FINANZA/ Il "contagio" cinese nascosto nelle banche
Pubblicazione: lunedì 11 gennaio 2016
Infophoto
Approfondisci
NEWS Economia e Finanza
Tutta la settimana scorsa, gli
osservatori della finanza internazionale hanno guardato ogni mattina
all’andamento della Borsa di Shangai e alle misure monetarie adottate dalle
autorità cinesi con il timore di una nuova “tempesta perfetta” spinta
dall’Estremo Oriente (dove - non dimentichiamolo - è in corso dall’estate 2015
una vera e propria guerra valutaria a colpi di svalutazioni competitive). Ha
senza dubbio una buona dose di ragione Lucrezia Reichlin dall’avvertire, dalle
colonne del Corriere della Sera, che nel 2016 appena iniziato “la
zavorra dei mercati non è la Cina”. Indubbiamente, la decisione della Svizzera
di interrompere, la scorsa estate, la parità centrale con l’euro, ha avuto
effetti molto più traumatici. Ci sono, poi, focolai preoccupanti sulle piazze occidentali
(nonostante i segni di ripresa, ancorché debole, dell’economia reale europea).
E il contesto di politica internazionale non è certo rassicurante.
Tuttavia in Cina molti nodi stanno
venendo al pettine e nessuno può prevedere cosa accadrà, data la notoria poca
affidabilità delle statistiche pubblicate da Pechino e l’estrema segretezza dei
processi in base ai quali nel Celeste Impero vengono prese le decisioni
politiche - non solo di politica economica ma di politica tout court.
Già la scorsa estate, in occasione
della prima “piccola svalutazione” dello yuan, su queste pagine abbiamo
sottolineato come il modello di crescita adottato dopo “le quattro
modernizzazioni del 1978” (alti tassi di risparmio e bassi tassi di consumo)
era sostenibile sino a quando la Cina cresceva rapidamente grazie a un alto
tasso d’investimenti scelti con cura. La valutazione e la selezione degli
investimenti ha fatto difetto.
Nell’infrastruttura residenziale, ad
esempio, si è puntato eccessivamente sulle costruzioni (che hanno rendimenti
molto differiti nel tempo) e sull’edilizia residenziale (per agevolare il
trasferimento della popolazione dalle zone rurali ai nuovi centri industriali).
Non solo si è cementificata un area pari a circa 200 volte quella dell’Italia,
ma si sono costruiti appartamenti dal costo medio di 100.000 dollari in aree
dove il reddito familiare medio è 10.000 dollari. Nei nuovi centri industriali,
impianti poco efficienti sono contornati da città fantasma prive di abitanti e
da affollate bidonville.
Nel contempo, mentre il debito
pubblico è rimasto al 50% del Pil (principalmente perché colossali industrie di
Stato e grandi autonomie locali non sono contabilizzate nel perimetro della
Pubblica amministrazione), il debito totale (famiglie, imprese, Stato,
Province) è stimato al 282% del Pil. Sono stime da prendere con le molle (data
la poca affidabilità - già ricordata - delle statistiche cinesi), ma talie da
avvertire che ‘il momento della verità’, se non è già giunto, sta arrivando.
Secondo due veterani della “scuola liberale” di economisti cinesi, Wu Jinglian
(classe 1929) e Mao Yushi (classe 1930), “l’ora è fuggita” e oramai una
recessione non può essere evitata, un “male necessario” per un profondo “cambio
di rotta” e un “aggiustamento strutturale”.
Numerosi osservatori sottolineano
che tale “momento della verità” penalizzerebbe il resto del mondo principalmente
contraendo l’export verso la Cina. Non credo che sia questo il punto centrale
della catena di trasmissione del “contagio”. Come sottolinea correttamente Paul
Krugman, il “contagio” rischia di essere “psicologico” e “finanziario”. Krugman
pone l’accento sui rapporti finanziari Cina-Usa. C’è un aspetto poco noto
(forse allo stesso Krugman): la carente vigilanza bancaria in Asia.
In Cina il sistema bancario è ancora
primitivo e la vigilanza quasi non esistente. In tutto il continente,
specialmente in Estremo Oriente, la vigilanza bancaria lascia a desiderare. Uno
studio della Banca Asiatica per lo Sviluppo, distribuito on line il 4 gennaio
(working paper No. 443 di Michael J. Zamorri e Minsoo Lee) mette a nudo i ritardi
nella normativa bancaria specialmente in materia di vigilanza: rari e spesso
superficiali i controlli in loco, poca dimestichezza con l’analisi di rischio.
Il documento contiene
raccomandazioni puntuali, ma il Consiglio della Banca asiatica può solo farle
proprie. Sta alle autorità nazionali attuarle: più o meno bene e secondo i loro
vincoli culturali. Questo potrebbe essere il nodo di trasmissione del contagio.
Un nodo insidioso e potente.
© Riproduzione Riservata.
Nessun commento:
Posta un commento