Chi fa la guerra alla bad bank
L'analisi di Giuseppe Pennisi
Who is afraid of the big bad wolf? Chi ha paura del lupo cattivo?,
diceva un ritornello per bambini. Si potrebbe mutuarlo in Who is afraid of
the big bad bank?, tranne che, nella ultima versione, la bad bank
all’italiana non sarà big ma saranno numerose società veicolo affiliate a
banche con crediti deteriorati, alcune con “garanzia” pubblica ed altre senza
“garanzia” pubblica. La “garanzia”, come qualsiasi assicurazione, avrà un
prezzo; e ciò toglierebbe di mezzo le polemiche sugli “aiuti di Stato”. Questa
la proposta messa a punto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dalla
Banca d’Italia e che i funzionari della Commissione Europea stanno in questi
giorni studiando.
Ma andiamo con ordine. Le differenze
di opinioni su una o più bad bank per i crediti deteriorati non è solo un tema
di dissenso tra l’Italia e la Commissione Europea. Il Fondo monetario
internazionale, ad esempio, sostiene che quando le difficoltà di un sistema
bancario superano certi livelli è opportuno creare una bad bank comunque
strumenti trasparenti per la commercializzazione dei titoli inesigibili. In un
passato non molto lontano, Bruxelles non contestava le posizioni del Fmi (che
considerava un fratello maggiore dotato di più esperienza e saggezza). Chiedeva
solo che la bad bank non comportasse “aiuti di Stato” tali da falsare la
concorrenza. Da qualche tempo l’argomento europeo è diventato più articolato:
si sta creando un’unione bancaria in cui non c’è spazio per le bad bank perché
ci sono regole comuni per la vigilanza degli istituti di credito e per la
“risoluzione” di crisi di una o più banche in dissesto. In tale unione non ci
sarebbe posto per una o più bad bank.
Ma l’unione è nata solo formalmente
il primo gennaio 2016. Le manca, infatti, la terza gamba:
l’assicurazione-garanzia comune ai conti correnti che non superano i centomila
euro. Un’unione con due gambe (vigilanza, “risoluzione” degli istituti in
dissesto) è instabile mentre una con tre gambe (la garanzia comune sui conti) è
salda. Non è la “specificità italiana” a richiedere la bad bank, ma un’unione bancaria
ancora monca (e tale da restarlo a lungo) che rende deboli gli argomenti
europei. E, di converso, forti quelli del Fmi.
Quindi è sul completamento
dell’unione bancaria che occorre operare, nonostante l’opposizione della
Germania all’uniformazione, ed europeizzazione, delle garanzie sui depositi in
conto corrente che non superino i 100.000 euro. La proposta dell’Italia è un
buon escamotage per superare il vicolo cieco nel breve periodo, ma comporta un
macchinoso monitoraggio di diverse bad bank, con “garanzia” e “senza garanzia”.
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