Ma quali sono gli alleati di Renzi in Europa?
Il corsivo di Giuseppe Pennisi
I “gufi” presenti al Palazzo della
Farnesina hanno, a torto o a ragione, pensato che ieri 15 dicembre il lungo
ritardo del Rappresentante dell’Unione Europea (Ue), Federica Mogherini,
ad una riunione alla Farnesina sui rapporti tra l’Unione e l’America Latina
fosse dovuto ad una riunione inattesa con il Presidente del Consiglio Matteo
Renzi. Tanto più che, nella sala delle riunioni internazionali del
Ministero Affari Esteri, erano presenti una ventina di ambasciatori e
rappresentati di alto livello delle organizzazioni latino-americani. Alcuni
hanno preso il soprabito e se ne sono andati, visibilmente seccati.
Non è difficile ipotizzarlo. Tanto
più che Federica Mogherini è non solo particolarmente apprezzata dal presidente
del Consiglio ma anche specialmente attrezzata (poiché il suo incarico comporta
la Vice Presidenza della Commissione Europea) a fare da pontiere con il
presidente della Commissione medesima.
La mattina del 15 dicembre, a
Bruxelles, nella prima conferenza stampa dell’anno Jean Claude Juncker
aveva deciso di rispondere con collera fredda, dopo settimane di silenzio, a
Matteo Renzi e all’Italia che «ha preso a vilipendere e criticare la
Commissione ogni volta che può». Ha anche accusato di millantato credito il
presidente del Consiglio italiano che si sarebbe arrogato il merito della
“flessibilità”, nelle politiche di bilancio prevista in un documento della CE.
In breve il “Royal Baby” si sarebbe comportato più da “baby” che prende la
caramella del vicino che da “royal”.
Nel pomeriggio, è arrivata la
replica del Presidente del Consiglio: «Non abbiamo attaccato Bruxelles né la
Commissione ma vogliamo che l’Italia sia rispettata. Non è che ci facciamo
intimorire da dichiarazioni ad effetto. Ho l’onore di guidare un grande Paese
che ogni anno dà tanti soldi a Bruxelles e vuole che siano spesi bene», ha
detto Renzi in un’intervista al Tg5. E ha aggiunto: «L’Italia ha
fatto le riforme e quindi il tempo in cui si poteva telecomandare la linea da
Bruxelles a Roma è finito».
Quindi, siamo non tanto a liti tra
comari quanto a bisticci tra amanti che si sono appena abbandonati e che si
accusano reciprocamente di tradimento. In serata alla celebre birreria di
Bruxelles La Morte Subite si commentava così uno scambio di
battute tanto acido da non esserci mai stato dall’inizio della UE a Sei nel
1958.
In primo luogo, Juncker non si
sarebbe espresso con freddo agghiacciante livore se non avesse avuto il
benestare dell’azionista di maggioranza relativa della UE, Frau Angela
Merkel, e di molti altri. In breve, il Royal Baby avrebbe cassé les
balles a trop de monde (rotto i cosi detti a troppi). Lo stesso Presidente
della Francia, François Hollande, lo avrebbe scaricato. In breve,
l’unico alleato vero sarebbe Alexis Tsipras, il qualche, però, nei
consessi europei, conta quanto il due di coppe quando briscola è denari, anche
perché si presenta sempre con un piatto in mano.
In secondo luogo, le richieste e i
dossier italiani sono sempre più numerosi e controversi: flessibilità di
politica di bilancio, bad bank, salvataggi di banchette in crisi, Ilva e via
discorrendo. I dirigenti ed i funzionari che ci lavorano sono stanchi e stufi
di essere additati come burocrati che devono chinar la schiena alla politica di
uno dei 28 Paesi dell’UE. L’Italia, e il Royal Baby, rischiano sculacciate da
eurocrati indispettiti per i modi più che per la sostanza.
In terzo luogo, Renzi viene visto
come una “tigre di carta”. Soprattutto dopo che ha annunciato il
trasferimento ad altra sede del Rappresentante Permanente dell’Italia presso la
UE, l’ambasciatore Stefano Sannino, di fronte ad una levata di scudi di
tutte le diplomazie si è dovuto rimangiare quanto detto.
Nel bisticcio, non so chi ha torto e
chi ragione. Chi ci rimette è, senza dubbio, l’Italia.
16/01/2016
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