Il rapporto della Sec
Le agenzie di rating sono incorreggibili
Si è fatto di tutto per non farlo leggere.
Posto sul sito della Securities Exchange Commission (Sec, la Consob Usa) la
sera del 28 dicembre – quando erano già iniziate le ferie per la fine del 2015
e l’inizio del 2016 –, giunto in versione cartacea negli uffici di Senatori e
Deputati il 7 gennaio, il rapporto della Sec sulle prassi operative delle
agenzie di rating dalla crisi del 2007-2008 ad oggi è stato in qualche modo
mostrato il meno possibile, sfruttando anche il fatto che l’ultimo Discorso
sullo Stato dell’Unione, fissato per il 12 gennaio, ha catturato tutta
l’attenzione del mondo politico ed economico.
Perché tanta discrezione e riserbo? Nel
documento sulla condotta delle agenzie di rating per non urtare sensibilità (ed
in base ad un’interpretazione restrittiva della normativa sulla privacy) le
singole società che danno giudizi sul merito di credito di aziende e stati non
sono nominate per nome e cognome. Le dieci agenzie registrate con la Sec sono
divise in due gruppi: le tre 'grandi' (Fitch, Moody’s, Standard $ Poor ) e le
'altre sette'. Dalla lettura del documento (redatto in un lessico che
unicamente i tecnici del mestiere possono esaminare con facilità), si deduce
che a Wall Street e dintorni vige sempre il vecchio adagio per cui il lupo
perde il pelo me non il vizio.
Nonostante il Dood-Frank Act mirato ad evitare
del ripetersi delle disfunzioni nel rating che hanno quanto meno aggravato la
crisi dei prestiti subprime, le abitudini del settore non sembrano cambiate. Si
sono fatte forse più astute ma sono rimaste in vita le 'relazioni pericolose'
con le società, e le emissioni, su cui sono chiamate a dare una valutazione il
più possibile rigorosa ed asettica. Anzi, due delle 'grandi', «non seguono
neanche le proprie regole metodologiche e procedure interne per applicare, con
cura e trasparenza, i loro stessi modelli quantitativi di analisi ». Questi
«problemi » – afferma il rapporto – si sono verificati in numerose occasioni.
In breve, se l’agenzia tiene al cliente, il rating viene 'massaggiato' e
adeguato a fargli fare bella figura.
Gli errori – dovuti all’imperizia del
personale, spesso neolaureati alle prese con compiti così delicati – sembrano
«comuni e frequenti ». In una 'grande’'agenzia, ci vollero mesi prima che si
individuasse un 'errore di codificazione' dato ad un titolo, non
rispecchiandone tempo sui titoli europei.
valore e rischi. Sempre in una 'grande
agenzia', le regole interne «non hanno proibito prassi ingiuste, coercitive ed
anche abusi» (dei dirigenti nei confronti degli analisti). Questa 'grande'
agenzia avrebbe continuato ad offrire ad emittenti un rating migliore della
concorrenza per acquisire nuovi clienti ed una maggiore quota di mercato.
Un breve un documento devastante. Le
associazioni dei consumatori hanno fatto sentire la loro voce. Ma con una
campagna elettorale in atto, cosa farà la politica? Il tema ci riguarda da
vicino perché sono le medesime agenzie che fanno il buono e cattivo
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