venerdì 25 maggio 2012

A Peter Grimes hanno tolto il mare in Milano Finanza 26 maggio

InScena A Peter Grimes hanno tolto il mare di Giuseppe Pennisi Senza il mare scuro e pieno di gorghi dell'East Anglia Peter Grimes è come I Malavoglia senza le onde che cozzano con la scogliera di Acitrezza. Spostare la vicenda del 1830 ai giorni nostri rende difficile coglierne il cuore. Lo scontro (mortale) di tutto un villaggio contro il «diverso» (non si saprà mai se colpevole o innocente degli omicidi a lui attribuiti) oggi perde di valore perché le diversità sono accettate e non si accusa di omicidio in base a dicerie di taverna. Senza questi due difetti della regia di Richard Jones, il nuovo allestimento di Peter Grimes di Benjamin Britten (alla Scala fino al 7 giugno e poi in vari teatri europei) sarebbe perfetto. Azione scenica e recitazione sono ineccepibili nonostante un involucro (un quartiere popolare di questi anni) poco appropriato. Tanto più che la magistrale direzione musicale di Robin Ticciati (una giovane bacchetta di gran lusso dopo tanti presunti enfant prodige) porta l'oceano dalla buca in scena non solo negli interludi marini (come li definì Britten) ma in tutti e sei i quadri dello spettacolo. Raramente, negli ultimi tempi, dall'orchestra della Scala si è avuta una sonorità così piena e così rotonda e un'attenzione ai tempi così accurata. Perfetto l'equilibrio con il palcoscenico dove John-Graham Hall è un Peter camaleontico anche vocalmente (per la varietà dei registri in cui si impegna), Susan Gritton è una Ellen da manuale (la maestrina vedova che comprende il dramma del pescatore e vorrebbe aiutarlo a uscirne) e Felicity Palmer una Zietta ben calibrata tra caricatura e tragedia. Ottimo il contrappunto dei numerosi comprimari. Di livello, il coro, vero coprotagonista del lavoro. (riproduzione riservata)

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