mercoledì 26 ottobre 2011

Con Friedkin Janácek diventa un thriller in Avvenire 27 ottobre

Con Friedkin Janácek diventa un thriller

Al Maggio Fiorentino il regista de «L’esorcista» dà ritmo serrato a «L’affare Makropulos» del compositore ceco, apologo gotico sull’immortalità. Bene Mehta, ottima Angela Denoke


DA FIRENZE

GIUSEPPE PENNISI

affare Makropulos,

L’ penultima opera di Leóš Janácek (fu scritta tra il 1923 e il 1925), è uno dei lavori del compositore moravo più rappresentanti in Italia negli ultimi vent’anni anche grazie ad un allestimento di Luca Ronconi che dopo il debutto a Torino, si è visto a Bologna, Napoli e Milano. Questa estate commentando una produzione al Festival di Salisburgo si è sottolineato come, sotto l’apparenza di un giallo poliziesco, l’opera tratta di un tema altamente filosofico e religioso: l’immortalità della persona fisica vista come punizione estrema.

La considerava così Platone nel Simposio. Il tema veniva approfondito dai Padri della Chiesa e nelle leggende medioevali; lo stesso Wagner, nel suo ultimo lavoro Parsifal,

vede Kundry condannata all’immortalità perché ha irriso Cristo in Croce. Leóš Janácek ha più volte affrontato il tema religioso, non solo nella sua Messa Glagolitica ma anche in altri lavori dove varie esperienze cristiane (dalla cattolica alla luterana alla ortodossa) si fondono con elementi panteistici. La protagonista de L’affare Makropoulos, E.M, rinuncia all’immortalità e all’eterna giovinezza perché le sente come il peso di una condanna eterna.

Questo aspetto, centrale in numerose regie, non è sfiorato da William Friedkin, noto autore cinematografico, (L’Esorcista, Vivere e Morire a Los Angeles, Braccio violento della legge). Con l’ausilio degli 'effetti speciali' di uno specialista come Michael Curry, scava nel thriller psicologico con grande abilità grazie anche alla destrezza scenica dei cantanti. Interrompendo l’opera (in tutto 90 minuti) con un lungo intervallo, però, indebolisce la tensione scenica.

Gli aspetti musicale sono affidati a Zubin Mehta, la cui bacchetta è più drammatica e dilatata di quelle, terse, di Esa Pekka Salonen a Salisburgo e di Simon Rattle a Aix en Provence. Ricorda piuttosto la concertazione di Makropulos di Charles Mackerras (grande esperto di Janácek). Angela Denoke è E.M., ruolo difficilissimo pure perché sempre in scena e deve ascendere ad acuti elevatissimi (e tenuti a lungo) per poi discendere a tonalità gravi, ha trionfato a Firenze così come alla Scala nel 2009 e a Salisburgo l’estate scorsa. La affiancano Miro Dvorsky, Karl Michael Ebner, Andrzej Dobber, Mirko Guadagnini, Jolana Fogašová e una schiera di caratteristi. Tutti di livello.

Buon successo alla prima l’altra sera. Un Makropulos è annunciato anche a La Fenice; da augurarsi che venga ripreso, se del caso con correzioni di tiro, l’edizione fiorentina e non montata un’edizione nuova di zecca.

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