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CLT - Lirica, a Parma in scena un “Barbiere” intelligente e di qualità
Parma, 18 apr (Il Velino) - Lo scorso autunno il Teatro Massimo di Palermo ha presentato un “Barbiere di Siviglia” con una lettura giovane e nuova sotto molti punti di vista e un’intelligente chiave interpretativa: Figaro visto come un precario in una Siviglia in cui tutti hanno un ruolo ben definito: Almaviva quello del ricco spasimante, Rosina quello dell’innamorata avvinghiata da lacci e lacciuoli relativi alla propria condizione sociale, Bartolo quello del burbero a caccia di fanciulle e doti, Basilio quello dell’Azzeccagarbugli pronto a farsi convincere con una manciata di denaro. Ricordiamo brevemente la trama della pièce di Beaumarchais: Bartolo, medico di una certa età, vuole impalmare la giovane, bella e ricca Rosina di cui è tutore ossia, rifacendoci al clima dell’epoca, protettore-amante da qualche tempo. Il desiderio di convolare a nozze non è tanto di carpirne una cospicua eredità (non se ne parla mai) ma perché vede giovanotti di bella presenza, e pure con il portafoglio pieno, ronzare attorno alla ragazza con l’intenzione di portargliela via. In effetti, la fanciulla ha messo gli occhi su un attraente studente (si dichiara tale, ma è un contino donnaiolo di chiara fama). Con l’aiuto di un barbiere tuttofare (Figaro), specialmente se c’è denaro in vista, il giovanotto assume varie vesti (i panni di militare e di prete insegnante di musica) per entrare nella barricatissima abitazione di Bartolo, corteggiare la ragazza e sposarla, per poi tentare di tradirla con la cameriera (come si vede nella seconda puntata della trilogia). Ma finendo per essere beffato dalle due donne.
A fine Settecento, la pièce di Beaumarchais aveva una certa carica rivoluzionaria: il “Terzo stato” (Figaro) metteva ordine nei pasticci di clero, aristocrazia decadente e borghesia emergente. Messa in musica dall’anziano Giovanni Paisiello, diventò un’elegante e delicata commedia sentimentale. Pochi anni più tardi, al giovane Gioacchino Rossini venne chiesto di musicarla nell’arco di una settimana. Nelle mani di Rossini, “teocon” davvero reazionario ma bonvivant e pieno di amanti già a 24 anni, diventò frizzante come il lambrusco e brillante come la cucina romagnola, dove il Cigno di Pesaro trascorse la sua infanzia girovaga. Riconosciuta come una delle quattro maggiori commedie in musica dell’Ottocento, “Il Barbiere” continuò ad avere strepitoso successo anche quando imperversava il melodramma verdiano e quasi tutti i lavori rossiniani erano finiti nel dimenticatoio. Tanto da essere ancora oggi una delle opere del pesarese più frequentemente rappresentate.
Nello spettacolo in scena al Regio di Parma, Figaro è un ancora una volta “precario” che mette le sue doti al servizio dei potenti sia al tramonto (Don Bartolo, Don Basilio) sia emergenti (il giovane Conte d’Almaviva e, soprattutto, la pepata Rosina). Cerca, come tutti i “precari”, un posto fisso. E lo otterrà. Al servizio di Almaviva che, come sapremo dal prosieguo della vicenda, tenterà di portare nel proprio letto la sua fidanzata, restandone però scornato di fronte all’universo mondo. Nell’allestimento di Parma non c’è tuttavia la vis polemica presente in quello palermitano. È una produzione di Stefano Vizioli (regia) con scene di Francesco Calcagnini e costumi di Annemarie Heirnich inizialmente concepita per Ferrara Musica, che negli ultimi dieci anni ha girato per teatri grandi e piccoli, affinata di volta in volta dal regista e dai suoi collaboratori. È quindi uno spettacolo molto rodato che, anche per questa ragione, il 26 aprile verrà presentato in diretta e alta definizione in 400 cinema in tutta Europa. Sotto il profilo scenico e drammaturgico, è un lavoro elegante che intende soprattutto divertire. Intelligente la scena fissa: una Siviglia dai palazzi bianchi che si apre negli interni della casa di Bartolo dalle pareti rosa, con un cielo blu sgargiante. Belli i costumi, studiati perché lo spettacolo sia caratterizzato da una policromia raffinata. Vizioli, lo ripetiamo, non vuole trasmettere un messaggio ma divertire, mentre nella regia di Francesco Micheli a Palermo si strizzava l’occhio a Almodovar.
(Hans Sachs) 18 apr 2011 12:46
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