Luigi Nicolais crede nella competizione come strumento di crescita (anche della pubblica amministrazione). Da uomo di scienza, prima ancora che di corridoi ministeriali, ama ricordare che competere viene dal latino cum petere, ossia cercare insieme. Ha, quindi, trovato interessante il libro di Mita Marra, ricercatrice al Cnr e docente alle Università di Napoli e Salerno, “Il mercato nella pubblica amministrazione – coordinamento, valutazione, responsabilità” . E’ soprattutto un testo che induce a sperare, anche in una fase in cui tutti scuotono la testa quando si parla di riforme che sotto-intendono un miglioramento della qualità della pubblica amministrazione. Il saggio, scritto sulla base di ricerche effettuate nell’arco di alcuni anni, esamina , in chiave neo-istituzionale, le riforme della pubblica amministrazione negli ultimi venti. Dopo una parte generale sulle riforme messe in campo principalmente dopo la crisi valutaria del settembre 1992 (quali le leggi sulla trasparenza, sulla partecipazione dei cittadini al procedimento amministrativo, sulla responsabilità dei dirigenti, sull’innovazione, sul controllo di gestione, sulla semplificazione, sui corsi-concorsi per l’accesso alla dirigenza tramite una fast track, percorso accelerato), lo studio esama tre casi di studio (la centralizzazione e l’innovazione tecnologica nelle procedure di acquisto di beni e servizi, la progettazione integrata a livello di quattro Regioni del Mezzogiorno - Basilicata, Calabria, Campania, Molise- e l’introduzione della concorrenza e della valutazione tra le aziende sanitarie). L’analisi non fa ricorso ad una strumentazione statistica ed economica per quantizzare, ad esempio, i benefici all’erario delle nuove procedure d’acquisto, il raffronto tra costi di coordinamento e costi di informazione nella progettazione regionale ed i vantaggi agli utenti (in termini di “valutazioni contingenti”) della concorrenza e valutazione nella sanità. Nicolais avrebbe apprezzato quantizzazioni ed un po’ di lavoro econometrico. Il libro, però, consente di apprezzare i risultati in parte già ottenuti e soprattutto quelli che si potrebbero ottenere perseguendo una strategia di governance della res pubblica basata sul mercato e che al mercato faccia riferimento. Un aspetto importante è il nesso, messo in evidenza, nella parte conclusiva tra i vari schemi di responsabilità sociale della Pa e le prospettive comunitarie. Segno che, guardando all’Europa, anche in questo difficile campo si guadagna.
A conforto di questa ipotesi, Luigi Nicolais ha trovato un’analisi non recentissima (ossia di circa 18 mesi fa) della Banca Mondiale – il World Bank Policy Research Working Paper No. 3623 – in cui si studia l’impatto della regolazione sulla crescita - The Impact of Regulation on Growth and Informality Cross-Country Evidence- L’analisi comparata della qualità della regolazione in una ventina di Paesi conclude che quanto più la regolazione è pesante tanto più i tassi di crescita sono bassi. Lo confermano un lavoro sulla regolazione delle biotecnologie in Gran Bretagna -"The Impact of Regulations on Firms: A Case Study of the Biotech Industry" di Filippa Corneliussen del centro di studio sulle biotecnologie della Università di Londra – pubblicato nella rivista Law & Policy e un’analisi dell’Università della Georgia su come la percezione della qualità e della indipendenza della regolazione incida sui processi di sviluppo - “Separation of Powers and Credible Commitments: Evidence from Perceptions of Regulatory Quality" di Anthony Bertelli e Andrei B. Whitford. Di fronte a questi testi, Nicolais vorrebbe che il suo gruppetto sulla qualità della regolazione fosse un po’ più spedito nel portare risultati.
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