioni multimediali curate da Carmen Lidia Vidu e dai
suoi colleghi: basate su opere di Grünewald e della sua epoca (con elementi di
arte contemporanea romena). Un modo astuto per superare l’ostacolo. Un modo che
ha richiesto, senza dubbio, enorme lavoro di ricerca ed animazione.
Gli aspetti musicali erano affidati ad uno dei maggior esperti del
Novecento, Lawrence Foster, allievo lui stesso di Hindemith quando il
compositore insegnava all’Università della California a Los Angeles.
L’Orchestra della Radio Nazionale Romena ed il Coro Accademico della Radio
Romena fornivano il vastissimo organico. Direzione di grande livello che ha
colto tutte le sfumature di una partitura complessa.
Voci di altissimo livello, ad iniziare dal protagonista Lester
Lynch (Mathis), un baritono di altissima qualità e di grande presenza scenica
(anche in un’esecuzione in forma di concerto) con una modulazione perfetta per
i ruoli verdiani (li ha cantati anche alla Scala).
Il suo deuteragonista il tenore wagneriano Torsten Kerl (Albrecht
von Brandenburg); non lo ascoltavo dal vivo dal 2004 a Vienna (in Die tote
Stadt di Korngold); ha acquistato qualche chilo ma ha mantenuto una voce
chiara e squillante che sa scivolare perfettamente nei pianissimi (che in Mathis
hanno un ruolo essenziale). Bello rivedere Falk Struckmann (Riedinger),
uno dei protagonisti del Ring fiorentino di Mehta, Ronconi e Pizzi nel
1978-82; è ancora freschissimo. Nel gruppo maschile, da notare l’austriaco
Norbert Ernst (Hans Schwalb), spesso ascoltato in Strauss e Wagner e due voci
promettenti Cosmin Ifrim (Sylvester) e Peter Galliard (Wolfgang Capito). Nel
gruppo femminile, eccelle Brigette Pinter (Ursula), un soprano wagneriano di
fama in grado di scendere a registri molto bassi. Di buon livello Katerina
Tretyakova (Regina), un soprano lirico di coloratura, e Stilla Grigorian
(Contessa Helfenstein), un abile contralto.
L’opera – si è detto – è ardua. Dopo la prima parte (oltre due
ore), la grande sala (4000 posti) ha perso parte del pubblico . I restanti (pur
sempre almeno 2000) hanno risposto con applausi ed ovazioni,
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