mercoledì 27 settembre 2017

LA TRILOGIA DEL POTERE A SALISBURGO in mensile MUSICA ottobre 2017




LA TRILOGIA DEL POTERE A SALISBURGO
Giuseppe Pennisi
Salisburgo, Felsenreitschule, 20 agosto 2017
REIMANN Lear G. Finley, E. Herlitzius, G.-B. Barkmin, A. Prohaska, L. Vasar, K. Wessel, C. Workman, M. Maertens, M. Klink, D. Welton, M. Colvin, T. Rönnebeck, F. Gruber, V. Wahl; Wiener Philharmoniker e Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor, direttore Franz Welser-Möst regia Simon Stone scene Bob Cousins costumi Mel Page luci Nick Schlieper maestro del coro Huw Rhys James drammaturgo Christian Arseni
Salisburgo, Grosses Festspielhaus, 21 agosto 2017
SHOSTAKOVICH Lady Macbeth von Mzensk E. Muraveva, B. Jovanovich, D. Ulyanov, M. Paster, A. Popov, S. Trofimov, A. Shishlyaev, K. Dudnikova, A. Goniukov, O. Budaratskiy, V. Efimov, V. Anikin, I. Onishchenko, G. Peryazev, M. Müller, O. Zalytskiy, I. Kutyukin; Wiener Philharmoniker e Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor, direttore Mariss Jansons regia Andreas Kriegenburg scene Harald B. Thor costumi Tanja Hofmann luci Stefan Bolliger maestro del coro Ernst Raffelsberger drammaturgo Christian Arseni
Salisburgo, Haus für Mozart, 24 agosto 2017
BERG Wozzeck M. Goerne, J. Daszak, M. Peter, G. Siegel, J. Larsen, T. Schabel, Huw Montague Rendall, H. Göhrig, A. Grigorian, F. Pappas, B. Höft, M. Guex, A. Fabi, C. Carus, G. Schulz; Wiener Philharmoniker, Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor e Salzburger Festspiele und Theater Kinderchor, direttore Vladimir Jurowski regia William Kentridge con Luc De Witt scene Sabine Theunissen costume Greta Goiris video Catherine Meyburgh con Kim Gunning luci Urs Schönebaum maestro del coro Ernst Raffelsberger coro bambini Wolfgang Götz
PREMESSA Il Festival Estivo di Salisburgo (21 luglio – 30 agosto) non è una manifestazione a tema: Nelle varie forme di spettacolo dal vivo (concertistica, lirica, dramma, balletto) si intrecciano, in circa 200  rappresentazioni, vari filoni che possono essere considerati come gli argomenti fondanti del Festival. Quest’anno, uno di questi temi è il potere (inteso in senso lato) sia nella lirica sia nella prosa. Nel mio soggiorno a Salisburgo ho scelto tre opere che riguardano la brama di potere , unita spesso alla brama di sesso ed alla violenza. Ho fatto in tal modo anche  un viaggio alla radici del modernismo. Ossia della musica moderna e contemporanea.
In ordine cronologico di prima rappresentazione (inverso a quello della mia visione ed ascolto dei singoli spettacoli a Salisburgo) Wozzeck, Lady Macbeth del Distretto di  Mtsensk , Lear sono tre opere del Novecento che non sono unicamente  tre dei maggiori lavori del teatro in musica del secolo ma caratterizzano il cambiamento degli stilemi musicali e dello stesso linguaggio e plasmano le forme ed lessico più moderni del genere.
Wozzeck fu all’epoca così innovativa che , nel 1925, la sua prima esecuzione allo Staatsoper Unter den Linden di Berlino necessitò, secondo le cronache dell’epoca, ben 137 prove sotto la direzione scrupolosa di Erich Kleiber. Non solo il dramma in musica aveva una trama quanto mai insolita, ma i suoi suoni atonali, spinti al massimo delle tonalità maggiori e minori, erano difficili da interpretare e da ascoltare. Berg aveva condensato il dramma di Georg Büchner in tre atti di cinque scene ciascuno, dando un andamento quasi cinematografico al lavoro. Pur se rappresentata di frequente, meno nota in Italia è Lady Macbeth del Distretto di  Mtsensk di Dmitri Shostakovich . Alcuni giorni dopo la prima mondiale a Mosca il  22 gennaio 1934 , venne bandita nell’Unione Sovietica in seguito ad un articolo sulla ‘Pravda’ (attribuito a Stalin in persona ) intitolato ‘Caos anziché musica’. La prima rappresentazione in Italia avvenne a La Fenice nel quadro del Festival di Musica Contemporanea nel 1947 . Lear di Aribert Reimann (prima assoluta nel 1978 a Monaco di Baviera con. come protagonista. Dietrich Fischer- Dieskau , che aveva suggerito il testo al compositore,) , è di frequente in scena in Germania, in Austria e negli USA, nonché in Francia, Gran Bretagna ed anche Svezia, In Italia, che io ricordi, ha avuto una unica produzione :per l’inaugurazione della stagione 2001-2002 del Teatro Regio di Torino con la bacchetta di Arthur Fagen , la  regia di Luca Ronconi, le scene di Margherita Palli e i costumi di Vera  Marzot.Viene considerata uno dei grandi successi dell’opera contemporanea. E’ tratta dalla tragedia di Shakespeare (da cui Verdi avrebbe voluto comporre un melodramma), è il dramma della solitudine con il vecchio Lear tradito da due delle figlie . A differenza di Lady Macbeth del Distretto di  Mtsensk, densa di espressionismo ed acido naturalismo, Lear è un’opera interamente atonale. In breve, A Salisburgo ha seguito un percorso dal moderno al contemporaneo.

WOZZECK Wozzeck di Alban Berg inizia la trilogia del potere che costituisce una parte centrale Festival Estivo di Salisburgo 2017, sotto il profilo sia drammaturgico sia operistico . Il debutto della produzione al Festival è stato l’8 agosto ; ho visto ed ascoltato la replica del 24 agosto. E’ una coproduzione con Toronto e Sydney; è possibile che venga ripresa altrove.

Sono passati quasi cento anni dal suo debutto a Berlino, ma l’opera è fresca ed innovativa così come lo era allora. Riassume il dramma di Büchner del 1830 (25 scene, circa tre ore di spettacolo) in 90 minuti in tre atti, ciascuno di cinque brevi scene. Si  presta, come a Salisburgo, ad una rappresentazione senza intervallo. Ciascuna scena segue una forma musicale specifica Tramite il dramma del soldato semplice il quale, sfruttato dai superiori (o che si fa sfruttare per guadagnare qualche soldo di più per arrotondare la sua misera paga), che è tradito dalla moglie con il più attraente  Tamburo Maggiore della banda della compagnia, e , quindi, diventa omicida e suicida, Berg presenta un viaggio verso l’abisso nel contesto di una visione fortemente pessimistica dell’avventura umana. L’allestimento si differenzia profondamente dalle ultime recensite su questa testata, quelle viste ed ascoltate al Teatro alla Scala di Milano tra il 1997 ed il 2015 in cui la regia di Jürgen Flimm presentava i personaggio (particolarmente quelli secondari) come estraniati (e malvagi) , giustapponendoli ai veri reietti, Wozzeck e Marie.
Vengono messi sullo sfondo, tutti gli orpelli filosofici che pur caratterizzano il dramma di Büchner. La regia di William Kentridge  è incentrata sul dramma umano del protagonista e dei suoi interlocutori in un ambiente in cui l’umanità è sempre in guerra. Condivido l’opinione del New York Times che è la migliore, sino ad ora, regia di Kentridge per il teatro in musica.
La scena è una montagna di piattaforme sempre in bilico, frammenti di scale di legno, mobili abbandonati . Su alcuni schermi vengono proiettate scene, della Prima Guerra Mondiale (in cui Berg servì anche al fronte) e disegni caricaturali. Si passa rapidamente da interni ad esterni, dalla casa di Wozzeck, allo studio del Dottore, all’ufficio del Capitano, alle taverne, al bosco,  alla struggente piazza di villaggio i cui gli abitanti apprendono della morte di Marie mentre il figlio dei due protagonisti continua a giocare sul cavallo a dondolo in ‘mi minore’, un finale straziante. Il clima è sempre cupo e straziante.
La regia di Kentridge (ed il lavoro del suo consueto team, Luc de Wit co-regista, Sabine Theunissen scene, Greta Goiris costumi, Catherine Meyburgh, video) non sarebbe sufficiente al gran rilievo dello spettacolo senza l’apporto dell’orchestra e dei cantanti. I Wiener Philharmoniker, guidati di Vladimir Jurowski in grande forma, danno una grande sonorità alla dodecafonia della seconda scuola di Vienna, rendono emozionante e commovente tutta la partitura, soprattutto gli interludi. Non eccedono mai nell’enfasi, trattano la scrittura musicale come un’elegia.
Matthias Goerne (Wozzeck) e Asmik Grigorian (Marie) sono perfetti nei loro ruoli, umanissimi, pacati, senza nessun accenno a sembrare psicopatici stralunati come avviene in altre produzioni recenti. Il folto gruppo di personaggi che li attornia appartiene anche lui ad un’umanità “normale” e per questo ancora più tragica in un mondo di pessimismo cosmico in cui (tramite le proiezioni, aerei si distruggono in cielo, la terra  è solcato da trincee e da ospedali da campo).
Lo spettatore viene lasciato con un interrogativo: è la Grande Guerra o piuttosto il mondo  sempre in guerra? Ma applaude commosso e di cuore.
LADY MACBETH  VON MZENSK Sono note le vicende dell’opera Messa all'indice da Stalin in persona nel 1936,  Una Lady Macbeth del distretto di Mzensk (come viene di solito intitolata in Italia) è forse il dramma in musica con più sesso e violenza estrema della prima metà del Novecento. E’ tratta da un racconto breve di Nicolai Leskov della seconda metà dell’Ottocento. Il compositore aveva tra i 25 ed i 27 anni quando adattò, in gran parte di proprio pugno, il racconto e lo mise in musica. Nel difendersi dalle accuse, che portarono al ritiro dalle scene ed al rimaneggiamento sostanziale dell'opera (decenni più tardi), sostenne che il lavoro non tratta della degenerazione dell'amore in violenti rapporti puramente sessuali ma della natura stessa dell'amore che, "frustrato dalle condizioni esteriori della vita", deve giungere a "farsi spazio anche con l'omicidio". La protagonista, Katerina è l'unico personaggio analizzato a tutto tondo e sostanzialmente positivo; gli altri sono poco più che caratterizzazioni della società borghese ottocentesca che Lenin e Stalin volevano distruggere. In diversi momenti, la musica è pervasa da ironia proprio nei confronti della borghesia.
L'ira di Stalin — si badi bene — non cadeva sulla vicenda, né sul libretto che potevano venire assunti come critica alle degenerazioni borghesi che l’'uomo nuovo’avrebbe curato. L'ira era con la partitura, chiamata "caos non musica". Scrittura difficile, che richiede un grande organico ed è intrisa del linguaggio del Novecento allora più moderno; la musica accentua il sesso ed il sangue con la ferocia degli ottoni (chiamati a sottolineare gli amplessi) e l'arditezza delle soluzioni timbriche. Utilizza richiami a canti e cori popolari nonché alla "musica futurista" russa che aveva cultori in quegli anni prima di essere schiacciata dalla stalinismo. Richiede un enorme organico orchestrale, diciotto solisti in venti ruoli, un grande coro e frequenti cambiamenti di scene. Richiede soprattutto una direzione incalzante, veloce, a volte ruvida ma pronta al tempo stesso a scivolare in afflati lirici negli intermezzi.
A Salisburgo, l'azione drammatica è diretta, con grande abilità, da uno dei più noti registi teatrali tedeschi: Andreas Kriegenburg, le scene sono di Harald B. Thor, i costumi di Tanja Hofmann. Grazie al palcoscenico tecnologico di Salisburgo (a vari livelli e manovrabile elettronicamente) domina una scena unica che con praticabili, ponti ed ascensor: ci porta dai locali borghesi del possidente Boris alla camera da letto di Katerina, alla piazza della piccola città di provincia ed anche alla marcia nella neve verso la Siberia senza interruzione di scena (l'opera è in quattro atti e nove quadri) con un ritmo quasi cinematografico e con un unico intervallo tra il secondo ed il terzo atto. Non siamo nella provincia russa di tardo Ottocento, ma in un periodo impreciso in un Paese già marxista (a giudicare dall’architettura e dai costumi che ricordano gli anni cinquanta).
Mariss Jansons è con perizia alla guida dei Wiener Philharmoniker e del coro della Staatsoper di Vienna. Tra i numerosi interpreti, occorre ricorda che Nina Stemme ha cantato solo le prime due delle cinque repliche. E’ stata sostituita da Evgenia Muraveva, giovanissima, bella (anzi sexy), con una voce che riempie l'enorme sala della Grosses Festpielhaus del Festival di Salisburgo. Era stata scritturata per un piccolo ruolo ; secondo programmi, dovrebbe comunque cantare , da protagonista, a San Pietroburgo la prossima stagione. Ha ricevuto ovazioni dal pubblico. E’ un nome da  tenere in mente. Tra i numerosi altri interpreti  è doveroso citare Brandon Jovanovich (un tenore di razza nel ruolo di Sergej, amante della protagonista, interessato tanto al sesso quanto al denaro ed al ruolo sociale) e Dmitry Ulyanov (baritono di grande scuola, nel ruolo di Boris, il libidinoso suocero.
LEAR
Lear,di Aribert Reimann, composta su impulso del baritono Dietrich Fischer-Dieskau debuttò , con grande successo, al Teatro Nazionale di Monaco nel 1978. Appartiene all’ultima fase del Novecento. Molto abile il librettista di Reimann, Claus H. Henneberg. I cinque atti (e le oltre quattro ore di spettacolo) di Shakespeare vengono ridotti in due,. Il dramma in musica ha due temi di fondo: la solitudine della stessa generosità e la brama per il potere (che porta i protagonisti a distruggersi a vicenda). Sul dramma incombe un verso tristissimo di Shakespeare Quando un bambino viene partorito piange/ perché sa che arriva nel palcoscenico del mondo. Una visione cupa in cui anche i migliori (come Cordelia) vengono puniti dal fato. Non è un caso che l'opera si chiami Lear non Re Lear. Reimann considera il personaggio shakespeariano il simbolo di ciascuno di noi. Come lo Jedermann che nel 1920 inaugurò il Festival Estivo di Salisburgo e che da allora viene replicato nella piazza del Duomo circa 15 volte a ciascuna edizione della manifestazione. C'è una differenza profonda: mentre Jedermann, di fronte alla morte trova la Fede in Dio, nel mondo di Lear non c'è spazio per il trascendente.
 Lear è teatro in musica con una smisurata orchestra (le percussioni sono in un palco nel lato dell'enorme palcoscenico) ed una scrittura vocale basata sul declamato che si scioglie in ariosi, concertati e anche arie di bravura per contro-tenori. Bravissimi i Wiener Philharmoniker diretti da Franz Welser-Möst nell'eseguire la complessa scrittura orchestrale di Reimann che, ecletticamente, incorpora varie tendenze della seconda metà del Novecento dando enfasi ai vari gruppi di strumenti e inserendo nel clima cupo del dramma momenti di squisita tenerezza (gli intermezzi orchestrali, il finale in ‘pianissimo’).
La vicenda, attualizzata ai giorni nostri viene rappresentata su una pedana; piena di erbe e fiori nella prima parte, nuda e spoglia nella seconda. L'allestimento scenico (regia di Simon Stone, scene di Bob Cousins, costumi di Mel Page) non ha convinto tutto il pubblico: cosa insolita per Salisburgo, agli applausi al calar del sipario si sono aggiunti sonori fischi quando è apparso il team creativo.
Tra i numerosi interpreti, spicca in primo luogo Gerald Finley nell'impervia parte del protagonista . Un ruolo estenuante in quanto è quasi sempre in scena anche in ardue posizioni sceniche. Finley utilizza, con sapienza, vari aspetti della vocalità, dal declamato, all'arioso, all'aria; magnifici i suoi "pianissimi". Nel gruppo maschile, occorre citare il controtenore Kai Wessel (Edgar) e Michael Maertens (il buffone), nonché Charles Workman (Edmund). Nel gruppo femminile, spiccano Evelyn Herlitzius (Goneril), Anna Prohaska (Cordelia) e Gun-Brit Barkmin.

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