La “Norma” di Bellini nella foresta di
Tolkien
NAPOLI
Finalmente, una foresta primitiva e un tempio
scavato nella roccia. In questo ultimo decennio, la Norma di Bellini è stata rappresentata nei luoghi più diversi, ma anche i
più distanti dal libretto, ad esempio, Massimo Gasperon spostò l’azione al
Tibet occupato dai cinesi, un allestimento di Jossi Wieler e Sergio Morabito
(Oscar della critica musicale tedesca) in un Paese nel Nord Europa durante la
guerra partigiana contro i nazisti; ancora lotta partigiana (chiaramente
localizzata in Francia durante l’occupazione) la messa in scena di Moshe Leiser
e Patrice Caurier, con Cecilia Bartoli che per tre anni ha fatto il “tutto
esaurito” a Salisburgo e ha vinto l’Oscar internazionale della lirica nel 2013.
Non siamo, però, nel
De bello gallico. Lorenzo Amato, uno dei
registi più promettenti, ma anche più tradizionalisti della generazione tra i
45 e i 50 anni, e i suoi collaboratori (Ezio Frigerio per le scene e Franca
Squarciapino per i costumi) si ispirano al fantastico del Signore
degli anelli e del Trono di spade per tratteggiare un mondo irreale in cui spiccano la tragica
solitudine della protagonista e le relazioni private. Astutamente tanto la
foresta quanto la grotta (tempio e casa di Norma) sono concepite per fare
meglio risaltare le voci nell’immensa struttura del San Carlo dove lo
spettacolo ha debuttato il 21 febbraio e si replica sino al 1° marzo.
Le voci sono l’architrave di
Norma, apogeo del “belcanto”. La
protagonista è Mariella Devia che affronta l’impervio ruolo a 68 anni:
bellissimo il timbro, splenditi la linea vocale, il legato e il controllo del
fiato, morbidi gli acuti e perfetta la padronanza della coloratura. Spesso
Mariella Devia ha cantato con maestri concertatori di medio livello che
intendono il loro ruolo come mero accompagnamento del “belcanto”.
In questo allestimento, sul podio c’è
l’ottuagenario Nello Santi – da decenni trasferitosi a Zurigo e raramente in
Italia. Santi legge la partitura come una “tragedia lirica”, densa di una vasta
gamma di tinte e di colori. Ottima la Adalgisa di Laura Polverelli. Stefan Pop
(Pollione) ha sostituito Luciano Ganci, ammalato; anche se il giovane Pop è
essenzialmente un donizettiano, quindi uso a un canto morbido e a colorature,
ha affrontato il ruolo come un tenore spinto verdiano, una tradizione
interpretativa che ha invalso per cinquant’anni, ma poco filologica. Buono
l’Oroveso di Carlo Colombara. Ottimo il coro. Ovazioni in un San Carlo
all’insegna del tutto esaurito.
Al San Carlo di Napoli debutta con un’ovazione
l’allestimento di Lorenzo Amato ispirato al “Signore degli anelli”: un mondo
irreale per la tragica solitudine della protagonista, Mariella Devia
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