Ecco la vertenza segreta fra Bruxelles e Italia (e non solo)
E’ scoppiata una maxi-vertenza tra
numerosi Stati membri e la Commissione Europea (CE) di cui nessuno avrebbe
voluto parlare. Dietro le dimissioni (o meglio la cacciata) del giurista Carlo
Zadra dal Gabinetto Juncker c’è molto di più della raffica di contenziosi
tra Commissione europea (CE) e governo Renzi di cui si parla in questi giorni
(dalla quattro banchette, all’Ilva, alle minacce non tanto velate di bocciare
la Legge di stabilità appena approvata dal Parlamento e di varare una
pesantissima procedura d’infrazione).
Non è un tema che riguarda il
governo Renzi, che anzi pensava di avere trovato nell’Esecutivo di Bruxelles
una stampella (anche se non proprio un alleato), nelle richieste di flessibilità.
Se ne parla nei lunghissimi corridoi dei fastosi uffici della CE, dove schiere
di eurocrati vagano dando l’impressione di non sapere qual è la loro meta,
forse promemades de santé (come si dice a Bruxelles) per i problemi
nervosi causati dall’essere troppi rispetto al lavoro da espletare. Zadra aveva
in mano un dossier molto più critico di quel “piano Juncker” che sembra finito
al Museo delle Cere.
La vertenza riguarda i numerosi
tentativi della CE di “allargarsi troppo” e di considerarsi un super Stato o
comunque un’entità sopranazionale che, alla faccia dei contribuenti degli Stati
membri, può pagarsi iper-stipendi e costellare di “ambasciatine” l’intero
globo. E’ rimasto tutto sotto silenzio o quasi (solamente il premier britannico
David Cameron ha sostenuto formalmente che se “l’allargamento” continua,
il Regno Unito saluta tutti e se ne va). Sino a tempi recenti, l’’allargamento’
procedeva a piccoli passi. Ma la Commissione, poi, ha tentato di fare il passo
grosso mentre tutti erano alle prese su come uscire dalla crisi economica,
politica e sociale che attanaglia l’Europa.
In Italia, a svelarlo con ricchezza
di dettagli è stato un coraggioso dirigente della Ragioneria Generale dello
Stato, Dario Ciccarelli, nel libro Il Bandolo dell’Euromatassa. Il
saggio è stato al centro di seminari scientifici ma si è fatto di tutto per
evitare che se ne parlasse. Formiche ha trattato la questione in
dettaglio nel mensile cartaceo del dicembre scorso. In sintesi, la CE ha
insistito perché un trattato di aggiornamento tecnico al trattato del 1994
istituente l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) non venisse ratificato
non dai Parlamenti degli Stati membri (che hanno creato la OMC ratificando il
pertinente trattato) bensì dalla CE medesima ma in modo autoreferenziale e
contrario al diritto internazionale ed ai diritti costituzionali di tutti i 28
Stati membri. Alla CE il Trattato di Roma diede il compito di “rappresentare”
gli Stati membri , non di sostituirsi ad essi nelle trattative commerciali
internazionali; in effetti sino ad ora la CE si è mossa nell’ambito di deleghe
specifiche conferitagli di volta in volta, dal Consiglio dei Ministri del
Commercio con l’Estero dei 28.
Annidato in un aggiornamento tecnico
sarebbe stato il grimaldello per stabilire la sopranazionalità della CE (tra
cui il diritto di stabilirsi gli stipendi che desiderano: ora sono più del
doppio della media dei funzionari pubblici dei 28). E’ scoppiato un putiferio,
con ricorsi in Italia all’Avvocatura dello Stato (come quello allegato) perché
intervenga in sede di Corte Costituzionale Italiana e Corte Europea di
Giustizia. Dato che il grimaldello è stato oggetto di un saggio in Italia e di
ricorsi italiani, ma molti altri Stati dell’UE si muovono o si stanno muovendo,
non potendo eliminare il dossier, si è forzato alle dimissioni il giurista
italiano competente per la materia nel Gabinetto del Presidente della CE
(l’evanescente Juncker). “Silenzio stampa” in Italia; lo ispirano Palazzo Chigi
e la Farnesina in barba al Parlamento?
Da quando esiste la democrazia
parlamentare, la ratifica dei trattati internazionali è compito precipuo dei
Parlamenti degli Stati firmatari. Affidarla, quasi di soppiatto, ad un organo
come la CE (che dovrebbe essere un segretariato tecnico dell’attuazione delle
politiche concordate dagli Stati membri) significa abolire uno dei
cardini-chiave della democrazia parlamentare e spogliare i Parlamenti di una
delle loro funzioni essenziali.
Perché il governo non protesta? Teme
ripicche dalla CE. Ma la CE è una tigre di carta; basta prospettare una
riduzione degli stipendi (peraltro dovuta in tempi come questi) per metterla in
riga.
07/01/2016
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