giovedì 10 maggio 2012

La sindrome del Sol Levante che blocca il Paese da 15 anni in Avvenire 11 maggio

La sindrome del Sol Levante che blocca il Paese da 15 anni DI GIUSEPPE PENNISI N el 2011, in Giappone il rapporto tra stock di debito e Pil ha toccato il 228%. Per il 2012 le stime affermano che arriverà tra il 233 ed il 242% .I dettagli contano poco. È una massa di debito in rapporto al reddito nazionale pari a tre volte quella della Francia e della Spagna. Eppure, sul debito nipponico spira un venticello leggero che non fa presagire tempeste. Perché? In primo luogo, meno del 5% dei titoli giapponesi sono collocati all’estero. Di con¬seguenza, il Tesoro giapponese non deve convincere risparmiatori e operatori stranieri ad acquistare le proprie obbligazioni offrendo interessi tali di tener conto di eventuali perdite di valorizzazione per il rischio di insolvenza. In secondo luogo, nonostante la marcata riduzione accusata negli ultimi 15 anni, il tasso di risparmio delle famiglie giapponesi è ancora sul 7% del reddito disponibile: un saggio pubblicato da Charles Yuji Horioka e Wako Watanabe nell’ultimo fascicolo dell’Economic Journal, sottolinea, sulla base di un’estesa ricerca empirica, che i giapponesi risparmiano principalmente per «ragioni precauzionali ». In terzo luogo, il mercato finanziario è formalmente «aperto », ma sostanzialmente molto chiuso e, quindi, mancano le opportunità d’investimento. Tutto bene? Niente affatto. Il Giappone è da oltre 15 anni in bilico tra stagnazione e recessione nonostante una politica monetaria espansionista e di¬savanzi di bilancio iper-keynesiani e, di tanto in tanto, ritocchi al tasso di cambio. Richard Koo, Chief Economist del No¬mura Research Institute, ha documentato come ormai l’obiettivo dei sempre più anziani giapponesi non sia quello di «massimizzare l’utile», ma di «minimizzare il proprio indebitamento ». Le grandi imprese sono sulla stessa strada. Il Giappone fucina di innovazione degli Anni Cinquanta e Settanta è ormai un pallido ricordo. Il 'caso giapponese' è stato lo stimolo agli studi di Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff sul debito come freno alla crescita. Soprattutto, si è entrati in un circolo vizioso da cui nessuno sa come uscirne. Poche settimane fa, il socioeconomista (e demografo) americano Nick Eberstadt ha citato un romanzo di fantascienza del 1992 – The Children of Men di P.D. James – per ammonire che la «sindrome giapponese » è un spettro all’orizzonte di un’eurozona che potrebbe «socializzare» il debito sovrano degli Stati, ma chiudersi al resto del mondo: invecchiamento, denalità, per ogni bambino che nasce un uomo od una donna compie cento anni. © RIPRODUZIONE RISERVATA Solo il 5% dei titoli nipponici sono collocati all’estero. Per questo il Paese non rischia il default. Ma è schiacciato da oltre un decennio tra stagnazione e recessione Debito pubblico in scadenza nel 2012 : 3.000 milardi di dollari

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