Norma nel mondo de Il signore degli anelli
febbraio 19, 2016
Giuseppe Pennisi
L’edizione di Norma che andrà in
scena domenica 21 febbraio al teatro san Carlo di Napoli si svolgerà nel
mondo fantastico di immagini tv e cinematografiche recenti
Nel
2007, Massimo Gasperon spostò l’azione di Norma di Vincenzo Bellini
dalle foreste del “De Bello Gallico” al Tibet. In allestimenti recenti,
la vicenda è stata spostata alla guerra partigiana negli ultimi anni
della seconda guerra mondiale: si pensi a quella di Jossi Wieler e
Sergio Morabito giunta a Palermo nel 2014 dopo essere stata vista in
vari teatri che ha ottenuto l’Oscar della critica musicale tedesca ed ha
ispirato la messa in scena di Moshe Leiser e Patrice Caurier, con
Cecilia Bartoli. Allestimento che a sua volta ha avuto l’Oscar
internazionale della lirica nel 2013 e che per tre anni ha fatto il
“tutto esaurito” al Festival di Salisburgo.
L’edizione di Norma che andrà in scena domenica 21 febbraio al teatro San Carlo di Napoli, avvolta per settimane nel più fitto mistero sulla drammaturgia e sull’allestimento scenico, si svolgerà nel mondo fantastico di immagini televisive e cinematografiche recenti (ad esempio Il Signore degli Anelli o Il Trono di Spade. Ce lo dice il regista Lorenzo Amato, uno dei registi più promettenti della giovane generazione.
Perché? A mio avviso, in molti casi Norma ha finito per diventare un’opera, che, scenicamente, si è cristallizzata. Non credo fosse quello che Vincenzo Bellini e Felice Romani immaginassero nel 1831. All’epoca Norma fu un’opera rivoluzionaria. Ne è un esempio il finale del I atto, anomalo come scrittura per l’assenza del Coro e per la presenza in scena di soli tre personaggi. È il momento in cui il privato irrompe prepotente nel mondo dell’opera: in scena una “famiglia” e il suo disfacimento. Fondamentale è stato quindi recuperare, nei limite del possibile, tutta l’umanità, la verità dei personaggi e delle loro relazioni. Norma si muove su un binario universale e senza tempo, quello della lotta tra la ragion di stato, il potere religioso e il privato che si sovrappongono, prima di tutto nella musica e di pari passo nel libretto; ciò significa lavorare su personaggi molto complessi e su continui corti circuiti. Altrettanto complesso il ruolo de il Coro. Personaggio o insieme di personaggi veri e partecipi che, a volte, però, assume anche quell’identità che era propria di quello greco: ad esempio, nel delicato momento della cabaletta di Norma, quando, davanti a tutti (una situazione scenicamente assai poco credibile), la protagonista evoca e rivive il suo amore per Pollione.
Suggestionato – aggiunge Amato – anche da immagini televisive e cinematografiche recenti, ho chiesto ad Ezio Frigerio e Franca Squarciapino di collocare la vicenda in un contenitore fantastico, da leggenda, senza una connotazione storico/geografica precisa; siamo più verso la mitologia: dei Druidi si sa molto poco, è tutto avvolto nel mistero, e dunque di evitare soprattutto i luoghi comuni, quali la classica dicotomia Romani contro Galli.
Una Norma, quindi, in cui la natura, i boschi, le foreste sono molto presenti? Certo, non solo per riportare la storia in un tempo fantastico, ma anche perché, di quel poco che sappiamo dei Druidi, siamo a conoscenza che avessero il culto degli alberi e che i romani, come manifestazione di prepotenza colonizzatrice avessero l’abitudine di incendiare i loro boschi sacri. Una foresta carica di vita e di misteri che insinuano nei romani superstizioni e paure, e che contribuisce a conferire anche quel clima di misticismo e magia che percepisco fortemente all’ascolto della partitura.
L’attesa per questa nuova produzione di Norma è anche per gli interpreti che scendono in campo: Mariella Devia (che ha superato i 65 ed accetta un ruolo impervio) con accanto a sé due giovani già affermati come Luciano Ganci (Pollione) e Laura Polverelli (Adalgisa), nonché Carlo Colombara (Oroveso) e due Premi Nobel (Ezio Frigerio e Franca Squarciapino) per scene e costumi. E sul podio un direttore come Nello Santi in una delle sue ormai rare direzioni d’orchestra in Italia.
L’edizione di Norma che andrà in scena domenica 21 febbraio al teatro San Carlo di Napoli, avvolta per settimane nel più fitto mistero sulla drammaturgia e sull’allestimento scenico, si svolgerà nel mondo fantastico di immagini televisive e cinematografiche recenti (ad esempio Il Signore degli Anelli o Il Trono di Spade. Ce lo dice il regista Lorenzo Amato, uno dei registi più promettenti della giovane generazione.
Perché? A mio avviso, in molti casi Norma ha finito per diventare un’opera, che, scenicamente, si è cristallizzata. Non credo fosse quello che Vincenzo Bellini e Felice Romani immaginassero nel 1831. All’epoca Norma fu un’opera rivoluzionaria. Ne è un esempio il finale del I atto, anomalo come scrittura per l’assenza del Coro e per la presenza in scena di soli tre personaggi. È il momento in cui il privato irrompe prepotente nel mondo dell’opera: in scena una “famiglia” e il suo disfacimento. Fondamentale è stato quindi recuperare, nei limite del possibile, tutta l’umanità, la verità dei personaggi e delle loro relazioni. Norma si muove su un binario universale e senza tempo, quello della lotta tra la ragion di stato, il potere religioso e il privato che si sovrappongono, prima di tutto nella musica e di pari passo nel libretto; ciò significa lavorare su personaggi molto complessi e su continui corti circuiti. Altrettanto complesso il ruolo de il Coro. Personaggio o insieme di personaggi veri e partecipi che, a volte, però, assume anche quell’identità che era propria di quello greco: ad esempio, nel delicato momento della cabaletta di Norma, quando, davanti a tutti (una situazione scenicamente assai poco credibile), la protagonista evoca e rivive il suo amore per Pollione.
Suggestionato – aggiunge Amato – anche da immagini televisive e cinematografiche recenti, ho chiesto ad Ezio Frigerio e Franca Squarciapino di collocare la vicenda in un contenitore fantastico, da leggenda, senza una connotazione storico/geografica precisa; siamo più verso la mitologia: dei Druidi si sa molto poco, è tutto avvolto nel mistero, e dunque di evitare soprattutto i luoghi comuni, quali la classica dicotomia Romani contro Galli.
Una Norma, quindi, in cui la natura, i boschi, le foreste sono molto presenti? Certo, non solo per riportare la storia in un tempo fantastico, ma anche perché, di quel poco che sappiamo dei Druidi, siamo a conoscenza che avessero il culto degli alberi e che i romani, come manifestazione di prepotenza colonizzatrice avessero l’abitudine di incendiare i loro boschi sacri. Una foresta carica di vita e di misteri che insinuano nei romani superstizioni e paure, e che contribuisce a conferire anche quel clima di misticismo e magia che percepisco fortemente all’ascolto della partitura.
L’attesa per questa nuova produzione di Norma è anche per gli interpreti che scendono in campo: Mariella Devia (che ha superato i 65 ed accetta un ruolo impervio) con accanto a sé due giovani già affermati come Luciano Ganci (Pollione) e Laura Polverelli (Adalgisa), nonché Carlo Colombara (Oroveso) e due Premi Nobel (Ezio Frigerio e Franca Squarciapino) per scene e costumi. E sul podio un direttore come Nello Santi in una delle sue ormai rare direzioni d’orchestra in Italia.
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