domenica 4 maggio 2008

L’ESCLUSIVA DELLA TRIPLICE IMPOVERISCE I LAVORATORI Libero 3 maggio

Il tema fondante delle manifestazioni del primo maggio è stato la sicurezza sul lavoro, argomento importantissimo, specialmente in Italia poiché le statistiche Ue ed Ocse concordano nel dare al nostro Paese la maglia nera delle morti bianche. E’ mancata, però, una riflessione del sindacato sul suo futuro, riflessione che sarebbe stata particolarmente appropriata poiché la Cgil è stata il grande elettore del Governo Prodi che ha guidato la legislatura più breve della storia della Repubblica, ha portato il centro-sinistra ad avere una minoranza ridotta in Parlamento ed ha chiuso le porte di Camera e Senato ad una parte di rilievo della sinistra storica italiana.
La riflessione sarebbe potuta avvenire in base ad analisi pubblicate oppure terminate proprio in queste settimane e che dovrebbero fare meditare il sindacato sul suo ruolo. In primo luogo, il fascicolo d’aprile di un’importante periodico scientifico internazionale (“Industrial Relations- A Journal of Economic and Society”) pubblica un interessante saggio di Andrea Vaona dell’Università di Verona. Utilizzando gli archivi dei sindacati medesimi, Vaona cerca di rispondere agli interrogativi su perché in Italia ci s’iscrive ai sindacati e quanto tempo si resta a farne parte. Grazie ad una serie di regressioni statistiche applicate a 29.035 lavoratori, Vaone dimostra che l’iscrizione e la partecipazione ai sindacati diminuiscono in funzione dell’età. Inoltre, le donne, coloro con contratti di lavoro flessibili e chi vive e lavora in grandi città mostra “poco attaccamento” al sindacato. In un mondo del lavoro che invecchia ed in cui i rapporti di lavoro flessibili ed il lavoro femminile sono una caratteristica sempre più marcata delle forze di lavoro, le conclusioni dell’analisi di Vaone inducono a pensare che, se il sindacato non cambia, la sua incidenza nella società è destinata irrimediabilmente a diminuire.
Il primo cambiamento dovrebbe riguardare la vera o presunta sacralità dei contratti nazionali di lavoro. Un’analisi dell’Università di Francoforte e della London School of Economics (pubblicata dal Zentrum fuer Europaeische Wirtschaftsforschung (ZEW) - Centre for European Economic Research, Vol. 08, No. 012, 2008) dimostra, in base a dati tedeschi, che la contrattazione collettiva nazionale in comparti con alta densità di iscrizione e partecipazione ai sindacati ha non soltanto un effetto di compressione salariale per tutti ma sposta verso il basso la curva della distribuzione dei salari. In parole povere, ciò vuole dire non solo – lo sapevamo già – che non premia i meritevoli e non sanziona i fannulloni ma anche che riduce in via generale a tutti i lavoratori. Dunque, la contrattazione decentrata, aziendale o regionale, conviene. Non credo che la situazione italiana sia molto differente da quella tedesca. In occasione del primo maggio, i sindacati avrebbero dovuto annunciare l’inizio di un’analisi quantitativa (analoga a quella delle Università citate) per il nostro Paese da confrontare con dati del Ministero del Lavoro, dell’Isfol, dell’Isae e della Confindustria. Il silenzio non è un buon segnale.

Altro cavallo di battaglia dei sindacati sono la lotta ai contratti flessibili, come quelli a termine ed a tempo parziale. E’ sempre un lavoro tedesco (di Michael Kvasnikca dello Rwi dell’Essen in corso di pubblicazione come NBER Working Paper No. W13843) a dare lumi: un’analisi statistica dettagliata mostra, che coloro che passano dalla disoccupazione a lavori a termine non hanno migliori probabilità di altri di avere un impiego a tempo indeterminato; però, non ne hanno neanche peggiori. Il rapporto di lavoro a termine, quindi, è nell’ipotesi meno positiva, neutro anche se “ha comunque la funzione utile di aprire le porte del mercato del lavoro a chi ne è fuori”. Sui rapporti di lavoro tempo parziale stimolante un’ analisi del servizio studi della Banca centrale europea (Bce) in uscita come ECB Working Paper n. 872: il lavoro statistico suggerisce in Europa il part-time non è la valvola di sicurezza ai cui fanno ricorso le imprese Usa in tempi di congiuntura difficile per ridurre i costi, ma grazie a modifiche legislative ed istituzionali attuate negli Anni 90 si sta affermando sempre più come veicolo per esaltare la libera scelta dei lavoratori.

Un ulteriore tema di riflessione tra i tanti viene da uno studio della Nortwern University sul ruolo delle istituzioni del mercato del lavoro (e, quindi, dei sindacati) nel processo di rallentamento della produttività in corso da anni in Europa occidentale; uscirà tra breve come NBER Working Paper No. W13840 . Il messaggio è chiaro: il rallentamento della crescita della produttività del lavoro in Europa avviene attorno al 1995, proprio mentre negli Usa la produttività del lavoro subiva un’accelerazione. Lo studio pone l’accento sui cambiamenti della forza lavoro (quali l’aumento del tasso di partecipazione femminile) ma si chiede anche se le strategie sindacali non sono state una determinante del fenomeno.

FONTI (si aggiunge l’indirizzo elettronico di uno degli autori per chi desiderasse richiedere il testo integrale dal lavoro su supporto magnetico)
Dew –Becker I., Gordon R. "The Role of Labor Market Changes in the Slowdown of European Productivity Growth" NBER Working Paper No. W13840 i-dew@northwestern.edu

Fitzembeger B, Kohn K., Lembcke A. "Union Density and Varieties of Coverage: The Anatomy of Union Wage Effects in Germany" Zentrum fuer Europaeische Wirtschaftsforschung (ZEW) - Centre for European Economic Research, Vol. 08, No. 012, 2008 fitzenberger@wiwi.uni-frankfurt.de
Kvasnicka M. "Does Temporary Help Work Provide a Stepping Stone to Regular Employment?" NBER Working Paper No. W13843 michael.kvasnicka@rwi-essen.de

Morre G., Buddeilmeyer H,, Warmedinger "Why Do Europeans Work Part-Time? A Cross-Country Panel Analysis" ECB Working Paper No. 872 Gilles.MOURRE@ec.europa.eu

Vaona A. "The Duration of Union Membership in Italy: A Research Note" . Industrial Relations: A Journal of Economy and Society, Vol. 47, Issue 2, pp. 260-265, April 2008 andrea.vaona@economia.univr.it

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