OPERA/ Les Chevaliers de la Table Ronde sbarcano in
Laguna
Pubblicazione: venerdì 12 febbraio 2016
Les
Chevaliers in scena a Venezia
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NEWS Musica
La prima
rappresentazione italiana di Les Chevaliers de la Table Ronde di Hervé
(pseudonimo di Louis Auguste Florimond Ronger) è lo spunto non solo per
una recensione dello spettacolo ma anche per qualche considerazione sulle varie
tipologie di operette nella seconda metà dell’ottocento e nei primi lustri
dell’ottocento.
Les Chevaliers è stata
presentata al Teatro Malibran nel quadro della stagione dalla Fondazione La
Fenice. Un tempo era buona prassi a Venezia mettere in scena operette di
qualità in coincidenza con il Carnevale. Questo Carnevale all’inizio di
febbraio (Pasqua cade quest’anno il 27 marzo) è stato piovoso (specialmente il
Martedì Grasso) e nebbioso. Inoltre, sette- otto anni di recessione si
avvertono particolarmente in una città turistica come Venezia. C’è poca voglia
di mettersi in maschera e di divertirsi. In questo quadro, Les Chevaliers di
Hervé sono stati un tocco che ha rallegrato il Carnevale. Peccato che erano
pochi, e per lo più stranieri, i giovani in sala. D’altronde, la serata era in
abbonamento – una vera chicca nel ricco cartellone della stagione veneziana di
opera e balletto. Ed in Italia (a differenza che in Germania e negli stessi
Usa) i giovani non usano abbonarsi all’opera.
Les Chevaliers, pur
classificata dall’autore come ‘opera buffa’, è un’operetta in cui sezioni
parlate si intercalano con numeri musicali, balletti e veri e propri esercizi
acrobatici. L’operetta francese si distingue da quella austriaca (sentimentale
e spesso con una forte melanconia per l’”Austria Felix” del passato od
in procinto di sparire) e da quella britannica (ironica nei confronti della
borghesia in generale, si pensi alla produzione di Gilbert and Sullivan).
L’operetta francese ha una forte ed irriverente vis polemica nei confronti dei
‘poteri costituiti’. Anche la tardiva operetta italiana è prevalentemente
sentimentale ma tranne un capolavoro pucciniano (La Rondine) ha avuto
vita breve ed è praticamente sparita.
Les Chevaliers prende
spunto dalle leggende bretoni e dal poema ariostesco per trarne una satira
pungente del Secondo Impero. Tanto poco gradita da chi era al potere che, dopo
un paio di altri lavori simili a questo, Hervé dovette varcare la Manica e
lavorare alcuni anni a Londra.
Questa è la
prima ripresa in tempi moderni . Richiede una quindicina di
cantanti-attori (alcuni cantano poche note) che sappiano essere anche acrobati,
ed un ensemble di dodici strumentisti. Di grande interesse l’organizzazione
produttiva. L’iniziativa parte da una fondazione privata di origine svizzera
con sede a Venezia (il Centre de Musique Romantique Française) che ha
organizzato una rete di una ventina di teatri che, nell’arco di due stagioni,
ne metterà in scena ben settanta repliche tra Francia, Italia, Belgio e Paesi
Bassi. Il management de La Fenice ha il merito di avere colto questa
opportunità. Tra l’altro lo spettacolo è a bassissimo costo: dovrebbe fare gola
all’Accademia Filarmonica Romana ed ai circuiti dei teatri di tradizione ed
allo stesso Teatro dell’Opera per una sala piccola come quella nel ‘Nazionale’.
In Les
Chevalier, oltre alla satira politica (dal programma di sala e dalle gag si
evince che si riferisce anche alla leadership della Francia odierna, non solo a
quella del Secondo Impero), c’è una buona dose di ironia e parodia musicale.
Siamo nel 1866 quando Verdi e Gounod erano i beniamini del pubblico dell’Opéra.
Con una grande varietà di cambiamenti di tono, Hervé prende in giro
principalmente il melodramma verdiano con un paio di arie ed un concertato che
mostrano i lavori di Verdi attraverso un gioco di specchi deformanti.
Non penso sia
utile riassumere l’intricatissimo, e complicatissimo intrigo presentato non in
tre atti (come originalmente concepito) ma in un atto unico di poco più di due
ore proprio al fine di dare all’azione un passo veloce, quasi concitato.
Purtroppo, anche con sovratitoli, se non si ha una conoscenza perfetta del
francese è impossibile apprezzare i numerosissimi giochi di parole del testo.
Ottima la giovane compagnia (Les Brigants): eccellono due voci
femminili (Ingrid Perruche e Chantal Santon-Jeffery). Spigliata la regia di
Pierre-André Weitz, autore anche di scene e costumi. Vivace la direzione
d’orchestra di Christophe Grapperon.
Il pubblico ha
riso a crepapelle , applaudito e corso ad acquistare il CD con i dieci
maggiori numeri musicali.
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