Giacinto Scelsi
(con un saggio introduttivo di Quirino Principe ed un omaggio di Sylvano Bussotti)
514 pp. Quodlibet , Fermo 2010 €38
Circa un anno fa, Il Foglio pubblicò un piccolo ritratto di Giacinto Scelsi, dandy per eccellenza della cultura italiana del Novecento a cui- particolare curioso- nell’autunno del 1947, l’allora ventottenne Giulio Andreotti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, dedicò un lettera personale (manoscritta) di ringraziamento per il suo contributo alla Nazione . Scelsi ha attraversato tutto il Novecento (dalla nascita a La Spezia nel 1905 alla morte a Roma nel 1988), ha soggiornato a lungo a Parigi ( in stretto contatto con Jean Cocteau, Henri Michaux, Virginia Woolf, Walter Klein, Nikita Magaloff e Pierre Monteux) e, prudentemente, si è trasferito con la moglie in Svizzera durante il secondo conflitto mondiale per tornare a Roma a guerra terminata. E’diventato notissimo a livello internazionale sia nel mondo della musica– nel 2007 a Salisburgo gli è stato dedicato un intero festival – che in quello delle arti figurative. Schivo di carattere, in Italia è rimasto in una ristretta ma variegata cerchia di “addetti ai lavori” – musicisti, artisti e (immaginate!) cultori di spiritualismo orientale e di tecnologie d’avanguardia per coniugare i suoni dell’Asia con l’elettronica. Scelsi è ancora un enigma, nonostante la sua musica abbia influenzato intere generazioni in tutto il mondo ed il suo interesse per lo spiritualismo orientale sia stato precursore di movimenti sviluppatisi in Europa e negli Usa negli Anni Serranta.
“Il sogno 101”è la sua autobiografia. Un’autobiografia assolutamente non convenzionale come lo è stato il dandy per tutta la vita . La prima parte è una raccolta di scritti inediti (musicali, filosofici e mistici, nonché profili delle numerose persone con cui Scelsi è venuto in contatto); gran parte di questi lavori sono venuti alla luce riorganizzando il suo enorme archivio ed aprendolo agli studiosi. La seconda parte è un poema visionario, registrato nel 1980 su nastro ma mai pubblicato, in cui Scelsi traccia “l’autobiografia della sua prossima incarnazione”, un viaggio astratto verso l’eterno e l’immateriale dove luce, suono, forme ed immaterialità acquistano una dimensione onirica. L’opera, accompagnata da un ricco e rigoroso apparato critico per contestualizzarla nell’evoluzione biografica, storica ed artistica dell’avventura umana di Scelsi, ci interessa perché il suo autore, mai considerato parte dell’”intellighentsia” che ha egemonizzato l’Italia per alcuni decenni, ha rischiato di essere coperto da una coltre di oblio se una Fondazione creata per ricordarlo non tenesse aperto un museo in quella che fu la sua abitazione ed organizzasse raffinati concerti nella palazzina che, ai piedi del Campidoglio, sovrasta il Foro. La pubblicazione dell’autobiografia prova che in Italia non c’è stata per decenni solo un’”intellighenstia” alla carbonara ma anche una che gustava il Meursault bianco (per l’ateo Balzac il vino che induce al dubbio sull’esistenza di Dio) ed era considerata all’avanguardia nel resto d’Europa mentre il secolo crudele passava da una tragedia ad un’altra.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento