Strauss risuona in buca
Giuseppe Pennisi
Nel catalogo Strauss-Hofmannsthal, “Elektra” è uno dei lavori rappresentati con maggiore frequenza in Italia: negli ultimi anni si è visto alla Scala, all’Opera di Roma, al Maggio Musicale fiorentino, al Massimo Bellini di Catania, al Filarmonico di Verona, nonché nei Festival di Taormina, Macerata, Pompei e Spoleto e lo scorso anno in una serie di “teatri di tradizione”.
Nella vulgata di storia della musica, la magia di “Elektra” viene presentata come un prodigio, al tempo stesso, di complementarità e di contrasto tra il testo di Hofmannsthal e la partitura di Strauss; circolare il primo (con il proprio epicentro nel confronto-scontro tra Elektra e Klytämnestra); vettoriale il secondo sino all’orgia sonora in do maggiore del finale.
L’edizione in scena a Roma sino all’8 ottobre mostra come sia l’azione sia la musica abbiano una struttura ad ellisse; un’introduzione quasi contrappuntistica (il dialogo delle ancelle per preparare al monologo di Elektra) si snoda in una vasta parte centrale in cui il confronto tra Elektra e Klytämnestra (colmo di disperazione) è inserito tra due altri confronti – quelli tra Elektra e Chrysothemis (rispettivamente sul significato della vita e sul valore della vendetta); in tutta questa parte centrale si sovrappongono due tonalità musicali molto differenti per unificarsi dalla scena del ritorno di Orest e del duplice assassinio e predisporre, quindi, il do maggiore della danza macabra finale.
L’edizione è una coproduzione tra il Teatro dell'Opera e il Festival di Salisburgo. L'impianto scenico è affidato a Raimund Bauer, le luci sono di Duale Schuler, la coreografia di Denni Sayers, i costumi di Andreas Schmidt-Futterer e la regia di Nikolaus Lehnhoff. La sala e il palcoscenico sono invece differenti, così come la bacchetta, l'orchestra e gli interpreti.
Tra mura sghembe e pavimenti divelti, si svolge un dramma che coinvolge tre donne: Elettra, una splendida Eva Johansson, tesa verso la vendetta, Clitemnestra, una Felicity Palmer che a 67 anni è ancora una grande cantante e una superba attrice, e Crisotemide (una dolcissima Melanie Diener) il cui obiettivo è uscire dalla gabbia, trovare un uomo e avere un figlio. Egisto (Wolfgang Schmidt) e Oreste (Alejandro Marco-Buhrmester) non sono che dei comprimari. I veri vincitori sono il maestro concertatore Stefan Soltesz, e l'orchestra in grandissima forma.
Grande successo alla prima: quindici minuti di applausi dopo un atto unico di circa un’ora e tre quarti.
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