venerdì 15 gennaio 2016

La triplice trappola in cui rischia di cadere la ripresina italiana in Avvenire 16 gennaio



La triplice trappola in cui rischia di cadere la ripresina italiana
Nonostante le aspettative di un rilancio robusto auspicato del governo, la 'ripresina' italiana è debole e fragile, come documentato da Istat e Ue. La ragione principale è che l’Italia è in trappola. O meglio, attanagliata da tre trappole.
La prima è quella del debito, che minaccia di sfiorare presto il 140% del Pil (principalmente perché il Pil ha perso dieci punti percentuali del 2008 e ha ripreso a crescere a ritmi quasi impercettibili). Non solo un rapporto così alto può scoraggiare (principalmente gli investitori stranieri) e rifinanziare le scadenze (190 miliardi di euro nel 2016), ma risorse che potrebbero essere utilizzate per la crescita devono essere destinate a pagare interessi ed ammortamenti (frenando, quindi, lo sviluppo).
La seconda, ancor più temibile, è la trappola della liquidità. Di per sé la liquidità non manca, e viene aumentata dal Quantitative easing della Banca centrale europea. Non raggiunge, però, le imprese (e non crea produzione e lavoro) in parte perché resta nelle casse forti degli istituti – visto che molti hanno esigenze di ricapitalizzare, o almeno di pulire i loro portagli – in parte perché dopo sette anni di recessione le imprese hanno programmi di sopravvivenza più che di sviluppo. E poi perché scandali bancari grandi e piccoli hanno minato la fiducia. Veniamo così alla terza e ultima trappola, quella dell’incertezza. Siamo circondati da una vasta area dove imperversa il terrorismo, più che la guerra. Non sono, poi, terminati i timori di una nuova deflazione. Ciò induce imprese e famiglie a tesorizzare invece che a destinare risorse (che temono possano diminuire domani o dopodomani) a consumi non essenziali o ad investimenti.
Queste tre trappole ingabbiano il Paese e lo frenano. Difficile affrontarle tutte e tre simultaneamente. Se ne può forse uscire, impostando una soluzione europea per la trappola del debito. Non è un problema solamente italiano (anche se siamo secondi unicamente alla Grecia in termini di rapporto debito: Pil). Ma dell’intera Unione europea. La crisi ha prodotto un forte indebitamento di Paesi un tempo a basso debito. Il debito medio Ue sta per raggiungere il 100% del Pil dell’Unione. L’Italia potrebbe proporre la convocazione di una conferenza Ue su come alleggerirlo, ristrutturandolo. Possiamo vantare l’esperienza di un quarto di secolo fa quando un ex presidente del Consiglio italiano, su mandato delle Nazioni Unite, operò in un anno una ristrutturazione (concordata con i creditori) del debito dei Paesi in via di Sviluppo. Una volta usciti, almeno in parte, dalla trappola del debito, sarà più facile sciogliersi da quella della liquidità perché imprese e famiglie sapranno che una quota minore del loro valore aggiunto andrà a 'servire il debito'. Più arduo liberarsi dalla trappola dell’incertezza, perché in gran misura legata a fenomeni sui quali non l’Italia ma neanche la stessa comunità internazionale pare avere controllo.
Giuseppe Pennisi

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