giovedì 10 maggio 2012
Le “previsioni“ di Passera svelano le sue mire politiche in Il Sussidiiario 11 maggio
DIETRO LE QUINTE/ Le “previsioni“ di Passera svelano le sue mire politiche
INT.
Giuseppe Pennisi
venerdì 11 maggio 2012
Corrado Passera (Infophoto)
Approfondisci
SPILLO/ Monti keynesiano? Meglio Fanfani..., di G. Credit
IMU/ Tutte le "follie" della tassa sulla casa, di U. Arrigo
Che peso dare alla parole di un ministro “tecnico” che, nel pieno del suo mandato, dipinge scenari catastrofici? Corrado Passera, il titolare dello Sviluppo economico, ci è andato giù pesante e, se quanto ha detto corrispondesse effettivamente alla realtà, ci sarebbe da preoccuparsi. L’ex ad di Intesa Sanpaolo, nel suo intervento di fronte alla platea di Rete imprese Italia, si è detto convinto che almeno metà degli italiani stiano vivendo una situazione di disagio sociale: ovvero, sette milioni di disoccupati, sottoccupati, o momentaneamente senza lavoro moltiplicati per le loro famiglie; e che, se non si fa al più presto qualcosa, il rischio è che la coesione sociale salti. Abbiamo chiesto all'economista Giuseppe Pennisi come stiano, effettivamente, le cose.
Come valuta le affermazioni di Passera?
Vanno lette, anzitutto, in chiave politica. Se lui ha lasciato tutte le posizioni che ricopriva in precedenza, è perché ha ambizioni in tal senso. L’idea è quella di varcare la soglia di Palazzo Chigi, con Mario Monti al Quirinale. Si è trattato, quindi, di una reazione all’andamento delle elezioni francesi e a quelle italiane, dove il successo dei grillini e dell’antipolitica lasciano intendere che si impone una riposta alle esigenze dei cittadini sul piano sociale. In questo momento si è intestato il ruolo del rigorista accomodante.
Nel merito, crede che il computo di Passera possa essere preso per buono?
Effettivamente, il calcolo va fatto prendendo in considerazione non il singolo, ma la famiglia; ora, considerando che, secondo gli ultimi dati dell’Istat, l’11% di esse vive sotto la soglia della povertà, l’area di disagio descritta da Passera potrebbe non essere precisa, purtroppo, per difetto.
In che termini la coesione sociale potrebbe saltare?
Quando il ministro ha parlato di un tale rischio, credo che si riferisse all’ipotesi di astensionismo alle prossime elezioni o al successo dei grillini; certo, la tensione e il conflitto aumenteranno. Ma non credo che arriveremo mai a scenari analoghi a quelli greci. Né che il terrorismo possa, al di là del caso di Ansaldo nucleare (resta, per inciso, da dimostrare se si tratti o meno di un attentato di matrice terroristica), tornare realmente a occupare le prime pagine dei giornali.
Perché crede che la situazione non deflagrerà?
In seno alle famiglie italiane, nonostante la secolarizzazione, è rimasta l’impronta, in termini di cultura della solidarietà e di coesione sociale, della dimensione cattolica della società.
E’ giusto affermare che l’Europa, sul fronte dell’occupazione e del disagio sociale non abbia fatto abbastanza?
A dire il vero, per anni ho fatto parte dell’alto Comitato europeo per l’esclusione sociale e per decenni la maggior parte dei Paesi europei ha rifiutato l’ipotesi che problemi di questo genere andassero affrontati in un quadro comunitario.
A questo punto, in ogni caso, come se ne esce?
Monti e il sottosegretario all’Economia Grilli chiederanno la Golden Rule, cioè la possibilità di togliere dal computo del deficit parte della spesa pubblica finalizzata agli investimenti. Ma l’Ue non gliela concederà. A quel punto non resterà loro che chiedere un allentamento dei vincoli imposti dal Fiscal compact con l’obiettivo di disporre di maggiori risorse finanziarie da utilizzare per l’inclusione sociale.
Perché, in ogni caso, la Golden Rule non sarà concessa?
Per l’impossibilità tecnica e politica di definire il concetto di “investimento”.
Passera ha parlato della necessità di puntare sulle nostre eccellenze (moda,filiera agroalimentare, turismo, autonomazione) per rilanciare la crescita e,quindi, l’occupazione.
Negli anni ’80, l’export italiano rappresentava il 6% di quello mondiale. Oggi siamo a malapena al 3%. Puntare sull’eccellenza, quindi, vuol dire soltanto puntare sul mercato internazionale. Altrimenti, manterremo le posizioni ma non ne guadagneremo altre.
(Paolo Nessi)
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