DA OGGI TUTTO PIU’ CARO (E DIFFICILE)
PER LA VISIONE CORTA BCE
Giuseppe Pennisi
Da oggi, in Italia tutti hanno un grattacapo in più. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze deve collocare sul mercato nel corso del 2011 non 240 miliardi di euro (cifra già da far paura) ma almeno 260 miliardi; per comprare titoli, banche e risparmiatori chiederanno un prezzo più alto di quello che avrebbero chiesto questa mattina. Le imprese , che hanno crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni pari al 6% del Pil, avranno maggiori difficoltà a finanziare i loro programmi di espansione od anche solo per reggere in un mercato interno che dal 2007 ad oggi si è contratto di circa sei punti percentuali; sarà anche più arduo operare all’estero a ragione del rialzo del cambio dell’euro sul dollaro. Le famiglie il cui debito medio si aggira sui 24.000 euro, dovranno fare fronte a rate più alte (se hanno preso in prestito a tassi flessibili). Coloro che cercano di vendere casa faranno fatica a trovare acquirenti a ragione del rialzo del costo dei mutui. Il commercio in generale che, dopo saldi tiepidi, dovrà prepararsi ad un nuovo grande freddo. Tutto ciò potrebbe dire smorzare i flebili segnali di ripresa e tornare ad un andamento del Pil rasoterra ove non negativo. Con conseguenze gravi per l’occupazione.
Preparato da una strategia di comunicazione molto efficace, il Consiglio della Bce ha aumentato della 0,25 % il proprio tasso “direttore”, quello che incide su tutti gli altri tassi d’interesse sino a quelli che vanno nelle tasche di imprenditori e consumatori. E’ una mossa eloquente : il cambiamento di rotta, da una politica monetaria “accomodante” a una “restrittiva”effettuato non solo per una ragione “formale” - il tasso d’aumento dei prezzi nell’eurozona supera quel 2% l’anno definito, negli statuti dell’istituto, come il livello di soglia oltre il quale occorre intervenire- ma anche e soprattutto in quanto alcuni Stati dell’eurozona temono gli effetti inflazionistici del quadro internazionale . All’Eurotower di Francoforte si auspica che a Constitution Avenue N.W. a Washington (dove ha sede la Federal Reserve) si prenda esempio dall’Europa.Tuttavia,a differenza di quelli della Bce, gli statuti delle autorità monetarie federali Usa pongono come obiettivo della politica della moneta non solo la stabilità dei prezzi, ma anche l’occupazione dei fattori produttivi.- oggi negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione viaggia verso il 10% della forza lavoro. Inoltre, proprio dall’altra parte dell’Atlantico , si sono levate voci autorevoli contro l’aumento appena deliberato dalla Bce. Ad esempio, in un saggio della settimana scorsa, Bradford Delong, ex-Vice Segretario al Tesoro Usa e ora professore di economia all’Università della California a Berkeley, si è chiesto “perché gli europei vogliono farsi male da soli”. Il dollaro, quindi, si deprezzerà ulteriormente rispetto all’euro.
I rappresentanti dell’Italia in seno alla Bce o sono d’accordo con i loro colleghi o non hanno saputo fare udire la loro voce. Dopo un “patto per l’euro” che si presenta molto pesante per Paesi come l’Italia, e proprio mentre il Portogallo rischia di affogare, occorrerebbe preoccuparsi non di tattica su come frenare un aumento dei prezzi che di poco supera il 2% (siamo al 2,3) ma di strategia.. Occorre , chiedersi se un “tasso d’interesse di base per tutti” è sensato. Un economista tedesco, noto per il rigore, Rainer Willi Maurer ha di recente dimostrato che la crisi del debito sovrano nell’eurozona è il risultato d’ un errore di fondo nella costruzione dell’unione monetaria: le divergenze tra tassi effettivi comportano una spirale del debito sovrano nei Paesi più deboli. Ci vorrebbero “strategie monetarie specifiche” per ciascun Paese. Ma ciò vuol dire un’unione monetaria differente da quella che si è cercato di costruire a Maastricht.
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