Banco Popolare e Popolare di Milano. Chi salva chi?
Il commento dell'economista Giuseppe Pennisi
Sono in corso più guerre bancarie. A
livello internazionale – sottolinea Gretchen Morgenson in
un’approfondita inchiesta sul New York Times del 15 febbraio – il
crollo delle azioni bancarie nelle ultimi settimanale è il frutto di una crisi
di fiducia ma ha come conseguenza finestre di opportunità di fusioni,
acquisizioni e fusioni a prezzi che potrebbero rivelarsi stracciati.
A livello dell’Eurozona, gli
attacchi alle azioni degli istituti hanno una componente particolare: i
crescenti dubbi sulla sostenibilità del debito sovrano dell’area.
Il governo italiano sta cercando di
porre riparo a parte di questi problemi non riducendo la spesa ed il debito
pubblico in maniera sufficiente ma promuovendo la fusione o conglomerazione di
banche popolari e di credito cooperativo. Ma il provvedimento (un decreto legge
in attesa di conversione) non ha vita facile.
Da un canto, numerosi istituti
lamentano che l’obbligatorietà della fusione o concentrazione è stata stabilità
per istituti il cui capitale non supera un certo livello (esentando di fatto
numerose banche cooperative di una regione, la Toscana).
Da un altro si riaccendono antiche
polemiche che confermano la tesi del film sulla crisi finanziaria del 2008 (We
all fall down di Gary Gasgarth) che vinse il primo premio al Festival
del cinema di Boston nel 2009: i territori sono affezionati alle proprie banche
locali anche e soprattutto perché possono esercitarne un “controllo locale”,
spesso più importante e più pregnante della vigilanza formale.
È in questo contesto che va letta
una “guerra bancaria” ignorata da gran parte della stampa: quella dell’area un
tempo chiamata Lombardo-Veneto. Gli operosi e prudenti risparmiatori veneti
lamentano di essere chiamati a dare il sangue per salvataggi di banche
lombardi. Anche i lombardi sono operosi e risparmiatori, ma più avventurosi
(anche perché più affascinati dalla globalizzazione di cui, specialmente dopo
l’Expo, si sentono protagonisti).
Nello specifico, la vicenda riguarda
il Banco Popolare di Verona che viene chiamato a correre in aiuto della Banca
Popolare di Milano, per salvarla dopo anni di risultati deludenti. I veneti
sostengono, a ragione o a torto, che da decenni che i loro risparmi vengano
usati come bancomat per salvare banche lombarde.
I dati sembrano, salvo smentite, dar
loro ragione. Cariverona è stata chiamata in soccorso del Credito Italiano. Per
non parlare dei rapporti tra la Popolare di Vicenza e la Banca di Lodi.
Le nozze tra Banca Popolare di
Milano e Banco Popolare di Verona sono in preparazione, con l’obiettivo di
creare un nuovo polo bancario ma non sono stati ancora chiariti la futura
governance e il piano industriale. Questa settimana è cruciale anche per i soci
della Popolare di Vicenza, il cui cda dovrebbe decidere il valore del
recesso per chi non voterà il passaggio a Spa. Dopo il crollo del valore delle
azioni da 62 a 48 euro (deciso nei mesi scorsi) si attende un ulteriore e
drastico taglio, preludio alle impreviste, ma quasi sicure perdite che il
passaggio in Borsa porterà alla luce. Si accavallano anche nodi
particolaristici e personalistici
Nessun commento:
Posta un commento