Il nuovo allestimento di “Norma” di Vincenzo Bellini è basato su quello andato in fiamme nel rogo del Petruzzelli nel 1991 e dopo Bologna (dove è in scena sino al 10 maggio) inaugurerà la ri-apertura del teatro di Bari e la prossima stagione del Verdi di Trieste. L’opera rappresenta una proficua collaborazione tra arti visive e teatro in musica e vede il debutto di Daniela Dessì in uno dei ruoli più ardui del “bel canto”.
L’opera è del 1831: pulsioni nazional- risorgimentali si fondono con l’intreccio passionale e con il tema dell’amicizia tra le due protagoniste femminili. “Norma” è l’apoteosi del canto puro nella sua espressione sia lirica sia tragica. Ad un’orchestrazione semplice (quasi elementare) si giustappongono una solennità statica ed un canto lineare, caratterizzato da una ricca vena melodica; Richard Wagner la paragonò alla tragedia greca.
Nell’ultimo anno si sono visti allestimenti che echeggiavano i film storici Anni 50; a Macerata, la vicenda era trasferita nel Tibet occupato dai cinesi. Questa nuova edizione curata con eleganza da Federico Tiezzi si ispira al neoclassicismo del periodo in cui visse Bellini ed utilizza riproduzioni dei magnifici fondali dipinti da Mario Schifano per l’allestimento distrutto nell’incendio del Petruzzelli. Essenziali le scene di Pier Paolo Bisleri; efficaci i costumi di Giovanna Buzzi. E’ una vera festa per gli occhi: dominano il grigio ed il bianco su cui si stagliano i costumi della protagonista (blu nel primo atto, rosso Bordeaux nel finale) ed i colori sgargianti delle tele e dei sipari di Schifano. Il visivo si integra perfettamente con la partitura.
Di grande livello i tre protagonisti. Daniela Dessì torna al “bel canto” (con cui ha iniziato giovanissiama la carriera) dopo tre lustri in cui si è dedicata principalmente al Novecento. E’ un soprano lirico puro che sfoggia agilità e “coloratura”. La sua “Norma” ha un contenuto intimista, simile più a quella di Monserrat Caballé che a quelle, drammatiche e con il timbro brunito, di Maria Callas e Shierly Verret. Ha ricevuto ovazioni a scena aperta. Molto applauditi Fabio Armiliato (un Pollione vigoroso) e Kate Aldirch (un’Adalgisa commovente). Rafal Siwek (Oroveso) ha tutti i pregi ed i difetti dei bassi dell’Europa orientale. Efficace il coro guidato da Paolo Vero.
Lo spettacolo potrebbe ambire al “Premio Abbiati” (l’Oscar della lirica) con una migliore direzione d’orchestra. La concertazione di Evelino Pidò è mediocre; in certi momenti- ad esempio in “Casta Diva” e nel terzetto con cui si chiude il primo atto- sono i cantanti, non il maestro concertatore, a dare i tempi; gli ottoni ed i fiati hanno a volte un colore da banda popolare; la bella sinfonia passa inosservata.
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