martedì 20 maggio 2008

FANNULLONI IO CE LA HO FATTA NE HO LICENZIATI DUE, Il Tempo 20 maggio

Sì, si può fare, come ci ricorda il Ministro della Funzione Pubbica Renato Brunetta. Licenziare gli statali fannulloni è possibilissimo, in base alla normativa vigente. Sempre che il dirigente abbia gli elementi e la tenacia nel perseguire l’obiettivo (sulla base di motivazioni fondate).
Ho licenziato due statali nelle mie visitazioni ministeriali. La priva volta ero direttore generale al Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica , appena giunto in Italia dopo 15 anni in Banca mondiale, allo scopo di creare e gestire il nucleo di valutazione della spesa pubblica ed i progetti a valere sul Fondo Investimenti ed Occupazine. Si era nel lontano 1982. Non avevo alcuna contezza di amministrazione, di diritto del lavoro e simili. Mi venne affidato (o meglio appioppato) un dipendente ; dopo avermi detto che non voleva stare nel mio ufficio “perché si lavora”, la persona in questione cominciò ad inviare ogni venti giorni certificati medici per esaurimento nervoso, influenza, stanchezza e simili. In pratica, in ufficio non era mai presente. L’”establishment” del Ministero alzava le braccia, suggerendo che questo era l’andazzo consolidato ed occorreva pazientare. Fortunatamente, una collega del Ministero dei Beni Culturali mi suggerì una strada: chiedere visita collegiale da parte dell’autorità militare (pare che tale misura sia stata successivamente abrogata). Non fu facile convincere l’”establishment” ministeriale; gli altri dirigenti intonarono all’unisono il mottetto “siamo tutti una famiglia anche perché il dicastero ha soltanto 250 addetti” ed a rischio di chiusura. Insistetti. I carabinieri andarono all’abitazione del dipendente, il quale non era in casa ma alle prese con un secondo lavoro. Scattò licenziamento in tronco ed un procedimento penale.
Nuovo caso nel 1998-90 al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale dove guidavo il gruppo incaricato della valutazione dei progetti a valere sul fondo per il rientro dalla disoccupazione. Un bel giorno arrivò un nuovo dipendente ; non avevo richiesto incrementi di personale, ma mi venne detto che “nessuno voleva la persona” in oggetto. Oltre tuttoi non apparteneva neanche ai ruoli dell’amministrazione ma vi stazionava da 26 anni tramite vari comandi e distacch ottenuti grazie a rapporti particolaristici. Non ci volle molto a comprendere perché non il dipendente era desiderato: nelle 2-3 ore al giorno in ufficio, faceva di tutto (con terzi) da cartomanzia ad intermediazione immobiliare. Ciò disturbava il resto del gruppo. Scattarono immediatamente il senso di appartenenza, l’orgoglio dell’ufficio, il capitale sociale che si era costruito lavorando insieme: la messa a punto di un dossier per provare quanto avveniva. Naturalmente quando l’individuo si accorse della trappola, arrivarono certificati medici “a go go”. Una denuncia alla Procura comportò l’allontanamento della persona dalla Pa e mise nei guai un troppo leggero medico di base.
In ambedue i casi, ci fu una certa dose di fatica. E’ l’onere della dirigenza.

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