venerdì 28 ottobre 2011

Affare Makropoulos, thriller in musica in Milano Finanza 29 ottobre

InScena
Affare Makropoulos, thriller in musica
di Giuseppe Pennisi


L'Affare Makropoulos di Leo Janácek, poco rappresentata in Italia fino a 20 anni fa, è oggi spesso sui palcoscenici italiani. Un nuovo allestimento è a Firenze fino al 2 novembre e una ripresa è già annunciata alla Fenice. In apparenza si tratta di un poliziesco alla Agatha Christie: un processo che dura da più di cent'anni in cui si inserisce una bella e giovane Emilia Marty (ossia E.M), che tanto sa (e tanti documenti sa trovare) e cerca disperatamente un manoscritto in greco.
Nel manoscritto (la «cosa» Makropoulos, traducendo letteralmente dall'originale moravo) c'è la formula di una ricetta di lunga vita: E.M. ha già 337 anni (in tre secoli ha sempre mantenuto le iniziali pur cambiando nome) e gli effetti della pozione stanno per scadere. In sostanza, è, però, una riflessione filosofica-religiosa sul senso della vita.
L'allestimento è curato, per la parte drammaturgica, da William Friedkin (con l'apporto di Michael Curry per gli effetti speciali) e, per quella musicale, da Zubin Mehta. Fridkin e Curry sono più interessati al thriller che alla dimensione filosofico-religiosa. Efficaci l'impianto scenico e le proiezioni ma l'intervallo riduce la tensione: l'opera dura novanta minuti ed è spesso messa in scena senza interruzione. È la prima volta che Zubin Mehta concerta Makropoulos. Dirige con il braccio largo e dilatando i tempi. Dà a Janáceck una patina tardo-romantica e coglie solo in parte il complesso incastro di frammenti e cellule musicali caratteristico della scrittura del compositore. L'orchestra lo segue su questa strada, più facile per il pubblico rispetto a quelle, serrate, di altri concertatori. Angela Denoke ha trionfato, come accadde alla Scala nel 2009 e a Salisburgo la scorsa estate, in un ruolo, quello di E.M, in cui è quasi sempre in scena e deve passare dal chiacchierar cantando al declamato, fino al grande arioso finale in Do. Buono il resto del cast, in gran misura composto da attori e cantanti boemi e moravi avvezzi a interpretare frequentemente i rispettivi ruoli. (riproduzione riservata)

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