LA TRILOGIA DEL POTERE
A SALISBURGO
Giuseppe
Pennisi
Salisburgo,
Felsenreitschule, 20 agosto 2017
REIMANN
Lear G. Finley, E. Herlitzius, G.-B.
Barkmin, A. Prohaska, L. Vasar, K. Wessel, C. Workman, M. Maertens, M. Klink,
D. Welton, M. Colvin, T. Rönnebeck, F. Gruber, V. Wahl; Wiener Philharmoniker e
Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor, direttore Franz Welser-Möst regia Simon
Stone scene Bob Cousins costumi Mel Page luci Nick Schlieper maestro del coro Huw Rhys James drammaturgo Christian
Arseni
Salisburgo, Grosses Festspielhaus, 21 agosto 2017
SHOSTAKOVICH Lady Macbeth
von Mzensk E. Muraveva, B. Jovanovich, D. Ulyanov, M. Paster, A. Popov, S.
Trofimov, A. Shishlyaev, K. Dudnikova, A. Goniukov, O. Budaratskiy, V. Efimov,
V. Anikin, I. Onishchenko, G. Peryazev, M. Müller, O. Zalytskiy, I. Kutyukin;
Wiener Philharmoniker e Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor, direttore Mariss Jansons regia Andreas Kriegenburg scene Harald B. Thor costumi Tanja Hofmann luci Stefan Bolliger maestro del coro Ernst Raffelsberger drammaturgo Christian Arseni
Salisburgo, Haus für Mozart, 24 agosto 2017
BERG Wozzeck M.
Goerne, J. Daszak, M. Peter, G. Siegel, J. Larsen, T. Schabel, Huw Montague
Rendall, H. Göhrig, A. Grigorian, F. Pappas, B. Höft, M. Guex, A. Fabi, C.
Carus, G. Schulz; Wiener Philharmoniker, Konzertvereinigung Wiener
Staatsopernchor e Salzburger Festspiele und Theater Kinderchor, direttore Vladimir Jurowski regia William Kentridge con Luc De Witt scene Sabine Theunissen costume Greta
Goiris video Catherine Meyburgh
con Kim Gunning luci Urs Schönebaum maestro del coro Ernst Raffelsberger coro bambini Wolfgang Götz
PREMESSA
Il
Festival Estivo di Salisburgo (21 luglio – 30 agosto) non è una manifestazione
a tema: Nelle varie forme di spettacolo dal vivo (concertistica, lirica,
dramma, balletto) si intrecciano, in circa 200 rappresentazioni, vari filoni che possono
essere considerati come gli argomenti fondanti del Festival. Quest’anno, uno di
questi temi è il potere (inteso in senso lato) sia nella lirica sia nella
prosa. Nel mio soggiorno a Salisburgo ho scelto tre opere che riguardano la
brama di potere , unita spesso alla brama di sesso ed alla violenza. Ho fatto
in tal modo anche un viaggio alla radici
del modernismo. Ossia della musica moderna e contemporanea.
In ordine cronologico di prima rappresentazione (inverso a quello della
mia visione ed ascolto dei singoli spettacoli a Salisburgo) Wozzeck, Lady
Macbeth del Distretto di Mtsensk , Lear
sono tre opere del Novecento che
non sono unicamente tre dei maggiori
lavori del teatro in musica del secolo ma caratterizzano il cambiamento degli
stilemi musicali e dello stesso linguaggio e plasmano le forme ed lessico più
moderni del genere.
Wozzeck fu all’epoca
così innovativa che , nel 1925, la sua prima esecuzione allo Staatsoper Unter
den Linden di Berlino necessitò, secondo le cronache dell’epoca, ben 137 prove
sotto la direzione scrupolosa di Erich Kleiber. Non solo il dramma in musica aveva
una trama quanto mai insolita, ma i suoi suoni atonali, spinti al massimo delle
tonalità maggiori e minori, erano difficili da interpretare e da ascoltare.
Berg aveva condensato il dramma di Georg Büchner in tre atti di cinque scene
ciascuno, dando un andamento quasi cinematografico al lavoro. Pur se
rappresentata di frequente, meno nota in Italia è Lady Macbeth del Distretto
di Mtsensk di Dmitri Shostakovich . Alcuni giorni dopo la prima mondiale a
Mosca il 22 gennaio 1934 , venne bandita
nell’Unione Sovietica in seguito ad un articolo sulla ‘Pravda’ (attribuito a
Stalin in persona ) intitolato ‘Caos anziché musica’. La prima
rappresentazione in Italia avvenne a La Fenice nel quadro del Festival di
Musica Contemporanea nel 1947 . Lear
di Aribert Reimann (prima assoluta nel 1978 a Monaco di Baviera con. come
protagonista. Dietrich Fischer- Dieskau , che aveva suggerito il testo al
compositore,) , è di frequente in scena in Germania, in Austria e negli USA,
nonché in Francia, Gran Bretagna ed anche Svezia, In Italia, che io ricordi, ha avuto una unica produzione :per
l’inaugurazione della stagione 2001-2002 del Teatro Regio di Torino con la
bacchetta di Arthur Fagen , la regia di
Luca Ronconi, le scene di Margherita Palli e i costumi di Vera Marzot.Viene considerata uno dei
grandi successi dell’opera contemporanea. E’ tratta dalla tragedia di
Shakespeare (da cui Verdi avrebbe voluto comporre un melodramma), è il dramma
della solitudine con il vecchio Lear tradito da due delle figlie . A differenza
di Lady Macbeth del Distretto di
Mtsensk, densa di espressionismo
ed acido naturalismo, Lear è un’opera interamente atonale. In
breve, A Salisburgo ha seguito un percorso dal moderno al contemporaneo.
WOZZECK Wozzeck di Alban Berg inizia la trilogia del potere che costituisce
una parte centrale Festival Estivo di Salisburgo 2017, sotto il profilo sia
drammaturgico sia operistico . Il debutto della produzione al Festival è stato
l’8 agosto ; ho visto ed ascoltato la replica del 24 agosto. E’ una
coproduzione con Toronto e Sydney; è possibile che venga ripresa altrove.
Sono passati quasi cento anni dal suo debutto a
Berlino, ma l’opera è fresca ed innovativa così come lo era allora. Riassume il
dramma di Büchner del 1830 (25 scene, circa tre ore di spettacolo) in 90 minuti
in tre atti, ciascuno di cinque brevi scene. Si
presta, come a Salisburgo, ad una rappresentazione senza intervallo.
Ciascuna scena segue una forma musicale specifica Tramite il dramma del soldato
semplice il quale, sfruttato dai superiori (o che si fa sfruttare per
guadagnare qualche soldo di più per arrotondare la sua misera paga), che è
tradito dalla moglie con il più attraente Tamburo Maggiore della banda della compagnia, e
, quindi, diventa omicida e suicida, Berg presenta un viaggio verso l’abisso
nel contesto di una visione fortemente pessimistica dell’avventura umana.
L’allestimento si differenzia profondamente dalle ultime recensite su questa
testata, quelle viste ed ascoltate al Teatro alla Scala di Milano tra il 1997
ed il 2015 in cui la regia di Jürgen Flimm presentava i personaggio
(particolarmente quelli secondari) come estraniati (e malvagi) ,
giustapponendoli ai veri reietti, Wozzeck e Marie.
Vengono messi sullo sfondo, tutti gli orpelli
filosofici che pur caratterizzano il dramma di Büchner. La regia di William Kentridge
è incentrata sul dramma umano del
protagonista e dei suoi interlocutori in un ambiente in cui l’umanità è sempre
in guerra. Condivido l’opinione del New
York Times che è la migliore, sino ad ora, regia di Kentridge per il teatro
in musica.
La scena è una montagna di piattaforme sempre in
bilico, frammenti di scale di legno, mobili abbandonati . Su alcuni schermi
vengono proiettate scene, della Prima Guerra Mondiale (in cui Berg servì anche
al fronte) e disegni caricaturali. Si passa rapidamente da interni ad esterni,
dalla casa di Wozzeck, allo studio del Dottore, all’ufficio del Capitano, alle
taverne, al bosco, alla struggente
piazza di villaggio i cui gli abitanti apprendono della morte di Marie mentre
il figlio dei due protagonisti continua a giocare sul cavallo a dondolo in ‘mi
minore’, un finale straziante. Il clima è sempre cupo e straziante.
La regia di Kentridge (ed il lavoro del suo consueto
team, Luc de Wit co-regista, Sabine Theunissen scene, Greta Goiris costumi,
Catherine Meyburgh, video) non sarebbe sufficiente al gran rilievo dello
spettacolo senza l’apporto dell’orchestra e dei cantanti. I Wiener
Philharmoniker, guidati di Vladimir Jurowski in grande forma, danno una grande
sonorità alla dodecafonia della seconda scuola di Vienna, rendono emozionante e
commovente tutta la partitura, soprattutto gli interludi. Non eccedono mai
nell’enfasi, trattano la scrittura musicale come un’elegia.
Matthias Goerne (Wozzeck) e Asmik Grigorian (Marie)
sono perfetti nei loro ruoli, umanissimi, pacati, senza nessun accenno a
sembrare psicopatici stralunati come avviene in altre produzioni recenti. Il
folto gruppo di personaggi che li attornia appartiene anche lui ad un’umanità
“normale” e per questo ancora più tragica in un mondo di pessimismo cosmico in
cui (tramite le proiezioni, aerei si distruggono in cielo, la terra è solcato da trincee e da ospedali da campo).
Lo spettatore viene lasciato con un interrogativo: è
la Grande Guerra o piuttosto il mondo
sempre in guerra? Ma applaude commosso e di cuore.
LADY
MACBETH VON MZENSK Sono note le vicende dell’opera
Messa all'indice da Stalin in persona nel 1936,
Una Lady Macbeth del distretto di Mzensk (come viene di solito
intitolata in Italia) è forse il dramma in musica con più sesso e violenza
estrema della prima metà del Novecento. E’ tratta da un racconto breve di
Nicolai Leskov della seconda metà dell’Ottocento. Il compositore aveva tra i 25
ed i 27 anni quando adattò, in gran parte di proprio pugno, il racconto e lo
mise in musica. Nel difendersi dalle accuse, che portarono al ritiro dalle
scene ed al rimaneggiamento sostanziale dell'opera (decenni più tardi),
sostenne che il lavoro non tratta della degenerazione dell'amore in violenti
rapporti puramente sessuali ma della natura stessa dell'amore che,
"frustrato dalle condizioni esteriori della vita", deve giungere a
"farsi spazio anche con l'omicidio". La protagonista, Katerina è
l'unico personaggio analizzato a tutto tondo e sostanzialmente positivo; gli
altri sono poco più che caratterizzazioni della società borghese ottocentesca
che Lenin e Stalin volevano distruggere. In diversi momenti, la musica è
pervasa da ironia proprio nei confronti della borghesia.
L'ira di Stalin — si badi bene — non cadeva sulla
vicenda, né sul libretto che potevano venire assunti come critica alle
degenerazioni borghesi che l’'uomo nuovo’avrebbe curato. L'ira era con la
partitura, chiamata "caos non musica". Scrittura difficile, che
richiede un grande organico ed è intrisa del linguaggio del Novecento allora
più moderno; la musica accentua il sesso ed il sangue con la ferocia degli
ottoni (chiamati a sottolineare gli amplessi) e l'arditezza delle soluzioni
timbriche. Utilizza richiami a canti e cori popolari nonché alla "musica
futurista" russa che aveva cultori in quegli anni prima di essere
schiacciata dalla stalinismo. Richiede un enorme organico orchestrale, diciotto
solisti in venti ruoli, un grande coro e frequenti cambiamenti di scene.
Richiede soprattutto una direzione incalzante, veloce, a volte ruvida ma pronta
al tempo stesso a scivolare in afflati lirici negli intermezzi.
A Salisburgo, l'azione drammatica è diretta, con
grande abilità, da uno dei più noti registi teatrali tedeschi: Andreas
Kriegenburg, le scene sono di Harald B. Thor, i costumi di Tanja Hofmann.
Grazie al palcoscenico tecnologico di Salisburgo (a vari livelli e manovrabile
elettronicamente) domina una scena unica che con praticabili, ponti ed ascensor:
ci porta dai locali borghesi del possidente Boris alla camera da letto di
Katerina, alla piazza della piccola città di provincia ed anche alla marcia
nella neve verso la Siberia senza interruzione di scena (l'opera è in quattro
atti e nove quadri) con un ritmo quasi cinematografico e con un unico
intervallo tra il secondo ed il terzo atto. Non siamo nella provincia russa di
tardo Ottocento, ma in un periodo impreciso in un Paese già marxista (a
giudicare dall’architettura e dai costumi che ricordano gli anni cinquanta).
Mariss Jansons è con perizia alla guida dei Wiener
Philharmoniker e del coro della Staatsoper di Vienna. Tra i numerosi
interpreti, occorre ricorda che Nina Stemme ha cantato solo le prime due delle
cinque repliche. E’ stata sostituita da Evgenia Muraveva, giovanissima, bella
(anzi sexy), con una voce che riempie l'enorme sala della Grosses Festpielhaus
del Festival di Salisburgo. Era stata scritturata per un piccolo ruolo ;
secondo programmi, dovrebbe comunque cantare , da protagonista, a San Pietroburgo
la prossima stagione. Ha ricevuto ovazioni dal pubblico. E’ un nome da tenere in mente. Tra i numerosi altri
interpreti è doveroso citare Brandon
Jovanovich (un tenore di razza nel ruolo di Sergej, amante della protagonista,
interessato tanto al sesso quanto al denaro ed al ruolo sociale) e Dmitry
Ulyanov (baritono di grande scuola, nel ruolo di Boris, il libidinoso suocero.
LEAR
Lear,di Aribert Reimann, composta su impulso del baritono
Dietrich Fischer-Dieskau debuttò , con grande successo, al Teatro Nazionale di
Monaco nel 1978. Appartiene all’ultima fase del Novecento. Molto abile il
librettista di Reimann, Claus H. Henneberg. I cinque atti (e le oltre quattro
ore di spettacolo) di Shakespeare vengono ridotti in due,. Il dramma in musica
ha due temi di fondo: la solitudine della stessa generosità e la brama per il
potere (che porta i protagonisti a distruggersi a vicenda). Sul dramma incombe
un verso tristissimo di Shakespeare Quando un bambino viene partorito
piange/ perché sa che arriva nel palcoscenico del mondo. Una visione cupa
in cui anche i migliori (come Cordelia) vengono puniti dal fato. Non è un caso
che l'opera si chiami Lear non Re Lear. Reimann considera il
personaggio shakespeariano il simbolo di ciascuno di noi. Come lo Jedermann
che nel 1920 inaugurò il Festival Estivo di Salisburgo e che da allora viene
replicato nella piazza del Duomo circa 15 volte a ciascuna edizione della
manifestazione. C'è una differenza profonda: mentre Jedermann, di fronte
alla morte trova la Fede in Dio, nel mondo di Lear non c'è spazio per il
trascendente.
Lear è teatro in musica con una smisurata
orchestra (le percussioni sono in un palco nel lato dell'enorme palcoscenico) ed
una scrittura vocale basata sul declamato che si scioglie in ariosi, concertati
e anche arie di bravura per contro-tenori. Bravissimi i Wiener Philharmoniker
diretti da Franz Welser-Möst nell'eseguire la complessa scrittura orchestrale
di Reimann che, ecletticamente, incorpora varie tendenze della seconda metà del
Novecento dando enfasi ai vari gruppi di strumenti e inserendo nel clima cupo
del dramma momenti di squisita tenerezza (gli intermezzi orchestrali, il finale
in ‘pianissimo’).
La vicenda,
attualizzata ai giorni nostri viene rappresentata su una pedana; piena di erbe
e fiori nella prima parte, nuda e spoglia nella seconda. L'allestimento scenico
(regia di Simon Stone, scene di Bob Cousins, costumi di Mel Page) non ha
convinto tutto il pubblico: cosa insolita per Salisburgo, agli applausi al
calar del sipario si sono aggiunti sonori fischi quando è apparso il team
creativo.
Tra i numerosi interpreti, spicca in primo luogo
Gerald Finley nell'impervia parte del protagonista . Un ruolo estenuante in
quanto è quasi sempre in scena anche in ardue posizioni sceniche. Finley utilizza,
con sapienza, vari aspetti della vocalità, dal declamato, all'arioso, all'aria;
magnifici i suoi "pianissimi". Nel gruppo maschile, occorre citare il
controtenore Kai Wessel (Edgar) e Michael Maertens (il buffone), nonché Charles
Workman (Edmund). Nel gruppo femminile, spiccano Evelyn Herlitzius
(Goneril), Anna Prohaska (Cordelia) e Gun-Brit Barkmin.
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