Analisi da economista sulle ricadute di una crisi politica
Il rischio
della mediocrazia
di Giuseppe Pennisi In queste ore si decide sulla tenuta o meno della coalizione a cui gli elettori hanno conferito il mandato di governare per l’attuale legislatura. Non è certo compito di un semplice economista entrare nel merito, né su eventuali ragioni delle tensioni né su possibili esiti. La disciplina economica, però, fornisce una serie di indicazioni su quale potrebbe essere il costo economico di una crisi politica.Nel breve periodo, lo si può ricavare utilizzando la strumentazione economica del “consensus”, i 20 maggiori istituti di analisi econometrica (tutti privati nessuno italiano) che proprio il 30 luglio pubblicano le loro previsioni per il 2010 -2011. Sulla base di parametri basate sulle esperienze degli ultimi 30 anni una crisi politica che abbia come eventuale sbocco elezioni anticipate comporterebbe un rallentamento di un terzo di punto percentuale del Pil a ragione di spese non direttamente produttive (quelle connesse al ciclo elettorale) e, quel che più conta, aumento dell’incertezza per gli operatori economici. In breve si passerebbe da una graduale ripresa (che potrebbe rafforzarsi nel 2012-2013) a stagnazione e, nell’ipotesi più nefasta (segnalata da tre istituti econometrici) a una nuova recessione. Sarebbe difficile recuperare il costo di questo rallentamento, specialmente nelle sue implicazioni occupazionaliNel medio periodo, alcune importanti riforme (federalismo fiscale, università, giustizia) resterebbero in mezzo al guado. In molti casi si tratterebbe di ritardi piuttosto che di accantonamenti: potrebbe essere riprese dopo la soluzione dell’eventuale crisi. Ma il loro contenuto dipenderebbe da un nuovo patto con gli elettori. Da parte della coalizione che risultasse vincitrice.Nel più lungo periodo si affermerebbe la mediocrazia, ossia sarebbe principalmente i mediocri ad essere attirati dalla politica, e le conseguenze non potrebbero essere che negative. È questo il risultato delle analisi che conducono da anni due italiani, Andrea Mattozzi e Antonio Merlo, che lavorano rispettivamente al Californian Institute of Technology e alla University of Pennsylvania. Le hanno riassunte in un paper (che si può ottenere inviando una mail a merloa@eco.upenn.edu). La mediocrazia prevarrebbe per gli effetti dell’eventuale fine della legislatura per motivi che gli elettori non comprendono. Un antidoto possibile: andare verso un nuovo sistema elettorale maggioritario con rapporti stretti e diretti tra elettori e candidati.Arduo quantizzare i costi nel medio e lungo periodo anche solamente per ordine di grandezze come fatto per quelli di breve periodo. Potrebbero essere verosimilmente molto alti. L’economista è un tecnico. E quindi la sua analisi si ferma qui.
30 luglio 2010
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