La triplice trappola in cui rischia di
cadere la ripresina italiana
Nonostante le aspettative di un rilancio robusto auspicato
del governo, la 'ripresina' italiana è debole e fragile, come documentato da
Istat e Ue. La ragione principale è che l’Italia è in trappola. O meglio,
attanagliata da tre trappole.
La prima è quella del debito, che minaccia di sfiorare presto
il 140% del Pil (principalmente perché il Pil ha perso dieci punti percentuali
del 2008 e ha ripreso a crescere a ritmi quasi impercettibili). Non solo un
rapporto così alto può scoraggiare (principalmente gli investitori stranieri) e
rifinanziare le scadenze (190 miliardi di euro nel 2016), ma risorse che
potrebbero essere utilizzate per la crescita devono essere destinate a pagare
interessi ed ammortamenti (frenando, quindi, lo sviluppo).
La seconda, ancor più temibile, è la trappola della
liquidità. Di per sé la liquidità non manca, e viene aumentata dal Quantitative
easing della Banca centrale europea. Non raggiunge, però, le imprese (e non
crea produzione e lavoro) in parte perché resta nelle casse forti degli
istituti – visto che molti hanno esigenze di ricapitalizzare, o almeno di
pulire i loro portagli – in parte perché dopo sette anni di recessione le
imprese hanno programmi di sopravvivenza più che di sviluppo. E poi perché
scandali bancari grandi e piccoli hanno minato la fiducia. Veniamo così alla
terza e ultima trappola, quella dell’incertezza. Siamo circondati da una vasta
area dove imperversa il terrorismo, più che la guerra. Non sono, poi, terminati
i timori di una nuova deflazione. Ciò induce imprese e famiglie a tesorizzare
invece che a destinare risorse (che temono possano diminuire domani o
dopodomani) a consumi non essenziali o ad investimenti.
Queste tre trappole ingabbiano il Paese e lo frenano.
Difficile affrontarle tutte e tre simultaneamente. Se ne può forse uscire,
impostando una soluzione europea per la trappola del debito. Non è un problema
solamente italiano (anche se siamo secondi unicamente alla Grecia in termini di
rapporto debito: Pil). Ma dell’intera Unione europea. La crisi ha prodotto un
forte indebitamento di Paesi un tempo a basso debito. Il debito medio Ue sta
per raggiungere il 100% del Pil dell’Unione. L’Italia potrebbe proporre la
convocazione di una conferenza Ue su come alleggerirlo, ristrutturandolo.
Possiamo vantare l’esperienza di un quarto di secolo fa quando un ex presidente
del Consiglio italiano, su mandato delle Nazioni Unite, operò in un anno una
ristrutturazione (concordata con i creditori) del debito dei Paesi in via di
Sviluppo. Una volta usciti, almeno in parte, dalla trappola del debito, sarà
più facile sciogliersi da quella della liquidità perché imprese e famiglie
sapranno che una quota minore del loro valore aggiunto andrà a 'servire il
debito'. Più arduo liberarsi dalla trappola dell’incertezza, perché in gran
misura legata a fenomeni sui quali non l’Italia ma neanche la stessa comunità
internazionale pare avere controllo.
Giuseppe Pennisi
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