Perché l’Italia non propone una conferenza europea sul debito?
La proposta dell'economista Giuseppe Pennisi
Nell’analisi della Commissione
Europa sulla situazione dell’Italia nel breve e medio periodo non c’è nella che
i lettori di Formiche.net non conoscono. Tutti i
commentatori economici della testata sostengono da anni che l’alto debito
pubblico è il nodo centrale dell’Italia, specialmente in una fase di prolungata
stagnazione e del continuo rischio di cadere in deflazione. Negli ultimi mesi
il tema del nesso tra il debito pubblico e lo sofferenze bancarie (di vario
ordine e grado) è stato uno dei temi principali delle analisi apparse su questa
testata.
La domanda da farsi è, quindi, più
politica che economica: perché adesso? Alla vigilia a livello europeo delle
valutazioni della Commissione sulla legge di stabilità ed a livello italiano di
importanti scadenze elettorali. E perché non siamo stati in grado di evitare
una perdita così grave di credibilità internazionale?
Ad una lettura superficiale,
potrebbe sembrare l’episodio di un film “Juncker versus Renzi No. 2: La
Vendetta”. Un segnale molto forte che una politica muscolare non funziona con i
partner dell’Unione Europea. Il 25 gennaio, in un editoriale del Corriere
della Sera, Paolo Mieli ha ricordato come dall’unità d’Italia in poi,
la politiche estere muscolari hanno sempre provocato danni.
A un esame più approfondito, le
frasi brucianti della Commissione Europea sono invece il tema di un film
intitolato “UE verso Governo italiano: la sveglia”. Un modo tacitiano ma
eloquente per smitizzare i vantati successi in termini di Jobs Act e di riforme
istituzionali e un chiaro avvertimento che i problemi cruciali dell’Italia sono
la finanza pubblica, il debito pubblico, la stagnazione della produttività;
temi che paiono non essere nell’agenda dell’Esecutivo.
Il timing è stato scelto con cura:
il giorno prima degli incontri del ministro dell’Economia e delle Finanze con
il Commissario responsabili della concorrenza (con un ordine del giorno
imperniato sulle sofferenze bancarie, sui crediti deteriorati e, quindi, sulla bad
bank) e pochi giorni prima dell’incontro del Presidente del Consiglio
italiano con la Cancelliera tedesca. E’ un brusco richiamo alla realtà. E
all’umiltà.
E’, però, anche una finestra di
opportunità. Se il Governo italiano saprà coglierla. Infatti, dopo un richiamo
così duro, sarebbe futile continuare a cincischiare di flessibilità. Sarebbe
invece costruttivo proporre una strategia europea per il debito sovrano. Non
è un problema solamente italiano (anche se siamo secondi unicamente alla Grecia
in termini di rapporto debito/Pil). Ma dell’intera Unione Europea.
La crisi ha prodotto un forte
indebitamento di Paesi un tempo a basso debito. Il debito medio Ue sta per
raggiungere il 100% del Pil dell’Unione. L’Italia ha i titoli per
proporre la convocazione di una conferenza Ue su come alleggerirlo,
ristrutturandolo. Possiamo vantare l’esperienza di un quarto di secolo fa
quando un ex presidente del Consiglio italiano, su mandato delle Nazioni Unite,
operò in un anno una ristrutturazione (concordata con i creditori) del debito
dei Paesi in via di Sviluppo. Un’offerta che nessuno, neanche Juncker e
Dijsselbloem, possono rifiutare.
26/01/2016
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