Bucarest,
Festival Enescu, Sala Mare a Palatului, 13 settembre 2017 ore 20
HINDEMITH Mathis
del Maler L.
Lynch, N. Ernst, K. Tretyakova, T. Kerl, M. Snell, C. Ifrim, F. Struckmann, B.
Pinter, P. Galliard, S. Grigorian, A. Anca; Orchestra Nazionale della Radio
Romena e Coro Accademico della Radio Romena, direttore Lawrence Foster video Carmen
Lidia Vidu
E’ tra le opere
più importanti del Novecento ma credo non sia mai stata messa in scena in
Italia, a ragione della sua durata (circa quattro ore se rappresentata con un
unico intervallo), del complesso allestimento che richiede ed anche della sua
non facile partitura. Allontanatosi dall’originaria ispirazioni espressionista
e distanziatosi anche dalla fase della Neue
Sachlichkeit, Hindemith torna ad uno stile contrappuntistico di origine
bachiana e recupera il sistema tonale con un’ipotesi altrettanto ferrea e
determinata: la musica è un sistema planetario ha in sé una serie infinita di
suoni. Anticipando il suo lavoro successivo (Die Harmonie der Welt), su Keplero, la musica è immagine
dell’armonia universale che unisce l’uomo al mondo.
La complessa vicenda è quella del pittore Matthias Grünewald, autore di alcuni dei capolavori del Cinquecento (quali il trittico di Lindenhardt e la Crocefissione dell’altare di Isenheim) di fronte ad una duplice guerra: quella tra cattolici e luterani, e quella dei contadini contro gli aristocratici feudali. Mathis vorrebbe restare con la sua arte, distinto e distante dagli eventi politici e sociali della sua epoca, ma in essi viene trascinato sino al tragico finale. Tutti i numerosi protagonisti dei sette quadri (tranne quello Regina, figlia del capo dei contadini in rivolta) sono effettivamente vissuti. Ma il dramma non riguarda il Cinquecento: il tormento dell’intellettuale nei confronti della vita politica è centrale alla letteratura degli Anni Trenta, quando Mathis der Maler venne concepito, scritto in azioni scenica e composto.
La rappresentazione in forma di concerto nella grande sala Palatului (4.000 posti) di Bucarest il 13 settembre era la prima rappresentazione dell’opera in Romania. Occorre ammettere che all’inizio diverse file erano vuote e che dopo l’intervallo solo metà dei posti erano occupati. Mathis der Maler non è una pietanza facile e sarebbe stato forse necessario uno o più seminari di preparazione.
L’apparato scenico era costituito da proiezioni multimediali curate da Carmen Lidia Vidu e dai suoi colleghi: basate su opere di Grünewald e della sua epoca (con intrusioni di elementi della pop art), erano uno sfondo intrigante del lavoro. Peccato che i soprattitoli fossero solo in romeno; dato che il pubblico internazionale del festival ed il denso libretto sotto il profilo filosofico e teologico sarebbe stato utile avere soprattitoli anche in inglese.
L’esecuzione musicale è stata affidata ad uno dei maggior esperti del Novecento, Lawrence Foster, allievo lui stesso di Hindemith quando il compositore insegnava all’Università della California a Los Angeles; anzi fu Hindemith a consigliarli di diplomarsi non in pianoforte ma in direzione d’orchestra. L’Orchestra della Radio Nazionale Romena ed il Coro Accademico della Radio Romena fornivano il vastissimo organico.
Voci di altissimo livello, ad iniziare dal protagonista Lester Lynch (Mathis), un baritono di altissima qualità e di grande presenza scenica (anche in un’esecuzione in forma di concerto) con una modulazione perfetta per i ruoli verdiani (li ha cantati anche alla Scala). Il suo deuteragonista il tenore wagneriano Torsten Kerl (Albrecht von Brandenburg); non lo ascoltavo dal vivo dal 2004 a Vienna (in Die tote Stadt di Korngold); ha acquistato qualche chilo ma ha mantenuto una voce chiara e squillante che sa scivolare perfettamente nei pianissimi (che in Mathis hanno un ruolo essenziale). Bello rivedere Falk Struckmann (Riedinger), uno dei protagonisti del Ring fiorentino di Mehta, Ronconi e Pizzi nel 1978-82; è ancora freschissimo. Nel gruppo maschile, da notare l’austriaco Norbert Ernst (Hans Schwalb), spesso ascoltato in Strauss e Wagner e due voci promettenti Cosmin Ifrim (Sylvester) e Peter Galliard (Wolfgang Capito). Nel gruppo femminile, eccelle Brigette Pinter (Ursula), un soprano wagneriano di fama in grado di scendere a registri molto bassi. Di buon livello Katerina Tretyakova (Regina), un soprano lirico di coloratura, e Stilla Grigorian (Contessa Helfenstein), un abile contralto.
L’esecuzione merita un CD.
Festival Enescu
- Bucarest
Sala Mare a Palatului, 14 settembre 2017
TCHAIKOVKY ŠOSTAKOVIĈ Concerto in re per violino ed orchestra- Sinfonia n. 12 in re ‘L’anno
1917’ Orchestra Filarmonica della
Scala , diretta da Riccardo Chailly
. Solista David Garrett
14 Settembre
Sala Palatului ore 19,30
Sala (con 4000
poltrone stipata e con posti in piedi.
Il concerto era articolato in due parti. La prima era il notissimo concerto in
‘re ‘ per violino ed orchestra Pyotr Ilyich Tchaikovsky. Solista David Garrett
, chiamato cross-over star per gli stili musicali (dal rock, ai Beatles
, alla solistica più ardita) che abbraccia. Sul podio , Riccardo Chailly. Una
struttura classica, tripartita con il primo tempo in forma di sonata ed il
terzo bravuristico e brillante, incentrato quasi interamente sul solista.
Tre brevi bis (a forte richiesta del
pubblico) e dieci minuti di ovazioni prima dell’intervallo.
La seconda parte
era dedicata alla sinfonia n. 12 in ‘re’ ‘L’anno 1917’ di Dmitri Šostakovič,
opera rivolta non tanto a celebrare la Rivoluzione d’Ottobre quanto la figura
di Lenin . I quattro movimenti (ciascuna
con un titolo) si riferiscono specificatamente ai ‘giorni che cambiarono il
mondo ’. Devo ammettere che la dodicesima non è la sinfonia di Šostakovič che
più amo. Come in ogni lavoro celebrativo, ha a mio avviso qualcosa di
artefatto, La considero inferiore alla settima sinfonia in ‘do’ ‘Leningrado’
che trasuda di amore di Šostakovič per la sua città, specialmente durante i
nove mesi di assedio tedesco. Chailly e la Filarmonica della Scala sono
riusciti a farmela apprezzare , soprattutto il breve terzo movimento (‘Aurora’
dal nome dell’incrociatore da cui venne sparato il primo colpo di cannone, a
salve, contro il Palazzo d’Inverno). Alle ovazioni ed alle richieste di bis,
Chailly e l’orchestra hanno risposto con la sinfonia de ‘I Vespri Siciliani’
Festival
Enescu- Bucarest Ateneul Român 14 settembre ore 16,30
PROKOF’EV
–
ŠOSTAKOVIĈ - Concerto
n. 1 in’ re’’ maggiore op 19. – Sinfonia
decima in ‘mi minore op, 93. London Philharmonia Orchestra diretta da Vladimir Ashkenazy solista Micheal Barenboim
Il concerto di Prokof’ev
(insieme al secondo) fa parte , con quelli di Berg del 1936 e di Britten
del 1940, della grande letteratura
concertistica per violino del Novecento. Iniziato nel drammatico 1917, portato a
termine in pochi mesi, viene eseguito per la prima volta nel 1923 a Parigi ,
dopo l’espatrio del compositore. Contiene un’unica novità formale: l’inversione
dei primi due movimenti rispetto alla struttura formale. Ashkenazy ed il
giovane Barenboim ne hanno offerto una lettura appassionata dando risalto al crescendo che sfocia in un fortissimo in
cui il solista riprende la parte iniziale ed i legni il cantabile in apertura
del ‘ moderato’ . Nello stupendo Ateneul Român (un’elegante sala per concerti
costruita alla fine dell’Ottocento), grazie alla perfetta acustica sono risultate
tutte le sfumature. Al termine della prima parte, Micheal Barenboim, a
richiesta del pubblico, ha eseguito tre bis
di pura bravura delle letteratura solistica di inizio Ottocento.
La ‘decima’ di Šostakovič
ha una collazione storica precisa . E’ stata composta subito dopo la morte di
Stalin (5 marzo 1953) ed ha avuto la prima esecuzione il 17 dicembre dello
stesso anno in quella che allora si chiamava Leningrado ed era la città più
amata del compositore, Ashkenazy e l’orchestra ne hanno sottolineato
l’architettura grandiosa ed i toni trionfali, nonché il segno della definitiva
autoaffermazione del musicista ed il suo alto raggiungimento in campo
sinfonico. Molti romeni in sala hanno probabilmente avvertito sentimenti
analoghi da loro sentiti alla fine del regime di Ceausescu, Vero e proprio
entusiasmo al termine dell’esecuzione.
Giuseppe Pennisi
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