mercoledì 10 febbraio 2016

il ritorno di Hervé, re dell’operetta francese in Avvenire 11 febbraio



Lirica.
Il ritorno di Hervé, re dell’operetta francese
ROMA
Un martedì grasso mesto e piovigginoso, con poche maschere in giro e negozi sostanzialmente vuoti, è stato ravvivato dalla prima rappresentazione italiana di Les Chevaliers de la Table Ronde di Hervé (pseudonimo di Louis Auguste Florimond Ronger) presentata al Teatro Malibran nel quadro della stagione dalla Fondazione La Fenice.
È la prima ripresa di questa opera buffa in tempi moderni. Richiede una quindicina di cantanti-attori (alcuni cantano poche note) che sappiano essere anche acrobati, e un esemble di dodici strumentisti. È iniziativa di una fondazione privata con sede a Venezia (il Centre de Musique Romantique Française) in collaborazione con una ventina di teatri che, nell’arco di due stagioni, ne metterà in scena ben settanta repliche tra Francia, Italia, Belgio e Paesi Bassi. Un modo intelligente per suddividere i costi e disporre di una compagnia omogenea e ben rodata. Ai suoi tempi ( Les Chevaliers debuttò a Les Bouffes Parisiennes nel 1866), Hervé era considerato il padre di un genere di opera buffa in cui parti parlate si intercalavano con numeri musicali, danza, scene acrobatiche. Soprattutto, il lavoro aveva una forte vis sarcastica contro la classe dirigente del Secondo Impero (in parte attualizzata ai tempi d’oggi dalla regia): le leggende bretoni e l’Ariosto diventavano un pretesto per irridere il potere. Anche per questo, Hervé emigrò in Gran Bretagna , lasciando spazio (e lo stesso teatro Les Bouffes Parisiennes) a Offenbach.
L’intricatissimo intrigo viene presentato non in tre atti (come originalmente concepito) ma in un atto unico di poco più di due ore; ne acquista ritmo, a volte concitato, ma, nonostante i sovratitoli, gli spettatori italiani perdono parte dei giochi di parole del testo. Non si perde, invece, una caratteristica unica di Hervé: il procedimento comico musicale prende il giro il melodramma. Quindi, con una grande varietà di cambiamenti di tono , a gag degne di Chaplin, si alternano romanze e anche un concertato che guardano Verdi con lenti deformate. Rodatissima la giovane compagnia: eccellono due voci femminili (Ingrid Perruche e Chantal Santon-Jeffery). Spigliata la regia di Pierre-André Weitz, autore anche di scene e costumi. Vivace la direzione d’orchestra di Christophe Grapperon. Spettacolo molto godibile, in laguna sino a domenica per tutti i turni di abbonamento della stagione di lirica e balletto. Poi riprende il suo lungo tour.
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Fa tappa a Venezia la lunga tournée de “Les chevaliers de la table ronde” dell’autore a lungo dimenticato, curiosa combinazione di canto, recitazione e arte circense Dietro il soggetto leggendario una satira della Parigi di metà Ottocento che valse all’artista l’esilio in Inghilterra

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