Lirica.
Il ritorno di Hervé, re dell’operetta
francese
ROMA
Un martedì grasso mesto e piovigginoso, con
poche maschere in giro e negozi sostanzialmente vuoti, è stato ravvivato dalla
prima rappresentazione italiana di Les Chevaliers de la Table Ronde di Hervé (pseudonimo di Louis Auguste Florimond Ronger) presentata
al Teatro Malibran nel quadro della stagione dalla Fondazione La Fenice.
È la prima ripresa di questa opera buffa in
tempi moderni. Richiede una quindicina di cantanti-attori (alcuni cantano poche
note) che sappiano essere anche acrobati, e un esemble di dodici strumentisti.
È iniziativa di una fondazione privata con sede a Venezia (il Centre de Musique
Romantique Française) in collaborazione con una ventina di teatri che,
nell’arco di due stagioni, ne metterà in scena ben settanta repliche tra
Francia, Italia, Belgio e Paesi Bassi. Un modo intelligente per suddividere i
costi e disporre di una compagnia omogenea e ben rodata. Ai suoi tempi (
Les Chevaliers debuttò a Les Bouffes Parisiennes nel
1866), Hervé era considerato il padre di un genere di opera buffa in cui parti
parlate si intercalavano con numeri musicali, danza, scene acrobatiche.
Soprattutto, il lavoro aveva una forte vis sarcastica contro la classe dirigente del Secondo Impero (in parte
attualizzata ai tempi d’oggi dalla regia): le leggende bretoni e l’Ariosto
diventavano un pretesto per irridere il potere. Anche per questo, Hervé emigrò
in Gran Bretagna , lasciando spazio (e lo stesso teatro Les Bouffes
Parisiennes) a Offenbach.
L’intricatissimo intrigo viene presentato non
in tre atti (come originalmente concepito) ma in un atto unico di poco più di
due ore; ne acquista ritmo, a volte concitato, ma, nonostante i sovratitoli,
gli spettatori italiani perdono parte dei giochi di parole del testo. Non si
perde, invece, una caratteristica unica di Hervé: il procedimento comico
musicale prende il giro il melodramma. Quindi, con una grande varietà di
cambiamenti di tono , a gag degne di Chaplin, si alternano romanze e anche un
concertato che guardano Verdi con lenti deformate. Rodatissima la giovane
compagnia: eccellono due voci femminili (Ingrid Perruche e Chantal
Santon-Jeffery). Spigliata la regia di Pierre-André Weitz, autore anche di
scene e costumi. Vivace la direzione d’orchestra di Christophe Grapperon.
Spettacolo molto godibile, in laguna sino a domenica per tutti i turni di
abbonamento della stagione di lirica e balletto. Poi riprende il suo lungo
tour.
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Fa tappa a Venezia la lunga tournée de “Les
chevaliers de la table ronde” dell’autore a lungo dimenticato, curiosa
combinazione di canto, recitazione e arte circense Dietro il soggetto
leggendario una satira della Parigi di metà Ottocento che valse all’artista
l’esilio in Inghilterra
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