Che cosa succede al Teatro
dell’Opera di Roma
L’autunno si
è aperto al Teatro dell’Opera di Roma con un elegante spettacolo di balletti,
settore su cui la fondazione sta puntando come indicato dalla nomina di Eleonora
Abbagnato a direttrice del corpo di ballo, ed intensificata l’attività non
solo in sede ma anche altrove (quali le rappresentazioni estive al Teatro
Grande di Pompei).
La serata,
una ripresa in gran misura di uno spettacolo già visto nel 2013 (alle Terme di
Caracalla) e nel 1992, contiene un nuovo breve balletto (Le Jeune Homme et
la Mort) tra i due balletti dello spettacolo originale (Carmen et
l’Arlésienne) ambedue su musica di Bizet. Ho assistito alla diurna del 10
settembre.
Iniziamo da
questo nuovo balletto, basato su una poesia di Cocteau e con musiche di
Bach. La scene sono di Georges Wakhévitch. In una soffitta parigina, un
giovane sa di essere in punto di morte e pensa di commettere suicidio. Una
bella ragazza arriva all’improvviso nel suo appartamento; il giovane sembra
acquisire nuova speranza ed amore per la vita. Ma la Donna è la Morte. Un
balletto struggente con Eleonora Abbagnato in pieno splendore ed un eccellente Stéphane
Bullion.
Passiamo
agli altri due che hanno come matrice comune la musica di Georges Bizet
e tragiche vicende d’amore: L’Arlésienne e Carmen, nel caldo sole
della Provenza, il primo e di Siviglia il secondo. Il primo balletto, tratto da
una novella di Alphonse Daudet, risale al 1974 e riguarda la
passione che porta un giovane uomo alla follia e alla morte. Il secondo, del
1949, riassume in 45 minuti i momenti salienti di una delle opere più
rappresentate al mondo, semplificando la trama e ponendo l’accento sull’amore
sensuale tra Carmen e Don José eliminando il personaggio di Micaela e riducendo
al minimo quello di Escamillo.
In primo
luogo, molto belle le scene: ispirate a Van Gogh quelle de L’Arlésienne
e a Picasso quelle di Carmen. Ne L’Arlésienne il sole accecante
del primo quadro (un matrimonio apparentemente gioioso che dovrebbe siglare la
pace tra due famiglie dopo anni di liti campagnole) viene sostituito, nel
secondo quadro, da un interno in nero, quasi tombale, nella scena finale. In Carmen
siamo in una Siviglia astratta e visionaria ed in una Sierra stilizzata
prima di approdare in un’arena in cui gli spettatori alla corrida sembrano
ritratti di defunti. In secondo luogo, la musica di Bizet non è certo lo
standard natalizio, ma ha una forte presa sugli spettatori. Quelle che erano,
inizialmente, musiche di scena per L’Arlésienne, diventano la base per
una coreografia moderna e compatta. La Carmen suite, su cui si basa il
terzo balletto, trasuda eros e morte – comme il faut.
Ottimo corpo
di ballo ed interpreti secondari. L’atletico Alessio Rezza primeggia in L’Arlésienne,
Rebecca Bianchi e Claudio Cocino in Carmen.
(Foto:
©Yasuko-Kageyama-HD)
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