Vi racconto lo psicodramma delle pensioni di reversibilità
Le previsioni (negative) dell’Ocse
sull’economia italiana si basano su un modello econometrico che, come tutti gli
altri modelli macro-economici ed a scopo previsionale, non tiene conto degli
effetti dell’incertezza sui soggetti economici (individui, famiglie, imprese).
Questo è uno dei temi principi della ‘economia comportamentale’ e della
‘neuro-economia’ che coniugano la ‘triste scienza’ economica con psicologia e
psichiatria.
Prendiamo in esame le parole
rassicuranti del ministro dell’Economia e delle Finanze in materia di pensioni
di reversibilità. A livello generale, lo conferma il dossier di Open Polis
“Fidati di me”, diramato il 19 febbraio: la credibilità del governo sta
scendendo a livelli bassi, a ragione di annunci non mantenuti (e degli alti costi
di Palazzo Chigi). Indirettamente, lo mostra anche un saggio, diramato sempre
il 19 febbraio, da LaVoce.info (quotidiano telematico creato
dall’attuale presidente dell’Inps, Tito Boeri) in cui Alessandra
Casarico e Daniela De Boca sostengono che il lavoro delle donne
nell’era Renzi (unico antidoto a pensioni di reversibilità per evitare
l’impoverimento delle vedove) non ha segnato alcun miglioramento. A livello
micro-micro, la portiera dello stabile dove abito mi ha chiesto perché il
sempre sorridente gaio Renzi ce l’abbia con le donne e si spenda tanto per i
diversamente orientati? Domanda a cui è difficile rispondere.
In breve, le parole di ministri
dell’Economia e delle Finanze e del Lavoro non calmeranno lo stato di ansia
ormai scatenato (con effetti disastrosi su consumi e su investimenti) sino a
quando, come suggerisce Cesare Damiano, presidente della commissione
Lavoro della Camera, non vengano cancellati tutti i riferimenti alla previdenza
dal disegno di legge delega sulla lotta alla povertà. Damiano non è un
liberista o un capitalista: ex sindacalista ed ex leader di Riformazione
Comunista, è stato anche ministro del Lavoro e ha piena consapevolezza del
danno creato. Non pareva averla un giovane collaboratore del presidente del
Consiglio che, invitato alla trasmissione Omnibus, vedeva la progressiva
abolizione delle pensioni di reversibilità come una panacea, anche per spingere
le donne a lavorare (ove l’impiego ci fosse e la cura della famiglia non fosse
un ‘bene sociale’ da tutelare).
Leggendo il testo del disegno di
legge unitamente alla relazione di accompagnamento, si capisce che le pensioni
di reversibilità vengono intese dal governo come “prestazioni assistenziali”
non come “corrispettivo di contributi versati” (i più alti al mondo). Per
poterne beneficiare in futuro bisognerebbe non superare certi parametri
economici: il governo intende ancorare la reversibilità (ma anche assegno
sociale, integrazione al minimo, maggiorazione sociale del minimo, assegno per
il nucleo con tre figli minori) non al reddito Ire ma al reddito calcolato con
il meccanismo dell’Isee.
Il primo effetto sarà un
prolungamento dei tempi già lunghissimi per ricevere il trattamento. Il secondo
ne sarà una drastica riduzione. In effetti, non solo i sindacati tradizionali
hanno dissotterrato l’ascia di guerra, ma anche la solitamente serena Dirstat
ha emesso un comunicato di fuoco. Se i dirigenti statali, pur senza andare in
sciopero, applicassero alla lettera i regolamenti, la macchina dello Stato si
fermerebbe.
Le pensioni di reversibilità contano
attualmente 3.052.482 beneficiari (nel lessico Inps), per una spesa totale di
24.152.946.974 euro. Dal 1995, le pensioni di reversibilità sono già state
ridotte più volte per tenere conto del reddito Ire (ossia il 730) del
superstite. Ove venissero agganciate all’Isee (che contiene anche dati sul
patrimonio), una vedova che avesse, oltre alla prima casa di proprietà, anche
una casa nella città di origine o una casetta in campagna, perderebbe quasi
completamente l’assegno e dovrebbe venir supportata dai provvedimenti di
sollievo dalla povertà. Ovvio che tutto ciò scateni ansie e paure, con riflessi
negativi sull’economia.
Ciò non vuole dire che il sistema
previdenziale sia perfetto. Il rapporto di Itinerari Previdenziale pubblicato
questa settimana e riassunto su questa testata ne analizza i nodi ,
principalmente demografici. Ma lo si risolve con sotterfugi da furbetti del
quartierino. I quali comunque screditano chi li mette in opera.
Di pensione si muore, diceva Totò in
un film degli Anni Cinquanta. Non solo i pensionati con bassi trattamenti ed
età anziana. Ma anche i governi.
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