Caravaggio in musica. Al
Festival Pergolesi Spontini di Jesi
By
-
20 settembre
2017
Il noto
festival marchigiano ha da poco calato il sipario sulla diciassettesima
edizione. Fra gli spettacoli andati in scena compare anche l’opera ispirata a
un “falso d’autore”: il diario del soggiorno di Caravaggio a Malta e in
Sicilia, narrato da Camilleri nel romanzo che dà il titolo alla pièce.
Il colore
del sole. Regia Lucio Gregoretti. Festival Pergolesi Spontini, Jesi 2017. Photo
Stefano Binci
Quando
diciassette anni fa, Jesi (e vari comuni dell’area) diedero vita al Festival
Pergolesi Spontini in onore dei due musicisti lì nati, molti pensarono che
l’iniziativa avrebbe avuto il fiato corto: Pergolesi è morto a 26 anni
(e la sua produzione non è, quindi, molto vasta) e le opere composte da Spontini
per le corti imperiali di Francia e di Prussia richiedono mezzi che anche la
Scala e il Teatro dell’Opera di Roma hanno difficoltà a mettere in campo.
Tuttavia, in questi diciassette anni, il festival ha prodotto l’integrale di
Pergolesi (disponibile in un elegante cofanetto dvd) e riesumato le opere del periodo
napoletano e del primo periodo francese di Spontini. Questa edizione riguarda
“il falso d’autore”, ossia lavori quasi certamente apocrifi ma di artisti di
livello.
Un “falso d’autore” è il diario del soggiorno di Caravaggio a Malta e in Sicilia, quale visto nel romanzo di Andrea Camilleri Il colore del sole, da cui Lucio Gregoretti ha tratto un’opera in un atto. Il lavoro ha debuttato l’8 settembre al Teatro Pergolesi di Jesi, l’opera è coprodotta con il Teatro Luciano Pavarotti di Modena dove sarà in scena in ottobre ed è stata realizzata in collaborazione con il complesso Roma Sinfonietta e l’Accademia d’Arte Lirica di Osimo.
Un “falso d’autore” è il diario del soggiorno di Caravaggio a Malta e in Sicilia, quale visto nel romanzo di Andrea Camilleri Il colore del sole, da cui Lucio Gregoretti ha tratto un’opera in un atto. Il lavoro ha debuttato l’8 settembre al Teatro Pergolesi di Jesi, l’opera è coprodotta con il Teatro Luciano Pavarotti di Modena dove sarà in scena in ottobre ed è stata realizzata in collaborazione con il complesso Roma Sinfonietta e l’Accademia d’Arte Lirica di Osimo.
Il colore
del sole. Regia Lucio Gregoretti. Festival Pergolesi Spontini, Jesi 2017. Photo
Stefano Binci
CARAVAGGIO, UN UOMO IN FUGA
Nell’opera
si ricostruisce uno dei periodi più oscuri e burrascosi della vita di
Caravaggio, quello da lui trascorso tra Napoli, Malta e la Sicilia fra il 1606
e il 1608. Sul pittore, inseguito dalle guardie del Papa e dell’Ordine di
Malta, pende infatti una condanna alla decapitazione per l’omicidio di Ranuccio
Tommasoni, avvenuto a causa di una discussione sorta durante una partita al
gioco della pallacorda. L’artista è un uomo in fuga, perseguitato da mille
ossessioni (tra cui il sogno ricorrente di un cane feroce che tenta di
assalirlo) e condizionato da una sorta di fotofobia, probabilmente di natura
psicosomatica, che lo costringe a vedere “il sole nero” e a vivere le sue
giornate come in una eclissi di sole permanente.
L’aspetto più interessante del lavoro è quello musicale. L’organico è costituito da un attore e da un doppio coro di voci soliste che amplifica e sottolinea l’umanità tormentata di Caravaggio. Le voci sono usate alternativamente come soliste, come evocative di personaggi autentici o simbolici, tutte voci interiori di Caravaggio, ovvero come coro, utilizzato principalmente in modo onomatopeico, come un’estensione degli strumenti, che a volte sviluppa brevi frammenti di testo in forma madrigalistica ma non ha quasi mai una funzione narrativa vera e propria. Il coro serve soprattutto a stabilire la cifra sonora tipica della musica polifonica rinascimentale e barocca. Pur trattandosi di musica interamente nuova, la scrittura musicale del coro farà comunque a volte riferimento a moduli antichi, richiamando qua e là in maniera straniata la musica dell’epoca, come il testo ne evoca il linguaggio verbale.
L’aspetto più interessante del lavoro è quello musicale. L’organico è costituito da un attore e da un doppio coro di voci soliste che amplifica e sottolinea l’umanità tormentata di Caravaggio. Le voci sono usate alternativamente come soliste, come evocative di personaggi autentici o simbolici, tutte voci interiori di Caravaggio, ovvero come coro, utilizzato principalmente in modo onomatopeico, come un’estensione degli strumenti, che a volte sviluppa brevi frammenti di testo in forma madrigalistica ma non ha quasi mai una funzione narrativa vera e propria. Il coro serve soprattutto a stabilire la cifra sonora tipica della musica polifonica rinascimentale e barocca. Pur trattandosi di musica interamente nuova, la scrittura musicale del coro farà comunque a volte riferimento a moduli antichi, richiamando qua e là in maniera straniata la musica dell’epoca, come il testo ne evoca il linguaggio verbale.
Il colore
del sole. Regia Lucio Gregoretti. Festival Pergolesi Spontini, Jesi 2017. Photo
Stefano Binci
LA MESSA IN SCENA
Direttore de
Il colore del sole è Gabriele Bonolis sul podio dell’Ensemble
Roma Sinfonietta; regia, scene, drammaturgia video sono di Cristian
Taraborrelli, costumi di Angela Buscemi, video di Fabio Massimo
Iaquone, mentre il light designer è Alessandro Carletti. Nel cast
figurano l’attore Massimo Odierna e un gruppo di giovani cantanti: Cristina
Neri, Anastasia Pirogova, Daniele Adriani, Renzo
Ran, Claudia Nicole Calabrese, Natsuko Kita, Jaime
Canto Navarro, Carlo Feola.
Come a tutte le opere nuove, con un tocco sperimentale, le auguriamo di circuitare e di venire affinata da ripresa a ripresa.
Di grandissimo interesse la messa Horme Armè ascoltata, nell’ambito del festival, alla Basilica di Loreto la sera del 9 settembre. È musica di chiesa per “uomini armati”, ossia in procinto di andare in guerra. È musica borgognona fiamminga del Quattrocento e del Cinquecento per un complesso di soli uomini (tre controtenore, quattro tenori, due bassi). È stata verosimilmente composta in occasione della scomparsa del compositore fiammingo Johannes Ockeghen da suoi allievi come Josquin Desprez, Pierre de la Rue, Antoine Brunel e Loyset Compère. È una esaltazione delle polifonia che il complesso Odhecaton diretto da Paolo Dal Col ha reso stupendamente.
Come a tutte le opere nuove, con un tocco sperimentale, le auguriamo di circuitare e di venire affinata da ripresa a ripresa.
Di grandissimo interesse la messa Horme Armè ascoltata, nell’ambito del festival, alla Basilica di Loreto la sera del 9 settembre. È musica di chiesa per “uomini armati”, ossia in procinto di andare in guerra. È musica borgognona fiamminga del Quattrocento e del Cinquecento per un complesso di soli uomini (tre controtenore, quattro tenori, due bassi). È stata verosimilmente composta in occasione della scomparsa del compositore fiammingo Johannes Ockeghen da suoi allievi come Josquin Desprez, Pierre de la Rue, Antoine Brunel e Loyset Compère. È una esaltazione delle polifonia che il complesso Odhecaton diretto da Paolo Dal Col ha reso stupendamente.
‒ Giuseppe
Pennisi
Nessun commento:
Posta un commento