Circa due settimane fa, commentando su L’Occidentale (del 12 maggio) l’evoluzione della situazione dell’Alitalia, scrissi che stavano iniziando i dieci giorni cruciali per il futuro della compagnia. Il 13 maggio, infatti, il CdA era chiamato ad approvare la relazione trimestrale per il periodo gennaio-marzo 2008 ed il 23 il consuntivo 2007. In effetti, erano ampiamente anticipate le perdite finanziarie nel primo trimestre dell’anno in corso aggravate dal disorientamento dei passeggeri e del cargo da mettere anche in relazione con lo spostamento di diversi voli da Malpensa a Roma (incerti sul futuro della s.p.a. hanno scelto altre imprese di trasporto aereo) e dall’aumento del costo del carburante (che colpisce l’intero settore, anche e soprattutto le low cost) . Il CdA in programma il 23 maggio è stato rinviato più volte. Ormai composto di tre sole persone è stato tenuto nella tarda sera del 28 maggio (al limite quasi di quanto previsto dalla normativa) ed ha approvato un consuntivo per l’esercizio che si chiude con perdita di 495 milioni ed una svalutazione della flotta di 97 milioni d’euro. Quasi per addolcire il comunicato, il CdA ricorda che nell’esercizio 2006, le perdite sono state ancora maggiori (627 milioni di euro, ossia circa due milioni di euro al giorno) e che la riduzione dei ricavi da traffico hanno subito un calo solo leggermente inferiore al 5%..
Molti osservatori (a conoscenza dei dati) pensavano che il CdA si sarebbe concluso con un coup de théâtre, ossia un colpo di scena: dimissioni di tutti per costringere il Governo a nominare un commissario ed iniziare una delle possibili strade che sembrano inevitabili: una procedura giudiziaria di fallimento o di liquidazione, la vendita di rami d’azienda promettenti (con scorporo della compagnia), un’operazione in base alle legge Marzano per corresponsabilizzare i creditori nell’eventuale rilancio di quel-che-resta della compagnia. Invece, si sono letti i soliti auspici che qualcuno individui un nuovo azionista od una cordata di nuovi azionisti disposti a portare risorse fresche. Le risorse fresche – alla Magliana nessuno lo cela – sono indispensabili in quanto l’operazione contabile (di cui peraltro la Commissione Europea mette in dubbio le basi giuridiche) per trasformare in capitale il recente prestito di 300 milioni ha il fiato corto. Per avere esiti positivi di medio e lungo periodo, tali risorse devono essere accompagnate da capacità organizzativa ed industriale che oggi sembrano fare difetto.
Riuscirà Bruno Ermolli (incaricato da Silvio Berlusconi di risolvere il puzzle) ad essere l’esorcista in grado di liberare Alitalia dalla maledizione che la affligge da tre lustri- essere troppo piccola perché possa competere con le major sui cieli mondiali ma troppo grande per operare unicamente su piano interno e regional-europeo? Non mancano – ma lo si dice ogni giorno con voce più sommessa – gli istituti di credito pronti ad affiancarlo, sempre che venga individuato un partner industriale adeguato. C’è un partner che si fa avanti da mesi – ed a cui non può essere imputato di essere entrato ed uscito dalla pasticciata procedura di ricapitalizzazione e privatizzazione messa in atto dal Governo Prodi: la AirOne. Tuttavia, molti si chiedono se AirOne a) sia all’altezza tecnico-industriale del compito e b) non stia scivolando verso una situazione finanziaria analoga a quella dell’Alitalia tanto che un’eventuale fusione tra i due vettori aggraverebbe i problemi invece di risolverli.
I dubbi sulla capacità tecnico-industriale sono sollevati (senza tanti se, ma o però) dai tedeschi di Lufthansa , alleati di AirOne, nella cordata commerciale Star Alliance. I dubbi sulla capacità finanziaria sono stati documentati da una serie di servizi su “Il Sole-24 Ore”, sino ad ora mai smentiti. A margine dell’assemblea della Confindustria, la settimana scorsa, il Presidente e Fondatore d’Air One, Carlo Toto, ha ribadito che l’interesse della impresa in Alitalia non è mai venuto meno. La decisione del Consiglio di Stato secondo cui si deve rifare nelle prossime due settimane la gara per l’acquisto di Volare (una lunga vertenza tra Carlo Toto e quella che viene ancora chiamata “compagnia di bandiera). Ciò sembra aprire nuovi spiragli per la giovane compagnia italiana con sede operativa a Chieti. Questi spiragli inducono certamente Air One a non cedere il passo. Potranno, però, portare ad una riconsiderazione da parte delle società internazionali del settore, senza il cui apporto è difficile che Alitalia possa andare lontano?
Questi oggi i termini del problema. In breve, se non c’è un colpo di scena, siamo all’epilogo. Un epilogo che non potrà non essere strumentalizzato da un’opposizione che, nella XV legislatura, ha ingarbugliato alla grande la già complicata vicenda.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento