Lirica.
Con “Götterdämmerung” chiude in crescendo
il “Ring” di Graham Vick
PALERMO
Con Götterdämmerung (“Il crepuscolo degli dei”), ultima “giornata” della tetralogia
dell’Anello del Nibelungo (in breve il
Ring) di Richard Wagner nell’allestimento di Graham Vick
(scene e costumi di Richard Hudson) è stata inaugurata la stagione del Massimo
di Palermo. Serata di gala, con autorità nel palco reale, pochi smoking ma ben
300 giovani, soprattutto nei palchi di quarta fila. Ultima opera di una serie
iniziata nel 2013, è fornire una sintesi complessiva di questo Ring firmato Vick e alla cui guida musicale si sono alternati due
maestri concertatori, Pietari Inkinen nel 2013 e Stefan Anton Reck nel 2015 e
nel 2016, diffe- renti per età, temperamento e stile. In primo luogo, la
drammaturgia. Per molti aspetti, Graham Vick e la sua squadra non tengono quasi
conto degli aspetti trascendentali del lavoro; ciò nonostante, essi emergono
con forza nell’ultima scena quando sull’onda di un accordo in mi bemolle
maggiore, finiti gli dei pagani, viene annunciato un nuovo mondo e un giovane
magro, con capelli e barba lunghi lancia nel Reno l’anello, causa e simbolo di
lotte di potere tra dei pagani e tra uomini. Vick si riallaccia a una lettura
politica della tetralogia, quale quella iniziata alla metà degli anni ’70, con
un Ring rimasto incompleto per
dissapori tra il direttore musicale Wolfgang Sawallisch e il regista e lo
scenografo, Luca Ronconi e Pier Luigi Pizzi (l’intero progetto è stato poi
portato a Firenze con la concertazione di Zubin Mehta) e soprattutto con il
Ring“ del centenario” di Patrice Chéreau (e Pierre Boulez)
presentato nel 1976 a Bayreuth. Allora, il Ring
mostrava una società industriale in crisi. Al pari della edizione di Guy
Cassiers (con Barenboim sul podio) coprodotta dalla Scala e dalla Staatsoper di
Berlino, Vick descrive un ceto dirigente in disfacimento e l’annuncio che ne
verrà uno nuovo e migliore.
Tuttavia, drammaturgia, regia, impianto
scenico, proiezioni e mimi sono parsi gradualmente più in linea con la parte
musicale via via che il Ring si dipanava e dal
mondo degli dei germanici si passava a quello degli uomini. Tale lettura
politica si adatta bene a Götterdämmerung dove
le divinità del pantheon politeista tedesco appaiono nel racconto di una
Valchiria scorata (e che vede il “crepuscolo” di un intero universo), in tre
Norme che hanno il presagio della fine e nelle tre figlie del Reno che
ottengono il riscatto della natura primigenia. Il dramma è soprattutto negli
intrighi di palazzo in cui l’ingenuo Sigfrido resta imbrigliato.
Per quanto riguarda la parte musicale, occorre,
in primo luogo, fare i complimenti all’orchestra del Massimo che ha affrontato
bene l’immensa partitura con due differenti letture – quella di Pietari Inkinen
cesellata ma compassata e quella di Stefan Anton Reck, passionale e molto
teatrale. Il Ring richiede 35 solisti (a cui
Vick aggiunge una trentina di mimi): Götterdämerung ha in scena 13 solisti e il coro. Impossibile, avere un cast
omogeneo di alto livello. Complessivamente in questo Ringi ruoli femminili hanno trovato interpreti più adatti di quelli
maschili (dove hanno brillato Thomas Gazheli, Sergei Leiferkus, Eric Greene,
Peter Bronder). In Götterdämerung, il soprano
svedese Irene Théorin, già ascoltata in questo ruolo alla Scala, ha confermato
di essere una delle migliori Brunilde di questi anni. Deboli invece i tenori
“eroici”, merce rara, in tutto il ciclo. Di grande livello, tutte le altre voci
femminili. Un quarto d’ora d’applausi dopo sei circa di spettacolo (intervalli
compresi).
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Quindici minuti di applausi per il “Crepuscolo
degli dei” di Wagner che ha aperto la stagione del Massimo a Palermo. Si
chiarisce la lettura politica del regista, ben supportata dalla parte musicale
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