WAGNER/ Il Ring palermitano chiude in trionfo
Pubblicazione: lunedì 1 febbraio 2016
Il Ring a Palermo
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Dopo circa sei ore di spettacolo, quindici
minuti di ovazioni ed applausi. La scommessa era difficile non solo perché il
wagneriano Ring (‘L’anello del Nibelungo’, un prologo e tre ‘ giornate’,
per complessivamente quindici ore di musica) non si rappresentava a Palermo dal
1971, ma perché in questi ultimi decenni pochi teatri hanno affrontato la sfida
di mettere in scena la tetralogia di Richard Wagner da soli senza
co-produzione. Di recente, per attuare l’impresa la Scala si è unita alla
Staatsoper unter den Linden di Berlino, il Maggio Musicale Fiorentino con il
Palau des Arts di Valencia, il Festival di Aix en Provence con il Festival di
Pasqua di Salisburgo, il Teatro Massimo Bellini di Catania con il Petruzzelli
di Bari, La Fenice con Colonia. Unicamente il Metropolitan di New York ha prodotto
in proprio un nuovo allestimento del Ring, proiettandolo però in diretta
in 5000 sale cinematografiche e con l’intenzione di replicarlo più volte nel
prossimo quarto di secolo. Gli applausi e le ovazione testimoniano il successo
dell’intero Ring. non solo di Götterdämmerung (Crepuscolo
degli Dei, quarta ed ultima opera del ciclo) scelta per l’ inaugurazione (il 28
gennaio) in grande stile della stagione lirica e di balletto del Massimo
palermitano.
Pochi gli smoking, ma molti gli
abiti da sera per le signore con sala e palchi addobbati per un gran gala.
Numerose le autorità presenti. Trecento posti della ‘prima’ sono stati
riservati ai giovani, il pubblico del futuro (al quale il Massimo dedica una
speciale attenzione), molte dei quali per la prima volta in un teatro d’opera e
quasi nessuno con dimestichezza con uno dei lavori più complessi di Richard
Wagner.
Inizialmente questo Ring si
sarebbe dovuto realizzare interamente nel 2013, il bicentenario della nascita
del compositore, due opere all’inizio della stagione e due alla fine.
Difficoltà finanziarie hanno comportato un arresto del programma dopo la messa
in scena delle prime due opere. E’ ripreso lo scorso dicembre con la messa in
scena della terza opera Siegfried e si conclude ora conGötterdämmerung
.
Il lavoro porta la firma di Graham
Vick (regia) e di Richard Hudson (scene e costumi) mentre alla guida musicale
si sono alternati due maestri concertatori, Pietari Inkinen nel 2013 e Stefan
Anton Reck nel 2015 e nel 2016, differenti per età, temperamento e stile –
meticoloso ma quasi gelido Inkinen, passionale e dedito a sottolineare tinte e
chiaro-scuri Reck. Nei tre anni non sono cambiati solamente i maestri
concertatori ma anche parte del cast (che richiede 35 solisti, un coro e 30
mini). In effetti, lo spettacolo è sopratutto frutto della concezione di Vick e
Hudson, i quali in gran parte delle quattro opere lavorano a palcoscenico nudo,
un minimo di attrezzeria, giochi di luce, coinvolgendo la sala e facendo anche
cantare dai palchi per ottenere effetti stereofonici.
Graham Vick e la sua squadra si
riallacciano a una lettura politica della tetralogia, quale quella iniziata
alla metà degli anni ’70, con un Ring rimasto incompleto per
dissapori tra il direttore musicale Wolfgang Sawallisch e il regista e lo
scenografo, Luca Ronconi e Pier Luigi Pizzi (l’intero progetto è stato poi
portato a Firenze con la concertazione di Zubin Mehta) e soprattutto con il
Ring“ del centenario” di Patrice Chéreau (e Pierre Boulez) presentato nel
1976 a Bayreuth. Allora, il Ring mostrava una società industriale in
crisi. Al pari della edizione di Guy Cassiers (con Barenboim sul podio)
coprodotta dalla Scala e dalla Staatsoper di Berlino, Vick descrive un ceto
dirigente in disfacimento e l’annuncio che ne verrà uno nuovo e migliore. Nel Götterdämmerung
la prima per bruciare il corpo di Siegfried, su cui si immolata Brunilde e le
cui fiamme distruggono il pantheon degli dei germanici è attizzata da giovani
kamikaze.
er quanto riguarda la parte
musicale, occorre, in primo luogo, fare i complimenti all’orchestra del Massimo
che ha affrontato bene l’immensa partitura con due differenti letture
Impossibile, avere un cast omogeneo di alto livello. Complessivamente in questo Ring i ruoli
femminili hanno trovato interpreti più adatti di quelli maschili (dove hanno
brillato Thomas Gazheli, Sergei Leiferkus, Eric Greene, Peter Bronder). In Götterdämerung, il
soprano svedese Irene Théorin, già ascoltata alla Scala, ha confermato di
essere una delle migliori Brunilde di questi anni. Deboli invece i due tenori
“eroici”, John Treleaven (Sigmund in Die Walkürie Christian
Voigt nelle ultime due opere); ambedue sono arrivati stremati al termine delle
loro parti.
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