sabato 24 luglio 2010

Quando è la Germania a dar pensieri all'Eurozona FFwemagazine 24 luglio

Focus


Come ai tempi di Bismark "troppo grande e troppo piccola"
Quando è la Germania
a dar pensieri all'Eurozona
di Giuseppe Pennisi E alla fine, a poco più di dieci anni dalla creazione dell’unione monetaria, la Germania pare essere il pericolo maggiore alla stabilità della zona dell’euro. Questa ipotesi, che comincia a circolare anche nei corridoi della Banca centrale europea, ribalta l’assunto fatto per lustri da decine di anime belle, quello secondo cui i rischi all’unificazione monetaria europea sarebbe venuti dal “Club Med” (Italia, Spagna, Portogallo), a cui si è aggiunta la Grecia – società proclive all’inflazione, pubbliche amministrazioni votate all’intrallazzo, Governi amanti della spesa pubblica.

Cosa porta a ritenere che il quadro si sia ribaltato? Vediamo alcuni dati. La Germania sta uscendo dalla crisi a un tasso di crescita (il 2% l’anno) pari quasi al doppio della media dell’area dell’euro, un saggio d’aumento della produzione industriale che in maggio è stato del 12,4% (rispetto ai livelli segnati 12 mesi prima), un saldo attivo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti di 150 miliardi di euro nell’ultimo anno (ossia pari a 5% del Pil), circa 200 miliardi di export l’anno. In effetti sono le esportazioni a tirare la Repubblica Federale fuori dalla crisi. Ciò non vuole dire, però, che le esportazioni tedesche trainano dalla stagnazione il resto d’Europa. La Germania di oggi, infatti, condivide molte delle caratteristiche che aveva quando Otto Bismarck ne era il Cancelliere. È tanto grande che ciò che avviene nei suoi confini ha implicazioni molto serie per il resto d’Europa. Non è, però, sufficientemente grande da poter risolvere i problemi del resto d’Europa. Il Cancelliere Merkel è perfettamente consapevole del parallelismo; al pari di Bismarck cura i problemi tedeschi prima di quelli del resto d’Europa. In fin dei conti, la hanno eletta i tedeschi ed essi risponde.

Cose note, si potrebbe dire. Ed effetti, c’è solo un aspetto che merita di essere approfondito. Come mai la Germania che ha dovuto anche assorbire tre milioni di lavoratori che in 50 anni di comunismo non avevano proprio raggiunto alti livelli d’efficienza riesce a trainare se stessa con l’export? Grazie alla capacità delle sue industrie manifatturiere nelle chimica, nell’elettronica, nella metalmeccanica? È senza dubbio una componente importante. Ce ne è pure una seconda: negli ultimi dieci anni i salari medi reali non sono cresciuti, e negli ultimi tre anni sono diminuiti, mentre in molti altri paesi dell’Eurozona sono aumentati. Lo documento dati Ocse ed Ue nonché un recente studio della Banca centrale spagnola. Ciò vuol dire che il costo del lavoro per unità di prodotto è diminuito rispetto ad altri paesi dell’area dell’euro. In altri termini, l’euro tedesco si è deprezzato e, di conseguenza, il “made in Germany” ha un vantaggio competitivo rispetto a gran parte dell’Eurozona. Possono gli altri paesi neutralizzare questo effetto? Torniamo al parallelo con la Germania di Bismarck, al tempo stesso troppo grande e troppo piccola. Tuttavia, se l’andamento non cambia, il divario aumenta. E sarà difficile restare sotto lo stesso tetto monetario.

24 luglio 2010

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