POTRANNO I NOSTRI EROI SALVARE L'UNIONE MONETARIA EUROPEA?
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Roma - Il 23 ed il 24 ottobre, il vertice europeo riuscirà a salvare e a dare nuovi e più appropriati contorni e contenuti all’unione monetaria europea? Non facciamoci illusioni: l’euro sta attraversando una crisi gravissima se André Cabannes, una delle voci più ascoltate nelle due sponde dell’Atlantico, non esita a scrivere che dobbiamo abituarci di nuovo ad andare in giro con sei-sette monete in tasca (da utilizzare per le transazioni interne) e limitare l’utilizzazioni della moneta unica a quelle internazionali. In effetti, le misure che si stanno prendendo per tamponare la crisi degli Stati maggiormente indebitati sono non solamente contrarie al Trattato di Maastricht (nelle sue varie edizioni) ma ai principi stessi di un’unione monetaria. L’attenzione è, invece, su quelle misure e non su come trovare un percorso che recuperi quella che sarebbe dovuta essere la funzione primaria dell’euro: una convergenza delle economie reali verso tassi di produttività e di competitività più elevati e tali da rendere l’Europa elemento dinamico, non un fardello (come è adesso), per l’economia mondiale. Purtroppo, come ha dimostrato James Buchanan, i politici (quale che sia il Paese e quale che sia la loro provenienza) soffrono di miopia e così i barracuda-esperti che li coadiuvano. Lo short-termism si è accentuato negli ultimi anni, pure a ragione della crisi finanziaria ed economica internazionale.
Una strada per salvare l’unione monetaria, prima che la situazione deteriori ulteriormente, c’è. Nell’immediato, occorre evitare una nuova recessione poiché nessun Paese dell’area oggi sosterebbe un’ulteriore perdita di Pil del 4-6 per cento (in aggiunta alla contrazione già avuta nel 2008-2010) senza forti rischi per la propria tenuta politica e sociale tali da mettere a repentaglio non solo l’euro ma il disegno complessivo dell’Ue. Lo si consideri nell’approntare il Decreto Sviluppo. Ormai da mesi Hans-Werner Sinn (Presidente del CESifo di Monaco, il più autorevole centro di ricerche tedesco) sta visitando varie capitali europee in modo del tutto informale al fine di esaminare le vie di un possibile riassetto dell’economia reale dell’eurozona, premessa essenziale per qualsiasi marchingegno d’ingegneria finanziaria.
Potrebbe essere adottato il metodo di base utilizzato nel 1993-1999 per dare vita all’eurozona: un percorso a tappe ben definite con criteri ed indicatori pre-stabiliti. Si possono anche mutuare lezioni di unioni monetarie in cui alcuni partner sono usciti senza pagare costi troppo alti. Ci sono stati esempi recenti in America Latina e più lontani nel tempo in Asia. Le vicende di uscita dalla “dollarizzazione” provano che la gradualità (a tappe molto chiare) premia (il caso di Perù e Ecuador), mentre la mossa brusca costa cara (ne sa qualcosa l’Argentina).Le tappe devono avere puntelli chiari di economia reale per porre al centro del percorso la convergenza delle strutture di produzione e la produttività dei fattori e dei tassi effettivi di andamento dei prezzi, unitamente a misure di accompagnamento per quei soci del Club che non riescano ad avvicinarsi al resto della cordata. Potrebbero confluire nello SME 2: l’accordo sui cambi tra le banche centrali di alcuni Stati dell’UE che non appartengono all’eurozona, da un lato, e la Banca centrale europea, dall’altro. (ilVelino/AGV NEWS)
(Giuseppe Pennisi) 18 Ottobre 2011 12:19
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